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Americana - La spada della verità

Pubblicato il 6 gennaio 2010 da Sergio Sozzo


Americana - La spada della verità

C’è una coerenza magica comune solo ai geni che appare evidentissima agli occhi quando realizziamo che lo stesso Sam Raimi che nel 1993 produceva il primo film hollywoodiano del Maestro John Woo, Senza Tregua, e che l’anno dopo avrebbe finanziato nuovamente Van Damme per Timecop di Peter Hyams, è lo stesso Sam Raimi che in quei medesimi anni va girando dietro la macchina da presa L’armata delle tenebre (1992) e Pronti a morire (1995), ed è lo stesso Sam Raimi che dà vita come executive producer alle avventure televisive di Hercules e Xena, proprio dal 1994 al 2002, create insieme al compare di sempre, Robert Tapert, e ben presto affidate alle penne di due sceneggiatori allora appena 20enni ma destinati a far carriera dietro ai blockbuster di J.J. Abrams e Michael Bay, ovvero Alex Kurtzman e Roberto Orci.
Nate chiaramente dalla voglia di proseguire il discorso fantasy-horror intrapreso proprio con Army of Darkness, unita ad una passione crescente per una certa produzione epico-fantastica del cinema d’arti marziali asiatico, le due serie incentrate sulle avventure di dei, semidei e creature affini di un Olimpo ricreato negli scenari mozzafiato dei boschi e delle vallate neozelandesi presero col passare delle stagioni due strade differenti: da un lato Hercules, chiusa poi nel 1999, mostrava via via con maggiore preponderanza lo spirito grottesco, demenziale e goliardico della squadra di amici ancora insieme dai tempi de La casa, e tutti riconfermati in ruoli fissi e ormai cult, come il Corilo di Ted Raimi e l’Autolycus di Bruce Campbell (con puntate improbabili come quelle con Hercules trasformato in maiale o totalmente rimbambito); dall’altro Xena, prodotto sicuramente di maggiore interesse, sia perché meglio gestibile in quanto totalmente inventato in confronto alle popolari leggende di Ercole, sia perché più attento alla spettacolarità dei corpo a corpo ‘alla hongkonghese’, si faceva di avventura in avventura più cupa, ‘adulta’, sofferta.
Furono in molti insomma gli orfani della statuaria, prorompente Principessa Guerriera di Lucy Lawless, salutata da un tv movie conclusivo del 2002, Lo scontro finale, diretto per l’occasione da Rob Tapert in persona.

Da allora Sam Raimi sul piccolo schermo ha prodotto un po’ di tutto, dallo sgangherato spin-off Young Hercules, alla fantascienza d’accatto di Cleopatra 2525, alla sit-com di Bruce Campbell Jack of all trades.
Ma quando è tornato a farsi vedere in giro per le foreste sterminate e le colline erbose della Nuova Zelanda, con per le mani una succulenta storia di maghi, stregoni, demoni, fate, spade magiche e incantesimi di ogni sorta, basata sulla saga di 15 libri a firma di Terry Goodkind, i ‘Raimi-addicted’ hanno cominciato a fremere per l’attesa.

E così eccoci a questa Legend of the Seeker, in patria giunta alla seconda stagione, qui da noi appena programmata su Sky Uno come La spada della verità.
Il pilota, andato in onda ormai un mese fa, ci ha svelato una serie che conferma in maniera sorprendente le peculiarità della poetica di Raimi, in misura anche maggiore in confronto alle sue creature degli anni ’90: il giovane impulsivo Richard (il belloccio Craig Horner), come tutti gli eroi delle storie del cineasta degli Spider-Man, deve fare i conti con le ‘grandi responsabilità’ che derivano dai suoi ‘grandi poteri’ – egli è infatti il Cercatore, l’unico essere umano sulla faccia della Terra in grado di sconfiggere il malvagio Darken Rahl (Craig Parker), tiranno che domina col sangue e con la violenza.
Il suo percorso di maturità e consapevolezza, accompagnato dalla bella strega Depositaria Kahlan (Bridget Regan) e dal mago Zeddicus (Bruce Spence, gigante di due metri noto agli appassionati di horror e sci-fi per una carriera spesa tra B-movies e serie tv, ma utilizzato anche da Werner Herzog, i Wachowski, e da George Miller per i Mad Max), va dunque di pari passo con una sfida nei confronti del proprio doppio oscuro e cattivo, caratteristica ancora una volta ritornante in Raimi. Se ci mettiamo anche in mezzo un libro dagli immani poteri che Richard deve strappare dalle mani degli scagnozzi di Rahl, degno davvero del Necronomicon che tanti guai ha causato al leggendario Ash ‘Reparto Ferramenta’, il quadro appare realmente completo.
A dispetto però di una regia (affidata a cinque giovani cineasti a rotazione) spesso sorprendente, plasticissima ed ultra-cinematografica negli scontri, nelle battaglie e negli inseguimenti, e di effetti speciali piuttosto credibili, le puntate che son seguite son sembrate appiattirsi inesorabilmente su di un livello di entertainment altamente professionale ma rischiosamente soporifero: quello che insomma sembra mancare alla serie è quel tocco di genuino divertimento e di inaspettata scanzonatezza che rendono le visioni di Raimi così preziose e portentose.
L’arrivo nelle puntate che verranno dell’irrinunciabile fratello Ted, che farà capolino in ben due di esse, lascia nonostante tutto ben sperare che questa eccessiva seriosità venga presto smussata dall’ineguagliabile tocco ‘leggero’ di famiglia.


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