Bette Davis - Lo schermo della solitudine

È stata in guerra fin dal principio, Bette Davis.
In guerra con il palcoscenico, poi con la macchina da presa. In guerra con la madre, poi con i figli. In guerra coi mariti, poi con se stessa.
Da qualsiasi parte la si guardi, la sua vita non è stata altro che un succedersi di campi di battaglia. E nessun posto è stato abbastanza a lungo un’oasi nella quale poter piantare un vessillo di vittoria.
La sua carriera è avanzata con l’incedere di una marcia militare, possente ad ogni passo, con squilli di tromba a ritmo sul costante battere dei tamburi e dei colpi di grancassa.
Dire di lei equivale a dir sempre troppo poco. Le parole che lei stessa sceglie a commento della sua vita, nella prima delle due autobiografie che scrisse, sono secche e marcate, nette ed energiche. La prosa, limpida, cammina su frasi veloci ed affilate. Non cerca la rievocazione del passato, né le atmosfere sospese di tanti scritti memoriali, ma il dinamismo costante necessario a rendere una vita perennemente in corsa che è al tempo stesso quella del cinema, della nazione e la sua propria.
Non ammette pause, la scrittura lesta, rapida dalla diva di Che fine ha fatto Baby Jane? e di Piccole volpi. Non descrive, afferma. Non declama, scolpisce.
Consapevole di essere espressione di un mito, si scava nel marmo, mettendo al centro dello stile più che la fatica dello scrivere sulla pietra, il suono metallico dei colpi di scalpello.
Oppone, alla vanagloria dell’industria che non la capisce anche se imperterrita continua a fabbricare miti, l’impressionante certezza di chi si prende sulle spalle anche la possibilità di sbagliare. Perché la classe si misura non nella capacità di far tutto giusto, ma soprattutto nel rigore che permette di far grandi anche gli errori.
Non c’è tempo per i rimpianti nelle pagine di Bette Davis, come ce ne deve essere stato poco nella sua vita vera, quella che ha vissuto prima che potesse diventare materia di racconto. La narrazione avanza imperterrita come la camminata che la rese famosa. Si potrebbe anzi dire che più che scrivere la Davis cammini sulla pagina, altera e volitiva. Capace di commuoversi, certo, al racconto della morte della madre o di intenerirsi nei momenti di intimità domestica pure così rari per una diva che cercava di costruirsi casa in ogni luogo prendesse dimora, ma, pur nelle lacrime, così ferma, così statuaria, così forgiata nello stesso fuoco con cui Efesto costruiva i fulmini di Giove. Mossa, ma con rigore. Ferrea, ma non rigida. Umana quanto basta.
La traduzione italiana le tiene dietro come può. Solo molto raramente si ingolfa nell’eccesso di velocità di un testo sempre un passo avanti anche al lettore più attento. Del resto qui il lavoro del traduttore è quasi quello di un capostazione che deve veder passare l’Intercity dal binario della stazione di transito e calcolare, ad occhio, il numero di passeggeri fidando solo dell’ombra sfocata che gli muove addosso soprattutto vento. Ben fatta, frutto sicuro di una passione che traspare.
Qualche volta la svista è solo editoriale. Un pizzico d’attenzione in più avrebbe ripulito le rughe a un libro bellissimo già di suo. Ma sono solo dettagli all’interno di un’operazione di sicuro valore editoriale. Ne parliamo soprattutto perché la Davis stessa li avrebbe indicati con nobile cipiglio e una risata secca, di quelle che ti fanno sentire piccolo piccolo. E inadeguato.
Attorno al testo sorgono poi i paletti classici dello studioso. C’è, infatti, una ricca introduzione di Maurizio De Benedictis che lega il mito della Davis a quelli della Magnani e della Ullmann in pagine intriganti e letture parallele affascinanti di volti e opere che sembrano essersi parlate molto, quasi loro malgrado. E c’è, infine, una filmografia, a cura dello stesso traduttore, Filippo Kulberg Taub.
Autore: Bette Davis
Titolo: Lo schermo della solitudine - Autobiografia di un mito
Titolo originale: The Lonely Life. An Autobiography
Traduzione italiana: Filippo Kulberg Taub
Presentazione: Maurizio De Benedictis
Editore: Lithos
Collana: STILO
Dati: 400 pp, brossura, ill. in bianco e nero
Anno: 2011
Prezzo: 20,00 €
Isbn: 978889741402
webinfo: Scheda libro sul sito Lithos
