Buffy. L’ammazzavampiri
Alla base di Buffy l’ammazzavampiri c’è quella pratica di contaminazione dei generi che tanto successo ha non soltanto nella televisione, ma anche nel cinema americano e che trova nella serie di Scream la sua attuazione più completa e consapevole (grazie alla sua vertiginosa autoreferenzialità). In un’operazione portata avanti con questa consapevolezza diventa da subito chiaro come la stessa figura del vampiro, per poter convivere felicemente con i toni da commedia che contraddistinguono questa fortunata serie televisiva, deve subire una serie di “aggiustamenti” drammaturgici e trovare tratti psicologici e, se vogliamo, anche somatici, diversi da quelli consegnatici da una lunga tradizione letteraria e cinematografica. Ad eliminare l’alone ultraromantico che circonda la mitologia del vampiro, in effetti, ci avevano già pensato in molti. È, a nostra memoria, già dai lontani anni ’50 (con opere come I was a teenage werewolf) che il film dell’orrore, abbandonate le lugubri magioni vittoriane e gli esangui personaggi nerovestiti dei classici della Universal, aveva inteso collegarsi con il mondo contemporaneo degli adolescenti. Ne era venuto fuori un filone nuovo che aveva cavalcato tutti gli anni ’60 e ’70 arrivando a contaminare, con le sue nebbie vampiresche anche certe avanguardie artistiche (Morrisey e la factory di Andy Warhol erano arrivati anche a produrre in Italia un film come Dracula cerca sangue di vergine... e morì di sete!!!) e che non si è visto mai del tutto esaurito, vista la produzione di curiosi “ritornanti” anche nel pieno degli anni ’80 con opere come La brillante carriera di un giovane vampiro o Vamp con una s(vamp)ita Grace Jones nel ruolo della feroce succiasangue che attira aitanti giovani tutto sesso nel suo antro. Del resto il binomio Eros/Thanatos che sostanzia il mito del vampiro (ad un tempo seduttore ed uccisore) ben si presta ad agganciarsi al mondo adolescenziale che è sempre, in modo contraddittorio, attratto/affascinato/respinto ora dal sesso, ora dalla morte. Sicché le preoccupazioni tipiche delle prime cotte (condite dai soliti “Oh Dio cosa metterò stasera!” con gridolini sospirosi) non si pongono in antitesi con l’archetipo vampiresco, ma, anzi, ne rilanciano i valori pur modificandone il senso. Il vampiro viene, allora, rivisto in una luce nuova che ne sminuisce tutta la carica metafisica secondo quel processo che già era cominciato con il Dracula della Hammer (nella sua più perfetta incarnazione: Christopher Lee) nel suo essere “una spanna sopra la sanguisuga e una spanna sotto il Don Giovanni” (Harry Ringel). L’esperienza orrorifica viene così riportata su di un piano più quotidiano sostanziato da ironia e gioco in una contrapposizione tra buoni e cattivi che non è manichea per il semplice fatto che non esistono autentici valori che possano fornire un metro attendibile per la valutazione etica della battaglia eterna tra i due. Eliminato ogni contesto metafisico, infatti, non resta che uno scontro tra due opposti principi che finiscono per apparire comici perché uno resta sempre identico a se stesso (il vampiro votato al male) mentre l’altro cambia continuamente registro (le continue battute di Buffy nei momenti più improbabili degli scontri) rivelando, con questo, quanto l’avversario sia, in ciò, statico, meccanico e quindi risibile. Non che la realtà quotidiana di Buffy non sia oggetto di altrettanta ironia, ma in questo caso l’ironia è più quotidiana nel suo rimando ad una realtà fattuale vicina a quella dello stesso spettatore. Per questo tutti i personaggi di Buffy generano simpatia e invitano alla compartecipazione, anche quelli più marcatamente antipatici. Tutti assolvono ad una funzione narrativa facilmente riconoscibile. E appaiono tanto più riusciti tanto più assomigliano ad un chiaro stereotipo che si autodenuncia come tale. Nel giro funambolico di un siffatto meccanismo quello che conta è, allora, che la girandola di situazioni (non importa quanto improbabili) sia condotta con un giusto senso del ritmo e senza che possano venire a mancare anche quelle oasi di relativa pace (e necessaria introspezione) che derivano da momenti di genuino sentimentalismo. E in questo Buffy l’ammazzavampiri riesce in pieno (complice anche una Sarah Michelle Gellar scatenata). Decisamente trendy.
(Buffy the vampire slayer); ideatore: Joss Whedon; storia: David Greenwalt, Jane Espenson, Joss Whedon and Thania St. John; registi: Daniel Attias. Reza Badiyi. Scott Brazil. James A. Contner. David Fury. Tucker Gates. Michael Gershman. Stephen Gragg. Bruce Seth Green. David Greenwalt. David Grossman. Christopher Hibler. Regis Kimble. John Kretchmer. Fran Rubel Kuzui. Michaeil Lange. Nick Marck. Turi Meyer. Marti Noxon. Stephen Posey. David Semel. Deran Serafian. Charles Martin Smith. David Solomon. Douglas Petrie. Ellen S. Pressman. Joss Whedon. James Whitmore Jr; sceneggiatori: Dean Batali. Steven S. DeKnight. Carl Ellsworth. Jane Espenson. Tracey Forbes. David Fury. Ashley Gable. Howard Gordon. Drew Z. Greenberg. David Greenwalt. Elin Hamton. Rob Des Hotel. Matt Kiene. Ty King. Rebecca Rand Kirshner. Marti Noxon. Douglas Petrie. Joe Reinkemeyer. Dana Reston. Thomas A. Swyden. Dan Veber. Joss Whedon; tema musicale: Nerf Herder; musiche originali: Christophe Beck. Nerf Herder. Alex Kharlamov. Shawn K. Clement. Walter Murphy. Sean Murray (II) Thomas Wanker, Dean Murray; interpreti: Sarah Michelle Gellar, Anthony Stewart, Nicholas Brendan, Alyson Hannigan, Charisma Carpenter (S1-S3), David Boreanaz (S1-S3), Seth Green (S2-S4), Emma Caulfiel, Christina Emmanuella Jenkins. (da S4), Michelle Trachtenberg (da S5), Kristine Sutherland (S1-S5), Marc Blucas (S4-S5), James Marsters (da S4); produzione: David Fury, Jane Espenson and Gareth Davies; produttori esecutivi: David Greenwalt, Fran Rubel Kuzui, Gail Berman, Joss Whedon, Kaz Kuzui, Marti Noxon, Dandy Gallin.
messa in onda: (stagioni 5 e 6) da sabato 8 febbraio; rete: Italia 1; ora: 19:00
[febbraio 2003]