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Festival del Film di Roma 2014 - Quando eu era vivo

Pubblicato il 17 ottobre 2014 da Francesca Polici

VOTO:

Festival del Film di Roma 2014 - Quando eu era vivo

Con Quando eu era vivo – presentato in concorso nella sezione Mondo Genere dell’ultima edizione del Festival Internazionale del Film di Roma – il regista Marco Dutra, prosegue sulla scia del precedente thriller psicologico Trabalhar cansa. Questa volta, però, abbandona intenti e sfondi sociali. Non è la condizione lavorativa nella grande e degradata San Paolo ad interessargli, quanto il conflitto interiore di un uomo ossessionato dal suo passato. Il thriller si mescola al fantastico, all’esoterico e alla psicanalisi, creando così un film che sfugge a facili catalogazioni. Un mix di generi e tonalità che, necessariamente, dovrebbero potersi appoggiare ad una sceneggiatura solida e lineare. Peccato che non sia questo il caso.

Quando eu era vivo è un film che ambisce a rompere le convenzioni dei generi cinematografici ma non ha la forza e la consistenza per farlo. Si perde in eccessive ingenuità ed incoerenti sviluppi drammatici che inevitabilmente intaccano il risultato finale. Dutra non è certo il primo autore a mettere “troppa carne al fuoco”, molti sono i registi ad essersi cimentati in questo “gioco”, facendone anche una vera e propria cifra stilistica. Ma, sarà perché il giovane brasiliano è ancora alle prime armi, sarà perché fare un film di genere rappresenta ancora oggi una sfida per registi con una maturità artistica ben definita, sta di fatto che il film non fa altro che perdersi in quegli elementi che invece vorrebbero essere lo stesso punto forte dell’opera.

La pellicola si apre sul ritorno a casa di Junior - un bravissimo Antonio Fagundes – che dopo aver perso moglie e lavora si rifugia nel nido paterno. Ma questo ritorno non sembra andare secondo i suoi programmi. La casa in cui ha vissuto la sua infanzia insieme al fratello e la madre defunta è diventato un ambiente stretto e soffocante in cui il protagonista sembra incapace di riconoscersi, forse anche per il fatto che la sua vecchia stanza è ora occupata da una giovane e bella inquilina, Bruna. Tinte fosche ed echi angosciosi si susseguono continuamente, raggiungendo l’apice nel momento in cui Junior scopre inquietanti segreti che incombono sulla storia della sua famiglia.

L’ultima fatica di Dutra, in fondo, altro non è che la solita storia di un uomo solo alle prese con un conflitto interiore che elude il semplice conflitto generazionale – nonostante la tensione padre-figlio occupi una parte piuttosto consistente della pellicola – ma riguarda un conflitto ben più profondo e complesso. Complessità che non riesce ad uscire fuori a causa di una sceneggiatura debole e a tratti piuttosto puerile, che abusa dell’elemento fantastico e mal utilizza la suspance – elemento chiave per un film così. Nemmeno la regia sembra in grado di far fronte a queste mancanze, tutt’altro. La macchina da presa, infatti, sembra totalmente incapace di reggere la tensione e concedere almeno un po’ di ritmo ad una narrazione piatta e superficiale che a volte trascende nel grottesco. Buona la musica, che ben accompagna i momenti più inquietanti da un punto di vista drammatico, ed altrettanto degna di nota è senza dubbio la fotografia capace di creare atmosfere di contrasto e donare respiro anche in quelle scene eccessivamente claustrofobiche. Purtroppo però il film si dimostra come un’opera mediocre e pretenziosa.


CAST & CREDITS

(Quando eu era vivo) Regia: Marco Dutra; sceneggiatura: Gabriela Amaral Almeida, Marco Dutra, tratta dal romanzo di Lourenço Mutarelli; fotografia: Ivo Lopes Araujo; montaggio: Juliana Rojas; musiche: Marco Dutra, Guilherme Garbato, Gustavo Garbato; interpreti: Antonio Fagundes, Marat Descartes, Sandy Leah, Gilda Nomacce; produttore: Rodrigo Texeira; origine: Brasile, 2014; durata: 108’.


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