Intervista - Il cinema documentaristico secondo Eleonora Privitera

"Un mezzo per sostenere le lotte e i movimenti sociali ma anche per raccontare storie intime e personali". Così Eleonora Privitera descrive il suo lavoro e la sua passione per la vita: il documentario. Quando si allontana dal mondo accademico perché troppo autoreferenziale e teorico, Eleonora inizia a sperimentare il video come canale espressivo e artistico e trova nel documentario la perfetta combinazione tra arte, ricerca e indagine sull’essere umano e impegno sociale.
Quando hai capito che volevi specializzarti proprio nel cinema documentaristico?
Non credo ci sia stato un momento specifico, credo sia stata una consapevolezza e scoperta a cui sia arrivata nel corso degli anni, delle esperienze. Ho sempre avuto una passione per i documentari e per i reportage fotografici, ma e’ stato dopo aver trascorso un anno sui libri durante il master a Londra, che ho realizzato di non voler proseguire nel mondo accademico ma di voler dare spazio e priorità alle mie passioni, lontano dalle biblioteche.
Tornata a Roma, ho rivisto un amico fotografo dopo tanti anni. Mi ha parlato del master in fotogiornalismo diretto da Emiliano Mancuso e mi ha detto: dovresti provare! La sera stessa ho mandato un’email a Emiliano e dopo qualche settimana ho iniziato.
Il punto di svolta arriva a seguito del tuo primo corto-documentario “An Imminent Threat”. Ci parli nello specifico della trama?
Si, An Imminent Threat e’ stato il mio primo corto documentario con cui ho avuto i primi notevoli successi. Parla dei rischi che l’apertura delle industrie petrolifere avrebbe in una delle zone più incontaminate del mondo, le isole Vesterålen, nel nord ovest della Norvegia. Il personaggio principale è Yngve, un pescatore/attivista per i diritti dell’ambiente, la cui storia si intreccia con “la minaccia imminente” delle estrazioni petrolifere.
Quanto tempo ci è voluto per realizzare “An Imminent Threat”? C’è stato qualcuno che ha supervisionato questo corto-documentario? Con chi hai lavorato al progetto?
Ho realizzato questo corto in circa 6 mesi, durante il master in Fotogiornalismo presso Officine Fotografiche di Roma, per cui il lavoro è stato supervisionato principalmente da Emiliano Mancuso e nel montaggio da Andrea Tarquini. Sono andata due volte in Norvegia, nello specifico ad Andenes dove sono rimasta circa 6 settimane in tutto. Entrare in contatto con la comunità dei pescatori del villaggio è stato facilitato da mia sorella, che in quel periodo viveva e lavorava ad Andenes. Infine, ho avuto il sostegno di Greenpeace Italia che mi ha sostenuta nel diffondere e pubblicare il lavoro.

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