Pop Art! Alle Scuderie del Quirinale

Una grande pistola emerge dallo sfondo rosso dello stendardo di feltro, è puntata verso di noi. Pop Art! 1956-1968 si apre con Pistol di Roy Lichtenstein.
L’esposizione, curata da Walter Guadagnini, ci guida attraverso il fenomeno che esplose negli Stati Uniti e in tutta Europa, siamo nella seconda metà degli anni ‘50, un periodo di transizione che portò l’arte americana dall’Informale (anni’50) alla Pop Art (anni’60).
In questi decenni due artisti americani, Robert Rauschenberg e Jasper Johns, reinterpretando i codici espressivi dell’avanguardia dadaista, riportano il quotidiano nell’arte aprendo la strada al movimento Pop.
Johns, riproduce soggetti usualmente non pittorici come numeri, lettere, bersagli e bandiere, avvicinandosi ai ready-made di Duchamp che trasformava oggetti d’uso comune in opere d’arte collocandoli in una galleria o in un museo.
Rauschenberg si concentra sui combine paintings (pitture combinate) costituiti da elementi materici e oggetti prelevati alla quotidianità, combinati ad una pittura dal carattere ancora informale.
Ai precursori ed ai personaggi più noti della Pop Art è dedicata la prima sala che accoglie le serigrafie di Andy Warhol, i combine paintings di Rauschenberg, il Soft Light Switches di Oldenburg e i lavori di Fabio Mauri e Peter Blake fino ad arrivare alle accumulazioni di oggetti di Arman.
Cattura subito l’attenzione il collage di Richard Hamilton Just What Is It Makes Today’s Homes So Different, So Appealing?, considerato da alcuni critici la prima opera Pop, in cui l’artista inglese riproduce un ambiente domestico concentrando al suo interno tutti gli elementi costitutivi dell’arte Pop, la televisione, il culto del corpo, il cibo in scatola, il fumetto.
Fin da questa prima sala appaiono evidenti le affinità tra i componenti del movimento che, nonostante sia stato privo di un intento comune o di un manifesto, ha innovato il linguaggio artistico contemporaneo usando soggetti estrapolati dalla cultura di massa e del consumismo.
Il termine Pop Art, sotto al quale sono stati riuniti i protagonisti del periodo, nasce proprio dall’uso, da parte di questi artisti, di tematiche popolari e deriva dalla contrazione del vocabolo inglese popular (popolare, diffuso, famoso).
L’artista Pop impiega immagini stereotipate, oggetti di uso quotidiano, loghi commerciali e personaggi che incarnano la società dei mass media, trasformando “ogni oggetto in feticcio e l´immagine in icona” [3].
L’esposizione raccoglie circa cento opere di cinquanta artisti che hanno contraddistinto il movimento nei diversi paesi, organizzate seguendo un ordine tematico. Oltre agli artisti americani troviamo esponenti del movimento europeo, il Nouveau Realisme, tra i quali emergono Christo, Arman e Rotella, ed artisti italiani come Mario Ceroli, autore delle celebri silhouettes lignee e il romano Mario Schifano, in seguito divenuto un punto di riferimento per l’arte italiana degli anni ’80.
Percorrendo le sale delle Scuderie del Quirinale, al cui interno sono stati sospesi sette stendardi esposti per la prima volta in italia, ci viene presentata una carrellata d’immagini che hanno animato il movimento artistico Pop: le effigi dei protagonisti del mondo dello spettacolo, da Elvis Presley a Frank Sinatra, le icone del cinema tra cui Marilyn Monroe, Brigitte Bardot e Virna Lisi e i miti dello sport come Cassius Clay. Ma Pop Art non è solo questo, gli artisti, interessati agli eventi sociali ed ai fatti di cronaca, hanno immortalato avvenimenti storici che segnarono un’epoca, la conquista dello spazio da parte dell’uomo, l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy.
Attraverso questi soggetti gli autori ci dimostrano come la cultura Pop abbia prelevato il linguaggio utilizzato dai mass media per trasporlo in pittura utilizzandone il tono gergale.
Il rapporto della Pop Art con la cultura bassa, popolare, si esplicita nella forte influenza esercitata dal mondo delle stripes e dalla grafica pubblicitaria su artisti come Allen Jones, Tom Wesselmann, Mel Ramos, e il più noto Roy Lichtenstein. Quest’ultimo reinterpreta il fumetto, avvalendosene come modello compositivo, creando grandi tele che sembrano essere enormi stripes. Lichtenstein, con l’invenzione di un nuovo strumento: il falso retino tipografico, ottiene delle figure che appaiono come ingrandimenti fotografici di un’immagine stampata. Nei lavori di Jones e Wesselmann, più vicini alla grafica pubblicitaria, emerge, invece, un nuovo approccio all’immagine corporea e all’erotismo.
Lungo il cammino di questi artisti non sono mancati i riferimenti all’arte del passato manifestati con un approccio irriverente teso a smitizzare l’opera, come nel Déjeuner sur l’herbe di Alain Jacquet, o con citazioni affettuosamente ironiche come quella compiuta da David Hockney in Renaissance Head nei riguardi di Piero Della Francesca.
Un’altra forma di citazione è presente nella nota silhouette Mr Muscolo di Ceroli che, recuperando la figura del culturista presente nel collage di Richard Hamilton, rappresenta tridimensionalmente un elemento Pop.
A completamento del percorso, le Scuderie del Quirinale, mettono a disposizione una sezione, infelicemente ubicata, dedicata alla filmografia dell’epoca. Grazie ai documentari e ai film d’artista è possibile approfondire la conoscenza dei protagonisti del movimento Pop ripercorrendo le tappe della loro evoluzione artistica. Da segnalare Nuovo realismo di Mario Carbone e il suo corto Inquietudine, il road movie di Sandro Franchina Morire Gratis, Uomini e cose di Raffaele Andreassi, un documentario dedicato a Baj e George Segal e Novorealismo di Enzo Massa. La rassegna filmica, Pop Film, rimane aperta al pubblico dal lunedì alla domenica a partire dalle ore 14.
Pop Art! 1956-1968
Scuderie del Quirinale
Via XXIV Maggio, 16
26 ottobre 2007/ 27 gennaio 2008
Pop Film ingresso gratutito

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