Festival del film di Roma 2014 - Soul Boys Of The Western World
Gli Spandau Ballet sono stati una delle pop band centrali degli anni ’80 e Soul Boys Of The Western World racconta la loro storia. L’ascesa, l’epopea e la fine di un gruppo musicale che ha saputo incarnare, e in un qualche modo tracciare le linee guida di quello che è stato probabilmente uno dei momenti produttivamente più intensi del secolo scorso e in assoluto all’epoca del tutto sotto stimato.
Superato, o quantomeno affiancato, il modello di promozione radiofonica, la musica viene in quegli anni veicolata attraverso la il video clip, diventato il grande medium, la grande finestra di dialogo della musica POP, è attraverso le immagini, dunque, che si amplifica e si completa l’esperienza emozionale della musica. Video killed the radio star cantavano i The Baggles e in questo clima gli Spandau Ballet sono stati uno dei gruppi che meglio hanno compreso e fatto proprio questo momento di transizione, imponendosi globalmente.
Al centro del discorso c’è la band ’in carne ed ossa’ e la sua immagine, e non più la sua produzione musicale, che diventa in tal senso secondaria. A ratificare questa forma di centralità sono le foto patinate sempre più diffuse sui rotocalchi e le comparsate televisive, il nuovo luogo di incontro tra il pubblico e band.
George Hencken intuendo la potenzialità di questi elementi visivi, li amplifica ed evidenzia sapientemente. E allora al centro della storia c’è una ricca costruzione d’immagini e filmati di repertorio, notevolissimo il lavoro considerando la ricchezza di materiale e un montaggio abilmente dosato.
Lavoro realizzato incastonando e soprapponendo la storia del gruppo al periodo economicamente più fragile della storia inglese recente, quello che va dal ’79 al ’90, il periodo thatcheriano. Ponendo gli Spandau Ballet quasi in una posizione di antagonismo rispetto alla lady di ferro, non una posizione politicizzata ovviamente, ma uno spirito politico inneggiante alle nuove libertà espressive e di costumi che Tony Hadley e Co. hanno saputo proporre, dialogando con una generazione che non era stata capace di trovare un’ispirazione. Emergendo, e prendendosi il giusto spazio partendo dalle realtà all’epoca in voga: i club di Soho. Infatti come spesso accade movimenti o semplicemente fermenti musicali, si impongano in realtà di riqualificazione urbana, così è avvenuto anche per la Soho di Londra agli inizi degli anni ’80.
Gli Spandau Ballett si sono dunque conquistati il loro spazio, Soho è il palco, e Top of the Pops il proscenio nazionale dove veicolarsi e dove esibirsi, ancora la televisione quindi, imponendo nuovi look e nuovi dress-code, le armonie e i syntetizzatori avrebbero fatto il resto. Traghettando, ma sarebbe più corretto dire anticipando, il concetto moderno di boy band che si sarebbe consolidato proprio negli anni ’90. Dove il corpo degli artisti diventa il nuovo focus attrattivo.
In un saliscendi emozionale, il film prosegue per immagini e commenti degli stessi membri del gruppo la loro storia, i successi, la sfera privata gli eccessi e le droghe, fino alla consunzione dello stesso, e poi le beghe legali per la spartizione dei diritti d’autore fino alla naturale reunion, che da in fondo il senso di questo film.
(id.); Regia: George Hencken; montaggio: Chris Duveen; musica: Spandau Ballet; interpreti: Tony Hadley, John Keeble, Gary Kemp, Martin Kemp, Steve Norman; produzione:Steve Dagger; distribuzione: Nexo Digital; origine: Inghilterra, 2014; durata: 112’