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Esuli II - Tibet

Pubblicato il 5 gennaio 2016 da Alessandro Izzi


Esuli II - Tibet

Nuvole tranquille si muovono sotto lo sguardo dello spettatore. Le contempliamo dall’alto, dal volo d’aquila di un aereo oppure dalle altitudini delle vette himalaiane che si inerpicano nell’azzurro di un silenzio incontaminato.

È da subito all’insegna della gentilezza il secondo documentario di Esuli dedicato all’olocausto tibetano.
Si percepisce con mano che la prima cosa che ha colpito lo sguardo della regista nell’accostarsi a un mondo così lontano è la serenità che passa per gli ambienti inaccessibile eppure stranamente ospitali ed entra dentro gli occhi e nelle molte rughe degli straordinari protagonisti di questa nuova straordinaria epica.
Se, però, in Le guerre l’epica era imbevuta delle tinte fosche dei ricordi dei conflitti e restava nel dolore di chi non riesce più a sentirsi a casa e ha perso ogni radice, in Tibet l’epica si fa minuta e la tensione del narrato sta tutta nel sereno stemperarsi di ogni punta drammatica in un’incredibile utopia.
Non a caso il documentario comincia all’insegna dei bambini, perdendosi quasi nella realtà dei cosiddetti “villaggi dei bambini tibetani”. Villaggi sorti un po’ ovunque in India, soprattutto sui confini con il Tibet, che hanno come obiettivo principale quello di educare e spesso letteralmente adottare i bambini nati in esilio (ma anche quelli che continuano a fuggire dal Tibet, spesso a piedi e da soli, e che sono diminuiti da quando la Cina, temendo un danno d’immagine, ha incrementato i controlli di frontiera). Qui i bambini, imparano e praticano, con giusta dedizione la dottrina buddhista, preservando con la loro semplice esistenza la lingua e la cultura tibetana.
Su questa forma di opposizione pacifica all’invasore cinese, su questa ferma volontà di non disperdere una cultura millenaria, pur adeguandola a una contemporaneità che preme alle porte con la sua ostinata omologazione, Barbara Cupisti tesse le immagini più delicate e utopiche di tutta la serie Esuli.
Immagini aperte a un senso di resistenza delicata e bella che sfida l’avversità del destino con la stessa fermezza di un fiore che sboccia in mezzo ai sassi.
Immagini che non perdono di vista l’orrore passato dell’occupazione cinese che viene fatto rivivere attraverso le testimonianze di Palden Gyatso e Ama Ade, due ex prigionieri politici, oggi ottantenni, che sono stati chiusi per più di trenta anni nelle carceri cinesi, subendo, durante la prigionia, torture di ogni tipo, senza mai rinnegare la propria cultura.
Ma immagini che neanche perdono il contatto con l’orrore presente di un paese occupato e avvilito, in cui non c’è libertà e in cui più volte al mese giovani si autoimmolano nella speranza che il loro sacrificio valga a risvegliare la consapevolezza di un mondo, come il nostro, che per la maggior parte del tempo preferisce guardare dall’altra parte.

Così il cuore pulsante dell’operazione diventa il racconto di una gentilezza ferma che non significa acquiescenza né semplice sopportazione, ma che si eleva oltre l’esistenza dei singoli che ne fanno ragione di vita per diventare esempio luminoso di quella speranza che nasce nel dolore e che affratella tutti.

Il grande merito della Cupisti di Tibet è quello di permettere alle immagini di riempirsi di un oltre che non è facile né scontato pur essendo sotto gli occhi di chiunque lo voglia vedere.
Un oltre che diventa luminoso quando concede al Dalai Lama, insieme al ricordo doloroso della patria perduta e delle troppe persone morte anche, incredibile a dirsi, un senso di gratitudine per quei cinesi che, cacciandolo dalla sua terra natia, gli hanno permesso di incontrare persone, di apprendere e di continuare a praticare gentilezza.

E dopo questo c’è spazio solo per lo stupore dolce di un sorriso.


Produzione: Clipper Media e RAI CINEMA
Scritto e diretto da: Barbara Cupisti
Fotografia: Sandro Bartolozzi
Montaggio: Alessandro Marinelli
Musiche: Tommaso Gimignani, Franco Eco
Production Manager: Natascia Palmieri
Durata: 70’
Formato: HD

Gli altri articoli:

Esuli I - Le guerre
Esuli 3 - L’ambiente


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