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Giovanni Grazzini - Disciplina e metodo

Pubblicato il 29 agosto 2015 da Nicola Calocero


Giovanni Grazzini - Disciplina e metodo

Nato il giorno di Befana del 1925 a Firenze, Giovanni Grazzini avrebbe oggi 90 anni. Di solida formazione umanistica è stato per più di una generazione la prima firma della critica cinematografica del Corriere della Sera. Le sue recensioni hanno accompagnato la storia del cinema italiano dagli anni del boom alla più nera crisi ed irreversibile di quello che fu il giocattolo più importante della nostra industria culturale. Dalle colonne del quotidiano di Via Solferino fu per decenni il vero punto di riferimento della divulgazione della settima arte nel nostro paese. Un primato raggiunto grazie al suo metodo e al suo stile, irripetibile nei nostri anni quando la critica cinematografica, ormai scomparsa, è ridotta adesso solo ad un gioco di stelline, di palline e di faccine più o meno sorridenti. Metodo e stile incarnano i due fuochi intorno a cui ha sempre ruotato con estrema dedizione e scrupolo filologico la sua disciplina ed il suo mestiere. Ereditati dalla sua colta preparazione accademica e da quello spirito artigianale di bottega che ogni toscano si trascina da secoli nel proprio corredo genetico. In un mondo oggi in cui le informazioni passano in prima battuta dai motori di ricerca, rivelandosi sempre di più una terra di riporto zeppa di errori, fa quasi sorridere pensare a Giovanni Grazzini chiuso nel suo studio. La sua biblioteca, con migliaia di volumi scrupolosamente archiviati per autore ed in ordine alfabetico, abbelliva tutta la sua dimora sulla Nomentana, a pochi passi dall’incrocio in cui perse la vita Rino Gaetano. Il fatto di dover ogni giorno impreziosire la redazione del più importante quotidiano del paese del suo punto di vista su un film presente in sala, gli imponeva un codice etico che ha reso la sua arte ancora più unica e particolare. Prima di tutto la sua fluida e precisa prosa non si limitava mai ad un limitato giudizio estetico o etico. Grazzini, per anni figura istituzionale di riferimento sia a Cinecittà sia al Centro Sperimentale, sapeva benissimo quanto fosse faticoso riuscire a realizzare un film e quanto lavoro nascondessero quei fotogrammi impressi sulla pellicola. Il tratto più peculiare del suo mestiere di critico fu infatti quello di reputare ogni film, anche il meno riuscito, un pezzo fondamentale nel mosaico infinito del Cinema. Per Grazzini non ha senso collocare in maniera astratta sopra un piano cartesiano assoluto di valori dogmatici ogni pellicola presa in considerazione nella sua analisi, ma ogni film si rivela per un pubblico ben preciso e sempre diverso. Il suo scopo era quello di scovarlo e di comunicarlo, perché un film esiste e vive non quando viene realizzato ma quando viene condiviso dal suo pubblico. In anni estremamente ideologizzati questa sua versatilità civile e rigorosa, straordinariamente classica e moderna allo stesso tempo, investì Grazzini di un primato e di un percorso professionale oggi impensabile. La sua pagina vive ancora nei volumi che Laterza ha pubblicato per venti anni da metà degli anni settanta ai primi anni novanta che raccoglievano regolarmente tutti i suoi pezzi usciti sul giornale nel corso dell’anno solare. Il fatto che questa pubblicazione risultasse poi arricchita da una serie preziosissima di informazioni sulla stagione dei festival, sull’andamento del mercato e di una camera verde che celebrava i cineasti appena scomparsi, fece in modo che i volumi curati da Grazzini, pubblicati non a caso dalla casa editrice di Benedetto Croce, in un’epoca ancora lontana dall’invasione digitale e telematica, per oltre due decenni rappresentarono il vero annuario del cinema italiano. Atteso dal giovane cinefilo di provincia fino all’accademico più colto, era presente sia nelle biblioteche comunali che in tutte le case di produzione per la necessità degli addetti ai lavori. Ancora oggi la collana è conservata gelosamente in tutte le case di chi ha iniziato ad amare e a frequentare il cinema in quella generazione.


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