Festival del Film di Roma 2014 - Stonehearst Asylum
L’innesco drammaturgico è dato dalla pseudologia fantastica di uno dei protagonisti, che si manifesta tardi sorprendendo lietamente la fruizione. Siamo in una terra di confine, che fa della nebulosa mentale e del ritorno del rimosso motori di significazione per una storia d’amore che può convincere. Basta tuttavia non essere troppo esigenti con linguaggio e messinscena.
Siamo alla vigilia di Natale del 1899 e presso l’’Istituto Psichiatrico “Stonehearts” arriva, direttamente da Oxford, il giovane ed elegante dott. Edward Newgate. Quest’ultimo ha intenzione di apprendere dal Direttore del centro, il dott. Silas Lamb, le nuove tecniche di approccio curativo verso le differenti patologie riscontrate nei numerosi pazienti ospitati. Tra schizofrenici, depressi cronici, disadattati, nevrotici e via dicendo, il giovane dottore incrocia lo sguardo della bella Elisa Graves, rinchiusa per aver staccato un orecchio al marito non prima di avergli cavato un occhio. Newgate resta affascinato dalla donna e, mentre inizia a nutrire delle perplessità sui metodi di Lamb, ecco che scoprirà negli “inferi” di Stoneharts una situazione alquanto strana.
L’intreccio, che si rifà ad un’opera di Edgar Allan Poe, vive di tre livelli di significazione che trovano pace nell’ultima sequenza: abbiamo la storia d’amore, il segreto che si cela nei bassifondi dell’Istituto e il passato, che ritorna via via nel corso della narrazione, dei protagonisti. Visto che parliamo di malati di mente, il regista sfrutta e strumentalizza la tematica dotando le varie backstories di colpi di scena che possono essere giustificati facilmente dallo spettatore. Il ritmo della narrazione è gestito alternando momenti di tensione a strappi repentini, giocati con un montaggio veloce e una musica extradiegetica che si alterna al suono diegetico di un pianoforte, che esalta la poesia del personaggio di Elisa. Lo spazio vive esclusivamente di interni con piani americani in gioco con totali. Un thriller che eredita il canone televisivo in dialettica tra prison drama e medical drama, in cui tutto deve essere confezionato a dovere; la bomboniera non infastidisce viceversa intrattiene lietamente, visto che i personaggi risultano credibili, con un’ottima chimica interattiva e con una cifra attoriale, made in Hollywood, di indiscusso valore: a tal proposito citiamo Ben Kingsley e Michael Caine.
(Stonehearst Asylum); Regia: Brad Anderson; sceneggiatura: Joe Gangemi, Edgar Allan Poe ; fotografia: Tom Yatsko; montaggio: Brian Gates; musica: John Debney; interpreti: Kate Beckinsale, Michael Caine, Ben Kingsley, Jim Sturgess ; produzione: Icon Productions, Sobini Films; origine: USA, 2014; durata: 109’;