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Better call Saul (Stagione 5) - Teste di Serie

Pubblicato il 24 aprile 2020 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Better call Saul (Stagione 5) - Teste di Serie

«Non me ne frega niente, Howard! Frequento mondi che non puoi nemmeno immaginare. Non puoi concepire ciò di cui sono capace! Io vado ben oltre te... Sono come un dio con abiti umani! Sparo fulmini dalle dita...»
(Sual Goodman)

DENTRO L’ABISSO

Nel finale della scorsa stagione, un trionfante Jimmy McGill-non-più-Jimmy-McGill si prendeva gioco per l’ennesima volta della verità, grazie a una messinscena fin troppo veritiera di una verità altrettanto inesistente. Per poi cambiare il proprio nome professionale e completare, anche burocraticamente, quella trasformazione inevitabile nel suo alter-ego, Saul Goodman. Anche se sarebbe decisamente più corretto chiarire – ribadire – un concetto: Saul Goodman non è mai stato l’alter-ego di Jimmy McGill, semmai il contrario; quel che mancava era la più sincera accettazione di esso.

Nella quinta e penultima stagione di Better call Saul, punta di diamante della AMC, distribuita a cadenza settimanale da Netflix, il deus ex-machina Vince Gilligan si immerge completamente nell’abisso originato dalla cannibalesca forza d’attrazione del suo antieroe, risucchiando fino agli estremi tutti i comprimari e il piccolo fatiscente e polveroso mondo popolato da narcotrafficanti, spavaldi avvocati e uomini d’affari strangolati da cravatte sgargianti e uomini di legge dal passo più lungo della gamba – una graditissima sorpresa il cameo di Hank Schrader/Dean Norris.

Il primo episodio di questa meravigliosa e straziante quinta sinfonia Goodmaniana si ripresenta, come di consueto, sfoggiando quel tetro e luminoso bianco e nero in cui un ormai reietto Saul è costretto, suo malgrado, a fare i conti con una realtà avversa: qualcuno lo ha riconosciuto e ora la sua copertura rischia definitivamente di saltare; dopo aver contattato “chi di dovere”, Saul fa marcia indietro e decide di occuparsi personalmente della faccenda. Stacco e si torna ad Albuquerque.

Da qui, Gilligan continua a tessere come quel magistrale incantatore che è, una trama tagliente e magmatica, che si comprime allo spasmo nella stella nera Jimmy/Saul, per poi esplodere nel silenzio più assoluto, iniziando a trascinare verso quel vuoto annunciato tutto il mondo che c’è fuori. A cominciare dalla realtà o, meglio, dalla rappresentazione di essa.
Perché ormai, malgrado barlumi di apparenza, Jimmy McGill non esiste più, ma è solo un riflesso straziato di un individuo fuori controllo, che nell’arco dei dieci sontuosi episodi di questa quinta stagione, fa di tutto per poter gridare a gran voce il suo nome: lo ha ben capito l’imbellettato Howard Hamlin (Patrick Fabian), che mette addirittura in guarda Kim, temendo per la sua incolumità, proprio un paio di episodi dopo la travolgente ammissione di Saul/Jimmy allo stesso Howard – in uno degli ennesimi frangenti in cui la “furia” di un gigantesco Bob Odenkirk finisce col divorare ogni inspiegabile e residua remora nei confronti delle sue eccelse doti attoriali.

Ma la verità – o, meglio, ancora la rappresentazione fittizia che viene data di essa – non riguarda il solo Saul/Jimmy, divenuta l’unico strumento con cui il protagonista affronta la sua intera quotidianità – dalla creazione di uno spot pubblicitario inverosimile, ma necessario, alle continue furbate grazie alle quali riesce a ritardare lo sgombero di un arcigno anziano dalla sua proprietà, contravvenendo agli accordi presi sottobanco con Kim, fino all’impossibilità di rinunciare a giocare una partita mortale contro gli impulsi del ferale Lalo Salamanca (un Tony Dalton autore di una performance che definire ultraterrena sarebbe addirittura riduttivo); la verità rappresentata, è il buco nero nel quale viene inghiottita in primis Kim Wexler (Rhea Seehorn, sempre incisiva e perfetta in sottrazione), vera protagonista di questa quinta stagione e vittima sacrificale all’altare della grettezza di Saul Goodman. Kim è l’amante e il primo “avversario” di Saul Goodman, la logica che accoglie il dionisiaco, la sua àncora di salvezza e la folata di tempesta che spinge le nere nubi a oscurare la flebile luce di un sole morente; Kim è la bobina da cui si sviluppa quell’energia-empatia dello spettatore invocata dalla realtà – dalla sua rappresentazione -, che si arrende all’inevitabile accettazione di una sconfitta annunciata, pronta a partecipare alla caduta di un neo-Icaro-Jimmy-Saul mai così rassegnato, mai così furente, mai così consapevole, mai così umano. E quello sguardo solo apparentemente assente di un riflesso del fu Jimmy McGill, seduto sul bordo del letto di una lussuosa camera d’albergo, a contemplare la sua sconfitta più grande, è una delle più strazianti e realistiche espressioni cinematografiche dell’arte di Vince Gilligan.

Attraverso un lento e turbolento avvicinamento verso la distruzione di ogni cosa, Better call Saul saluta prima di un’ultima sesta stagione, accompagnata dalla marcia innarrestabile di Lalo Salamanca che risuona nelle orecchie come un sepolcrale ruggito di tempesta…


(Better call Saul); genere: drammatico; showrunner: Vince Gilligan; stagioni: 5 (rinnovata); episodi quintaa stagione: 10; interpreti: Bob Odenkirk, Jonathan Banks, Rhea Seehorn, Patrick Fabian, Michael Mando, Giancarlo Esposito, Tony Dalton; produzione: Sony Pictures Television; network: AMC (U.S.A., 23 febbraio-20 aprile 2020), Netflix (Italia, 23 febbraio-20 aprile 2020); origine: U.S.A., 2020; durata: 60’ per episodio; episodio cult quinta stagione: 5x08 - Bagman (5x08 - Corriere)


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