Addii - Riz Ortolani

Si spegne a Roma, così, all’età di ottantasette anni, un’altra delle glorie del bel cinema che fu: Riz Ortolani, geniale compositore tout court nonché autore di musiche per film divenuti con il tempo dei veri e propri cult.
Pesarese di nascita ma romano di adozione, la sua carriera inizia in Rai nel primo cinquantennio del secolo scorso come arrangiatore radiofonico, ma sarà il cinema - soprattutto quello cosiddetto di genere – a regalargli la fama. Il successo, fulmineo, lo raggiunge già nel 1962 grazie ad uno stile personalissimo - frutto del lungo periodo di studio trascorso al conservatorio Gioacchino Rossini di Pesaro – e ad un sound fortemente eclettico. In quel fortunatissimo anno infatti firma, insieme a Nino Oliviero, la colonna sonora del controverso Mondo Cane: sorta di pseudo documentario etnografico truculento e sensazionalistico, capostipite di un filone di successo a cavallo tra i sessanta e gli ottanta. Per i registi del film presentato in concorso alla 15° edizione del festival di Cannes, ovvero la triade composta da Gualtiero Jacopetti, Paolo Cavara e Franco Prosperi, Riz realizza la canzone Ti guarderò nel cuore – More interpretata dalla moglie Katyna Ranieri. More – come anche la pellicola, del resto – ottiene immediatamente un enorme consenso, siglato in ambito internazionale dalla vittoria di un Grammy Award e da una candidatura all’Oscar. Siamo solo all’inizio però e l’astro del pesarese è tutto in ascesa. Si susseguono a ritmo vorticoso importanti e indimenticabili lungometraggi come Il soprasso di Dino Risi (1962), il languido Sette volte donna di Vittorio De Sica (1967) o l’impegnativo Banditi a Milano di Carlo Lizzani (1968), ma il nome dell’instancabile Riziero si lega soprattutto a quelle opere "di genere" che lungamente hanno tenuto cassa nelle italiche imprese cinematografiche e non. Dal thriller all’horror, dal western all’erotico estetizzante, Riz Ortolani ha collaborato con i più grandi maestri del filone: Antonio Margheriti, Lucio Fulci, Tinto Brass, Armando Crispino e, non ultimo, l’amico di sempre Pupi Avati di cui ha coperto praticamente l’intera produzione, questo solo per riportare i principali. Riaffiorano alla mente opere meravigliose in cui l’apporto del compositore non risulta esclusivamente un secondario e mero accompagnamento alla visione, ma contribuisce, spesso, con la forza dirompente e ossimorica delle sue note - che spaziano dal jazz alla canzonetta, alla musica sinfonica - a trasfigurare le immagini, legando visceralmente note e fotogrammi in un inestricabile abbraccio rotante. Come non citare a tal proposito le struggenti armonie di Non si sevizia un paperino del compianto e mai troppo ricordato Lucio Fulci. Sequenze come la morte della "strega/maciara" Florinda Bolkan o il duro e anticlericale finale sono valorizzate dall’accompagnamento sonoro che, liberamente, si svincola dalle strettissime maglie di una semplice sottolineatura dei passaggi narrativi e nell’atto diviene evocazione, struggimento cosmico, dramma umano. Libere e al contempo dipendenti le une dalle altre, immagini e note sembrano il frutto di un parto gemellare. Questo ragionamento, a ben vedere, potrebbe essere replicato per quasi tutti i film in cui Ortolani ha avuto modo di essere coinvolto con gioia e, talvolta, con una forte dose di ironia e coraggio. Una scanzonata goliardia nel 1985 lo porta a scrivere la soundtrack del brassiano Miranda affidando alla moglie, nei titoli di coda, la canzone Ciccia odorosa concepita direttamente sulle forme giunonicamente burrose dell’allora semisconosciuta Serena Grandi, così come una certa audacia pochi anni prima, nel 1980, lo aveva spinto a comporre le basi di uno dei film più scandalosi di tutti i tempi, censurato in ben ventisei paesi al mondo, ovvero il geniale Cannibal holocaust di Ruggero Deodato. Per le atroci scene di sterminio in odore di snuff movie, il nostro crea addirittura una dolce nenia, quasi una ninna nanna che, contrastando violentemente con le immagini, acuisce la violenza visiva al limite della sopportazione, rendendo il tutto ancora più insostenibile. Non solo il cinema, però, deve più di qualche ringraziamento a questo maestro, anche la televisione – con sceneggiati di successo quali La cittadella, l’esoterico Ritratto di donna velata o il mafioso La Piovra, l’opera lirica – Il principe della gioventù, portato in scena nel 2007 al teatro La Fenice di Venezia – e un’orchestra di musica leggera da lui personalmente fondata, recano inconfondibilmente il suo graffiante estro artistico.
