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Black mirror - Bandersnatch (Teste di Serie)

Pubblicato il 5 gennaio 2019 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Black mirror - Bandersnatch (Teste di Serie)

Incroci mancati

Bisogna abituarcisi: in un futuro prossimo lontano, gli show interattivi saranno così comuni da divenire abituali. Ed ecco che l’esperimento condotto da Netflix con Bandersnatch, l’episodio “natalizio” della serie di culto Black mirror, assume connotati quantomai pionieristici: coinvolgere attivamente lo spettatore all’interno della storia narrata, permettendogli di scrivere (scegliere) a sua discrezione quali strade imboccare, quali pieghe da far prendere all’intera vicenda.

La vicenda in questione ha per protagonista Stefan Butler (Fionn Whitehead), un giovane programmatore che sogna di sfondare nel campo dei videogiochi, con Bandersnatch, una sua creazione che prende spunto da un libro-game – un libro interattivo, quelli del compianto Joe Dever sul personaggio oscuro di Lupo Solitario, per intenderci – scritto da un certo Jerome F. Davies (Jeff Minter), autore dal profilo quasi mitologico, per aver decapitato la moglie a causa di una violenta crisi di nervi, resosi incapace di gestire l’ardua mole di lavoro.

Cosa c’entra lo spettatore in tutto ciò? Semplice: è lui a compiere le scelte più incisive che Stefan è costretto a prendere; è lui a indirizzare la storia, saziando la propria curiosità o, perché no, la sua malizia – a un certo punto è d’obbligo scegliere se far sfracellare nel vuoto il protagonista o il collega programmatore… Ma in Bandersnatch, l’iniziale curiosità e spavalderia lascia presto il posto a una folta confusione dovuta ai meccanismi di sviluppo della scrittura interattiva e in divenire proposta da Charlie Brooker: il film, diretto da David Slade, dalla durata media di novanta minuti, a fronte delle due ore e mezza che racchiudono i centocinquanta segmenti tra cui scegliere e, così, districare l’intreccio, finisce paradossalmente per sovraccaricarsi, per colpa dei continui – facilmente indotti – riavvolgimenti di trama; quando la narrazione si inceppa per una scelta errata dello spettatore, risulta quasi inevitabile che la trama principale si annodi su se stessa, perdendo vigore e indebolendo la struttura metacinematografica di tale esperimento. Perché è in questo ambito che Bandersnatch tenta di superare l’ideologica quarta barriera, che divide il protagonista della storia dal pubblico che lo sta seguendo – in pratica, quando Stephan scopre che un’entità “aliena” di nome Netflix lo sta osservando/controllando.

Se il “progetto Bandersnatch” aveva una minima opportunità di rivelarsi più di un semplicistico passatempo per telespettatori curiosi e annoiati dal torpore delle feste, allora aveva l’obbligo di immergersi in tale sviluppo metatestuale; invece lo tratta come effimero colpo a effetto, una sorpresina brillante, ma fine a se stessa, una delle tante biforcazioni da vivere e far intraprendere ai personaggi giocanti.

In multipli possibili finali a scelta, Bandersnatch non offre allo spettatore nulla più di un ripetitivo e, a un certo punto, meccanico esercizio manuale: con ogni probabilità i produttori e gli showrunner avevano solo in mente di offrire questa esperienza interattiva per primi, finendo con l’offrire un ingarbugliata matassa narrativa, foriera di scelte fin troppo obbligate o razionali, incapace di costruire un intrattenimento veramente dinamico e stimolante. Una prassi simile a quella cartacea. Per la televisione – e il cinema – occorre ben altro ingegno.
Ma, allora, siamo sicuri che in un futuro prossimo lontano, gli show interattivi saranno così comuni da divenire abituali?

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(Black mirror - Bandersnatch); genere: drammatico, thriller; showrunner: Charlie Brooker; regia:David Slade; interpreti: Fionn Whitehead, Will Poulter, Asim Chaudhry, Craig Parkinson, Alice Lowe, Tallulah Haddon, Catriona Knox, Jonathan Aris, Paul Bradley, Alan Asaad, Suzanne Burden, Jeff Minter; produzione: Netflix; network: Netflix (U.S.A., 28 dicembre 2018), Netflix (Italia, 28 dicembre 2018); origine: U.S.A., 2018; durata: fino a 150’


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