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Fiction Italia - Il Commissario Manara

Pubblicato il 14 gennaio 2009 da Lorenzo Vincenti


Fiction Italia - Il Commissario Manara

Nuova fiction, vecchia formula. In onda ogni giovedì sera sul canale di punta del servizio pubblico, Il commissario Manara entra nelle case degli italiani sventolando la bandiera della tradizione e promuovendo una politica televisiva sempre più incline al conservatorismo che alla sperimentazione. Ultimo componente di una metaforica staffetta che ormai da anni continua a girare su una pista logora (sulla cui superficie si sono alternati tutori dell’ordine di ogni tipo e grado), questo ennesimo commissario catodico ci induce a credere che il testimone ricevuto dagli altri poliziotti, carabinieri, ispettori e commissari del passato televisivo sia ormai destinato a girare senza soluzione di continuità e quindi, inevitabilmente, a finire in breve tempo (e senza troppi colpi ferire) nelle mani di un alter ego futuro; un altro successore in divisa già pronto ad entrare in scena e ad accaparrarsi l’audience lasciata libera.
Un loop avviato da tempo e ben accetto che però, a nostro avviso, finirà per incancrenire la visione dello spettatore, costringendolo a subire quella regola televisiva ormai rigida secondo la quale nel nostro paese non si riesce a salutare un ispettore, un appuntato o un brigadiere senza che alle spalle (in un altro canale) non faccia la propria apparizione un commissario già pronto a colmare l’eventuale assenza dei predecessori. Che si tratti di sintomi o tendenze della televisione moderna lasciamo a voi stabilirlo. Ci limitiamo in questa sede a mettere in discussione una consuetudine non molto gradevole di cui Il commissario Manara è solo l’ultimo esempio in ordine di tempo (e nemmeno il più scandaloso). Non si esclude infatti che la televisione debba cavalcare l’onda del motto nazionalpopolare secondo cui si deve proporre ciò che il pubblico desidera vedere o è in grado di digerire. Non si discute, al limite, nemmeno la ripetitività appena accennata, simbolo e conseguenza di una domanda sempre più esigente e di una offerta sempre più ampia e variegata. Ma mettere sotto i riflettori della critica l’abitudine pessima di portare alla “popolarità” un prodotto attraverso una costruzione approssimativa e asfittica sembra quanto meno doveroso. L’eredità ingombrante dei distretti e delle squadre ma anche, come vedremo, di tanta serialità straniera più o meno recente tende, infatti, ad essere raccolta sempre più spesso da questa nuova leva televisiva con l’unico intento di presentare un prodotto finale mascherato, rimodellato sulla base della tradizione cara al pubblico e imbellettato con orpelli vari che sollazzano lo spettatore ma che mancano di una certa finezza estetica coraggiosa.

Manara si pone su questa scia. Come una spugna prende qualcosa da tutti, ingurgita residui di televisione recente (Distretto di polizia, Il commissario Montalbano, 48 ore, Don Matteo e La famiglia in giallo, di cui Manara è lo spin-off) e frammenti di televisione cult del passato (La signora in giallo e, incredibile ma vero, Il commissario Rex) per farne un assemblaggio dal sapore post-moderno. Purtroppo però gli ideatori della serie non danno l’impressione di farlo in maniera costruttiva e soprattutto non rivelano al proprio spettatore (cosa che, ad esempio, hanno fatto i Manetti con L’ispettore Coliandro) il gioco al quale si crede di assistere, lasciando così che l’ipotesi della reinterpretazione affascinante e dissacrante cada inevitabilmente nel vuoto dopo pochi istanti.
A dare un pizzico di interesse ad una nuova fiction che non rimane certo impressa per originalità e veridicità delle storie raccontate è almeno la chiave ironica apprezzabile con cui queste vengono narrate, qualità certamente non trascurabile al giorno d’oggi. Espressione prima e raffigurazione suprema di questo tono sarcastico è il protagonista Luca Manara, il vero motore della fiction, il valore aggiunto, addirittura più di quanto Montalbano non rappresenti per la propria serie. Manara è sciatto come Tomas Milian, anticonformista per eccellenza, tombeur de femmes in cerca di redenzione, lettore di Topolino, sassofonista, amante dei picchiatutto e omonimo del più famoso illustratore erotico. _ E’ un motociclista selvaggio, dall’animo metropolitano, che ama il caos della città e odia la tranquillità della campagna toscana, luogo in cui viene relegato a causa della sua innata insofferenza alle regole.
Manara è l’elemento più bello ed efficace della serie, quello che funziona più di tutto il resto. Più degli altri personaggi, quasi tutti al di sotto di una complessità ed articolazione che invece è giusto riconoscere al commissario, più dell’aspetto contenutistico della serie, che come abbiamo avuto modo di accennare appare sin troppo superficiale nei casi che si pongono sulla strada del poliziotto e più della narrazione stessa, sulla cui consistenza però è giusto porre l’accento nel rispetto di un lavoro che in alcune parti lascia emergere ampi sprazzi di freschezza.
Il fascino di Manara è ovviamente attribuibile alla bravura e all’aspetto del sorprendente Guido Caprino, bravo nel saper offrire una versione naïf dell’uomo di legge, pronta a sovvertire l’archetipo sinora promosso dal poliziesco televisivo.

A fare da contraltare all’attore siciliano una serie di tanti bravi attori, talenti emergenti o vecchie glorie del nostro cinema, tutti purtroppo leggermente al di sotto delle proprie potenzialità sia per mancanza di ispirazione, sia per poca aderenza al ruolo interpretato.
Un ultimo accenno è diretto al regista della serie, una giovane promessa del nostro cinema, quel Davide Marengo che ha meravigliato con il suo frizzante Notturno bus e che per ora mostra ancora una certa riluttanza ad adattarsi ai ritmi e ai codici del prodotto in serie.
La sua performance è leggermente al di sotto di quanto già espresso al cinema, la sua impronta è poco visibile e la sua direzione troppo anonima, soprattutto in rapporto alle buone potenzialità (ma inespresse) del prodotto su cui si è trovato a lavorare e alla vivacità del contesto raccontato. Tutti elementi che, visto il film d’esordio, avrebbero potuto coniugarsi perfettamente con il suo coraggio e la sua intraprendenza.


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