Bollywood - Viaggio alla scoperta del cinema indiano

L’agile, coloratissimo diario di viaggio, scritto da Pierre Polomé e corredato dalle vivaci illustrazioni di Virginie Broquet, tenta di restituire il caleidoscopio di immagini e suggestioni scoperti nel soggiorno in India da parte dei due studiosi francesi, cercando di evitare parimenti le trappole del luogo comune e dello stereotipo folkloristico.
L’universo Bollywood (dalla fusione tra Hollywood e la ‘B’ della città di Bombay, sede dei maggiori centri di produzione) incuriosisce e affascina, ma per noi occidentali, anche se cultori di cinema, rappresenta ancora una galassia dai contorni per lo più ignoti.
E man mano che i due viaggiatori si addentrano nel paese, sulle tracce dei luoghi di cinema, attraversiamo con loro non solo Bombay, città d’affari e quantomai lontana dall’idea dominante (sempre per noi occidentali) dell’India mistica, ma anche una seconda città dei film ‘privata’, al centro dell’altopiano del Deccan. Poi Madras, ulteriore centro cinematografico, il più attivo dell’India coi suoi film ‘tamoul’ (il corrispettivo di ciò che chiamiamo ‘serie B’ dalle nostre parti). Passando per Calcutta, la città degli ‘autori’. Infine Dehli, con il suo viavai di divi, la metropoli in cui vengono stipulati i contratti ecc…
Ecco allora che a Bombay, la tv nella camera d’albergo, trasmette unicamente programmi a sostegno del cinema nazionale. Scene di povertà e confusione, invece, si ripropongono ad ogni passo nelle strade, ma nel quartiere turistico della Porta dell’India le cose cambiano ancora.
Il volumetto si offre come uno strano road-movie nell’entroterra indiano, compiuto in scomodi spostamenti a bordo di rickshaw (il taxi locale): per gli occidentali, ci fa sapere sempre Polomé, ‘la strada indiana rimane lo spettacolo più straordinario’.
Polomè si sofferma su molteplici aspetti e annota tutto, anche di quelle suggestive tradizioni che vanno scomparendo nel paese, come quella degli enormi manifesti dei film in uscita, dipinti a mano.
L’economia indiana è in pieno boom e i film di Bollywood non sfuggono di certo alla logica della crescita economica che guida un Paese ricchissimo ancora e soprattutto di contraddizioni.
‘Il cinema indiano cresce perché la società richiede più entertainment (divertimento). La società indiana si nebulizza sotto l’effetto dell’occidentalizzazione, ogni componente di una famiglia ha ora delle proprie esigenze ‘accresciute’ di svago. Ne deriva un maggiore livello di professionalità di Bollywood’ (lo sceneggiatore Sanjiv Datta).
L’azione dei lunghi film (dalla durata media di 180’) richiama quella dei prodotti hollywoodiani classici – i musical in particolare – ricchi come sono di balli e glamour, mentre lo star-system, col divo Shah Rukh Khan in testa, è in tutto e per tutto simile a quello losangelino.
Gli attori di maggior successo vengono adorati come divinità dalla popolazione indigente. ‘Le star di Bollywood intervengono nelle elezioni, compaiono sui titoli dei giornali, che tra l’altro analizzano l’influenza del cinema sulla società, i rapporti indu-musulmani, la sessualità e i diritti delle donne, ecc… ’
Eppure, il cinema di Bollywood è ancora, prima di qualunque altra considerazione, un divertimento popolare, alla portata delle tasche dei più. ‘Talvolta’ ci fa sapere Polomé, questa sua caratteristica ‘viene considerata perfino uno dei simboli della più grande democrazia del mondo postmoderno’.
Bollywood, per saperne di più:
(Bollywood, dans les coulisses des Film Cities)
Autori: Pierre Polomé, Virginie Broquet;
fbe edizioni
le caravelle
www.fbe-edizioni.com
prezzo: Euro 15,00
