El Camino - Il film di Breaking bad

«Pensavo a quanto hai detto sull’universo. Di andare dove ti porta...Alla grande. Credo sia una bella filosofia».
«Era metaforico. È una filosofia terribile. Io l’ho fatto per tutta la mia vita. Ma certe cose è meglio deciderle da soli».
(dialogo tra Jesse e Jane)
La grande fuga
Lo avevamo lasciato alla guida di una Chevrolet El Camino nera come la notte. Urlante, con le lacrime agli occhi, finalmente libero. Ma ancora una volta solo e sperduto.
Difficile non aver amato Jesse Pinkman (il ruolo della vita per il talentuoso Aaron Paul). Difficile non aver parteggiato per il giovane sbandato e dal cuore gentile, furioso più con se stesso, che fautore di un movimento di ribellione contro tutto e tutti. Nell’arco delle cinque, sontuose stagione di Breaking bad, Jesse Pinkman si è rivelato, alla fin fine, l’unico personaggio puro – addirittura più puro della metanfetamina prodotta con il sodale-mentore-nemico-salvatore Walter White -, l’unico meritevole della redenzione tanto ricercata, inseguita e, infine, trovata.
Trovata proprio nell’ultimo(?) atto del suo dramma personale, in questo El Camino, che Vince Gilligan scrive e dirige per portare a compimento il viaggio di un antieroe cresciuto e diventato uomo. Non un eroe: sarebbe, in questo caso, riduttivo.
Gilligan si riallaccia alle vicende del capolavoro che lo ha consacrato tra i grandi della televisione senza badare a mezze misure: El Camino si apre con un primo flashback, in cui Jesse e Mike (Jonathan Banks) discutono su cosa fare una volta che il lavoro di Walter sarà concluso; in seguito, con uno stacco netto e improvviso, ci ritroviamo nell’abitacolo della El Camino, mentre Jesse è impegnato a fuggire via, manco avesse il diavolo alle calcagna. In due ore sviluppate secondo la consueta ritmica di costante tensione a cui Gilligan ci ha abituato, Jesse le proverà tutte pur di lasciarsi alle spalle la prigionia e i fantasmi di un passato che non gli appartiene più.
Più che “il film di Breaking bad” – dicitura che svia e crea nello spettatore falsi presupposti -, El Camino è a tutti gli effetti la degna e lineare conclusione di Breaking bad. Dedicata chiaramente alla figura di Jesse Pinkman - perché Walter White/Heisenberg è morto e ce lo dice il notiziario, mentre il destino di Saul Goodman (Bob Odenkirk) è rimandato alla conclusione della meravigliosa Better call Saul -, questo lungometraggio si dispiega più come un epilogo/episodio conclusivo, che fuga ogni dubbio sulla figura del combattuto Jesse e, soprattutto, completa quel percorso di trasformazione individuale e caratteriale speculare all’evoluzione verso il lato oscuro di Walter, vista in Breakink Bad – e di Jimmy/Saul in Better call Saul.
El Camino è l’ennesima prova della lucida e penetrante abilità narrativa di Vince Gilligan, che non si lascia tentare da esorbitanti colpi di coda, ma tiene fede al proprio modus operandi in fase di scrittura, confezionando un finale solido e dall’ampio respiro. Jesse non si pavoneggia con frasi a effetto e lo vediamo fallire in ogni azione, per poi sbrogliare la matassa nella conseguente reazione, perché Gilligan conosce alla perfezione il suo protagonista e non può tramutarlo in qualcosa che non è: Jesse non è Walter e non possiede il suo carisma, così come non è Saul, perché non esprime tanta ambiguità; Jesse è un sopravvissuto e, per addivenire a una salvezza emotiva, ancorché fisica, deve semplicemente sparire, per crescere come uomo, seguendo quella strada che gli altri due compagni di sventura non sono riusciti a intraprendere. Per questo motivo, il Jesse protagonista di El Camino parla solo quando necessario, agisce e non si lascia trasportare dalla malinconia o dalla rabbia provocata dai ricordi, ma così come rimugina sugli orrori della sua prigionia, non tenta di riallacciare alcun rapporto con chi è rimasto “indietro” – in special modo con i genitori, che finisce col derubare. Non c’è più posto ad Albuquerque per Jesse, perché non c’è più posto per Jesse nell’universo di Breaking bad: lì restano gli antagonisti, gli sconfitti, i fantasmi. Nemmeno i ricordi.
Gilligan si conferma eccelso demiurgo di una creatura – l’universo di Breaking bad, per l’appunto - tanto sfaccettata, quanto radicata nell’immaginario collettivo. Spiana la strada a Jesse incartandolo in tre sequenze sospese tra cliffangher misurati col contagocce, ovvero la sortita alla ricerca del denaro nascosto da Todd (Jesse Plemons), il confronto con il “pulpfictiano” Ed (il compianto Robert Forster) e il regolamento di conti finale con i criminali, montato e narrato come un duello tra cowboy post-moderni; a questi, si aggiunge il toccante flashback in cui Jesse e Walter siedono uno di fronte all’altro all’interno di una tavola calda: una manciata di minuti, grazie ai quali Gilligan riesce a riportare in superficie i sentimenti contrastanti e la malinconia dei suoi due protagonisti immortali, un breve, ma intenso testamento in cui Walter (ancora Bryan Cranston, in grado di calarsi magnificamente, ancora una volta, nei panni di quell’icona mitologica che é ormai diventato Walter White/Heisenberg) pianta il seme del cambiamento nel giovane e (ancora) sprovveduto Jesse, in un essenziale gesto d’amore paterno – ricambiato dallo stesso Pinkman che invita un Walter sofferente a mangiare -, commovente e rigeneratore.
El Camino non poggia su tonalità drammatiche già assaporate in Breaking bad e in Better call Saul, ma come il primo chiude ogni possibile discorso sulla storia e la vita di Walter White/Heisenberg e il secondo lo fa con Jimmy McGill/Saul Goodman, il film targato Netflix chiude il sipario sulla vita del Jesse Pinkman come lo conoscevamo. Stavolta il dramma non serve. Occorre distogliere lo sguardo e fuggire via. Senza fretta o rabbia, ma con dolcezza. E, così, rinascere.
(El Camino - A Breaking bad movie); Regia: Vince Gilligan; sceneggiatura: Vince Gilligan; fotografia: Marshall Adams; montaggio: Skip Macdonald; musica: Dave Porter; interpreti: Aaron Paul, Jesse Plemons, Krysten Ritter, Charles Baker, Matt L. Jones, Scott Shepherd, Scott MacArthur, Tom Bower, Kevin Rankin, Larry Hankin, Tess Harper, Michael Bofshever, Marla Gibbs, Brendan Sexton III, Johnny Ortiz, Robert Forster, Jonathan Banks, Bryan Cranston; produzione: Sony Pictures Entertainment, AMC, Netflix; distribuzione: Netflix; origine: U.S.A., 2019; durata: 122’
