X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Festival del Film di Roma 2014 - A tutto tondo

Pubblicato il 19 ottobre 2014 da Alessandro Izzi

VOTO:

Festival del Film di Roma 2014 - A tutto tondo

Lele ha un dono raro: capire la personalità delle persone semplicemente guardando come disegnano.
Gli basta appena un’occhiata sul foglio scarabocchiato da una bambina per intuire le sue inclinazioni e addirittura cosa farà da grande. E dai tratti scuri a matita di un uomo che magari non conosce neppure riesce a leggere il passato meglio di una maga che sbircia il fondo di una tazza di tè.
Il suo dono è anche la sua professione, ma non è senza conseguenze. Lele, infatti, è di una sensibilità tale nei confronti delle persone che è portato a chiudersi, a nascondersi tutte le volte che il carico emotivo nei confronti delle cose sembra tale da non riuscire a reggerlo.
All’inizio di A tutto tondo lo vediamo cercare di evitare in tutti i modi di andare con i parenti più stretti alla Messa per la madre. Di fronte alla scalinata della chiesa dove sta per cominciare la funzione semplicemente batte in ritirata con il cuore che gli si fa più pesante ad ogni passo frettoloso nella strada battuta da una pioggia leggera.
Tornato a casa trova però Ben, il suo maggiordomo di Manila con tutti i familiari in procinto di mettersi a tavola.

Il confronto tra la vita grigia dell’uomo occidentale incapace di farsi carico anche dei suoi più stretti doveri familiari e la realtà colorata, rumorosa e simpatica dei filippini è il primo snodo che si pone di fronte allo spettatore di A tutto tondo.
Da una parte ci siamo noi, persi nelle nostre idiosincrasie, nei nostri vezzi, nella nostra ricchezza distratta e indifferente e dall’altra ci sono loro forti di un semplice e generoso bisogno di stare insieme.
Da una parte c’è un senso di famiglia che si sfilaccia in un modo di essere sempre più solipsistico e chiuso (esemplare la scena della fuga dalla chiesa con Lele che ascolta i messaggi della segreteria del suo telefonino con le cuffiette nelle orecchie: unico contatto diretto con la sorella e il padre) e dall’altra c’è un radicarsi nelle tradizioni di una socialità semplice ed immediata che sa, però, rispettare i bisogni degli altri.

La dicotomia tra queste due realtà culturali restituite con divertito spirito bozzettistico trova un momento di pensosa profondità quando, osservando un disegno di Ben, Lele intuisce il passato doloroso di questo microcosmo filippino che arriva dritto dritto dalle Smokey mountains, forse la discarica all’aperto più grande del mondo. E bastano appena poche brevissime inquadrature a dare un senso di vertigine ad un narrato che, come il suo protagonista, resta pervicacemente e giustamente italiano.

Andrea Bosca costruisce un piccolo corto che a torto si vorrebbe leggere come il racconto di una delle realtà più povere del mondo.
A tutto tondo racconta invece il nostro modo di rapportarci a quella realtà di cui così poco sappiamo e da cui così facilmente allontaniamo lo sguardo.
Lele in questo è l’emblema di una chiusura tutta occidentale (e non solo italiana) all’altro. A differenza di Ben che è ugualmente intuitivo nei confronti delle altre persone al punto da riuscire ad anticiparne le azioni, Lele confina la sua sensibilità nella sfera del disegno, in una zona di sicurezza in cui può dire senza mettersi con questo in discussione. Se Ben trasforma la sua sensibilità in gesti che hanno sempre lo scopo di aiutare l’altro, Lele resta bloccato nel suo universo senza trovare mai la forza di tendere la mano all’altro, senza varcare la soglia della reale accettazione.
Girato con intelligenza e fondato su una metafora non banale il corto, alla fine, diventa un atto di accusa a noi tutti e alla nostra inveterata abitudine, di fronte agli altri (e non importa quanto diversi da noi), di non riuscire mai a fare altro che chiudere la porta.


CAST & CREDITS

(A tutto tondo); Regia: Andrea Bosca; sceneggiatura: Andrea Bosca, Laura Luchetti, Gero Giglio; fotografia: Federico Schlatter; montaggio: Gianluca Scarpa; interpreti: Andrea Bosca, Benjamin Vasquez Barcellano Jr., Giorgio Colangeli, Paola Minaccioni, Davide Iacopini, Salvatore Striano; produzione: Ascent film; origine: Italia, 2014; durata: 15’


Enregistrer au format PDF