Festival del film di Roma 2014 - Eden

Dritto lineare a volte lento come la vita. Che sia così l’Eden?
Narrazione di un percorso di vita come dj di Paul (Felix De Givry), un giovane agiato della borghesia colta parigina, piacente e comune, un ragazzo dall’apparenza serena, appassionato di musica garage - una house music più ballabile - proveniente dagli Stati Uniti. Premesse di un percorso di formazione abituale nella filmografia della regista (ricordiamo Un amore di gioventù).
Mia Hansen-Løve ha questo modo di raccontare le cose come se le vedessimo realmente accadere sotto i nostri occhi, non come testimoni, neppure come spie ma mosche curiose, minuscoli registratori di vita attenti a cogliere le sfumature non dette, i sorrisi trattenuti, le battute implose. Quindi gli stessi dolori, le delusioni, le ambizioni svanite dei personaggi non ci saltano agli occhi come pugni violenti piuttosto come variazioni su un comune tema musicale, una traccia quasi impercettibile di bassi e voce, melodia e ritornello, amore e odio. Lo stile per certi versi documentaristico, chiamiamolo naturalistico, in cui l’uso della macchina da presa al totale servizio del fotografare una zona animata, una geografia dell’animo con la distanza dell’entomologo, si accompagna ad una recitazione perfetta, sussurrata, leggera, in cui ogni attore sta bene dove sta, in cui ogni ruolo non potrebbe essere più azzeccato. Volti giovani, corpi svelati, campi larghi di folle danzanti, gli eccessi di alcol e droghe accennati, mai enfatizzati, colti nel divenire degli anni che passano attraverso scritte sovraimpresse sul fotogramma in caratteri festosi dal 1992 al 2013.
Parigi, New York, Chicago, trasferte musicali a confronto. Successo e debiti da abuso di polvere bianca, fidanzate che abbandonano, altre che restano e cavalcano lo stile di vita notturno e dissoluto del protagonista, mollemente adagiato in una bolla edonista senza riserve e senza preoccupazioni. Lo spaesamento, la disperazione, l’inadeguatezza straripa solo in rare occasioni, il suicidio dell’amico fumettista ombroso, la banca che cambia le regole e comincia a pretendere denaro, la dichiarazione di una ex di aver abortito un figlio suo: solo allora il lieve sorriso, più negli occhi che sulle labbra, di Paul diventa finalmente urlo crisi punto di rottura definitivo con un problema mai affrontato come tale ("mamma, ho un problema con la droga", "quale droga?", "La cocaina"). Ai giorni nostri l’ormai trentacinquenne Paul abbraccia uno stile di vita banale, impiegato in una qualche agenzia di assistenza telefonica, si iscrive ad un corso di scrittura (dopo aver abbandonato gli studi a vent’anni) e conosce una ragazza semplice. Sarà questa la sua redenzione?
Racconto di una generazione imperfetta, come tutte le precedenti e forse tutte le prossime, alle prese con gli amori, la crescita, le possibilità. Il mondo della musica elettronica, delle discoteche, del divertimento diventa l’epica di un eroe mancato, incapace di amarsi e di amare, reo soltanto di credere nei propri sogni non confrontandosi mai veramente con la realtà in sé.
(Colonna sonora per amanti del genere: inconfondibili Daft Punk, ma anche Dimitri from Paris, Cassius, Alex Gopher e altri).
(Eden); Regia: Mia Hansen-Løve; sceneggiatura: Mia e Sven Hansen-Løve ; fotografia: Denis Lenoir; montaggio: Marion Monnier; musica: Daft Punk, Joe Smooth, Frankie Knuckles, Terry Hunter; interpreti: Felix De Givry, Pauline Etienne, Vincent Macaigne, Greta Gerwig, Golshifteh Farahani, Laura Smet, Vincent Lacoste; produzione: CG CInéma; origine: Francia, 2014; durata: 131’
