Festival del Film di Roma 2014 - Mauro
Mauro è un “passador”, come gli argentini chiamano quelli che propongono affari loschi per strada. Insieme ad una coppia di amici, mette su un giro di soldi falsi fino a che non incontrerà Paulina che cambierà le carte sul tavolo in pieno gioco. Queste due brevi e banali righe potrebbero riassumere perfettamente la trama, e non solo, di Mauro, opera prima dell’argentino Hernàn Rosselli e presentato in concorso nella sezione Cinema d’Oggi al Festival romano. Sì perché nel film non succede assolutamente nulla di più rispetto a quanto detto fino ad ora e l’arrivo della misteriosa Pauline non stravolge certo il piatto e mal costruito impianto narrativo. Ma lo scopo del regista, in fondo, non era certo quello di mettere in scena una storia avvincente ed emozionante da un punto di vista drammatico, ma semplicemente quello di ritrarre uno squarcio della malavita argentina con un impianto più documentaristico che altro – una sorta di iperrealismo che tenta di ammiccare lo sguardo un po’ al genere noir e un po’ a non si sa bene cosa. Peccato che sia proprio questo “non si sa bene cosa” a prevalere per tutti i lunghissimi e faticosissimi 80 minuti della pellicola.
Programma alla mano, l’incipit poteva anche essere interessante. Ma l’autore intraprende il percorso della prima opera estremamente pretenziosa che finisce per essere a dir poco confusionaria e totalmente priva di senso, in cui nessun elemento riesce a salvarsi e a salvarlo. Durante l’intero decorso filmico ci si chiede dove sia la sceneggiatura, dove vogliano arrivare questi personaggi – peraltro totalmente privi di qualsiasi costruzione psicologica – che non fanno altro che girarsi intorno e perdersi in inspiegabili flashback che non trovano alcuna motivazione né da un punto di vista scenico e, meno che mai, da un punto di vista drammatico. A questo punto interviene la voce fuori campo del protagonista, in cui ci si aspetta che faccia un po’ di chiarezza – non che un film debba essere didascalico, ma per lo meno coerente – ma anche qui Rosselli sbaglia la mira, e la voce off del suo protagonista si muta in lunghi sproloqui che non fanno altro che creare maggior confusione agli spettatori. Nulla riesce a scampare all’inevitabile noia che pare prendere il sopravvento. Persino i dialoghi fra i personaggi risultano totalmente insignificanti e privi di interesse alcuno.
Tutto rimane solo accennato. Non solo la vita criminale argentina che l’autore voleva indagare, ma anche lo stesso protagonista – un personaggio che dall’inizio alla fine risulta assolutamente vacuo ed inconsistente. I frammenti di vita rappresentati – piuttosto mediocremente inoltre, nemmeno la regia risulta innovativa o lontanamente interessante – sono uniti da un montaggio povero ed arbitrario. La pellicola finisce per trascinarsi ed arrancare fino alla fine con grande sforzo. E la causa non è certo una mano ancora acerba che si nasconde dietro la macchina da presa. Non parliamo di difetti “da opera prima”, ma di una scelta estetica – forse sarebbe più appropriato dire antiestetica – e narrativa ben precisa. L’autore, volutamente, decide di adottare una formula di racconto quasi astratta ed una regia del tutto anonima non per ingenuità – che può essere anche apprezzabile in un esordio – ma perché ambisce ad essere cinema d’autore, finendo per divenire, invece, un’opera presuntuosa che si perde in facili e falsi intellettualismi. A dir poco desolante.
(Mauro); Regia, sceneggiatura e fotografia: Hernàn Rosselli; montaggio: Delfina Castagnino, Hernàn Rosselli; suono: Catriel Vildosola; interpreti: Mauro Martinez, Juliana Risso, Victoria Bustamante, Jose Pablo Suarez, Pablo Ramos, Patricia Fouret, Riccardo Ruiz; origine: Argentina, 2014; durata: 80’.