GLOW (Stagione 1) - Teste di Serie

"Preparati, Zoya la Destroya, perché prenderó a calci quel tuo culo sovietico da qui alla Siberia...!"
Debbie ’Liberty Belle’ Eagan
Lo sport non è mai stato un affare per soli uomini. E se la disciplina in questione è il wrestling, che proprio uno sport non è, il risultato non cambia. Che si tratti di sport o di semplice intrattenimento, o meglio ancora di entrambi, dietro le quinte dell’ascesa delle donne nel wrestling si nasconde un piccolo, grande rivoluzione. Culturale e professionale.
In GLOW (Gorgeous ladies of wrestling), nuova serie targata Netflix, ideata da Liz Flahive e Carly Mensch, si torna indietro fino al 1985, in una Los Angeles che nasconde il lato piú artefatto e sgargiante di sé (niente casinó o Sunset Boulevard). Sam Sylvia, un regista di b-movies scorbutico e sognatore (Marc Maron), dirige il casting per una serie televisiva distante anni luce da ció che il palinsesto dell’epoca riusciva a offrire: una serie sul wrestling con lottatrici femminili, dal titolo GLOW; pian piano il cast prende forma, ma Ruth (una Alison Brie perfetta per il ruolo di “eorina” anni Ottanta), Debbie (Betty Gilpin) e le altre non conoscono quasi nulla di wrestling (eccezion fatta per un paio di loro) e, cosí, la sfida piú ardua sará prendere confidenza con i segreti del mestiere e cercare di salvare uno show (il loro show!) destinato a patire molteplici sofferenze giá in partenza.
L’errore in cui non bisogna cadere pensando a GLOW è quello di considerarla una serie storica sull’esordio delle donne nel mondo ipermachista del wrestling o, per lo meno, sarebbe una scelta assai riduttiva. Flahive e Mensch scelgono con pertinenza tale ambito e il contesto geografico (Los Angeles) per costruire una metafora brillante, sagace e graffiante sulla complessitá e l’ostracismo del business hollywoodiano: gli sfiancanti allenamenti fisici, le difficoltá nel trovare il giusto equilibro tra gli attori e nel confrontarsi con i desideri e le preferenze dei produttori, confrontarsi con un budget ristretto e dover lavorare d’ingegno per poter portare a termine il percorso intrapreso, cosí come provare a convivere e costringersi a far parte di un gruppo eterogeneo di artisti, rischiando di perdere, nel frattempo, l’occasione della propria vita, rappresentano in GLOW l’essenza stessa dell’intrattenimento televisivo/cinematografico; la televisione e il cinema si modellano con il talento, l’impegno, il sudore e la consapevolezza di dover percorrere non una strada lastricata d’oro e glorificata dalla luce abbagliante dei riflettori della ribalta, ma piuttosto un campo minato in salita, ed è questo un discorso che vale per tutti, dai produttori, ai registi, fino agli attori.
In bilico tra racconto di formazione e cinica commedia, GLOW è un prodotto di sopraffina qualitá stilistica, che piomba con spettacolari acrobazie nei cangianti anni Ottanta, emulando in maniera meno esplicita quello che Stranger things ha proposto in riferimento all’horror e ai cult teen-movie, senza riciclare storie giá trite e ritrite, ma ispirandosi a quelle storie da libro Cuore in stile Flashdance, trovando una propria dimensione originale e in perfetta correlazione con il sottotesto critico da sviscerare. Grazie a una brillante vena comica mai invadente, i protagonisti riescono ad affrontare le molteplici peripezie professionali in maniera del tutto verosimile, senza abbandonarsi in cliché o forzate conclusioni narrative (nonstante la collaborazione sul ring, Ruth e Debbie non sono ancora pronte per seppellire l’ascia di guerra; il film-sogno nel cassetto da Sam è un progetto destinato all’oblio, per colpa di…Ritorno al futuro!)
Non in ultimo, GLOW porta in scena la natura becera e selvaggia del lato oscuro dell’intrattenimento, che si identifica con quella frangia di spettatori accaniti che, una volta immedesimatisi con il loro ruolo di spettatori paganti, si lasciano sopraffare dagli impulsi piú animaleschi e offensivi (come mostrato durante la registrazione dell’incontro-pilot), lasciando intendere come la televisione riesca a filtrare con accuratezza gli sfoghi e gli eccessi del proprio pubblico, offrendo spesso loro non prodotti di qualitá, ma semplice carne da macello imbellettata a mò di show, perfino calcando la mano su ridicoli stereotipi (esemplari i nomi d’arte delle varie lottatrici, associati alla rispettive origini etniche o status sociali) ; del resto il mondo dello spettacolo vive per poter saziare gli appetiti del pubblico pagante e, succeda quel che succeda, lo show dovrá andare avanti, si tratti di scadenti film di serie b, soap opera o wrestling femminile. In questo contesto, il wrestling è l’incarnazione delle pulsioni e della fame di spettacolarizzazione di chi anela la ricerca della finzione oltre la veritá o, piú semplicemente, preferisce la prima alla seconda.
(GLOW); genere: drammatico, commedia; sceneggiatura: Liz Flahive, Carly Mensch; stagioni: 1 (in attesa di rinnovo); episodi prima stagione: 10; interpreti: Alison Brie, Betty Gilpin, Sydelle Noel, Britney Young, Marc Maron, Jackie Tohn, Kate Nash, Britt Baron, Chris Lowell, Rich Sommers, Kimmy Gatewood, Rebekka Johnson, Sunita Mani, Kia Stevens, Gayle Rankin, Ellen Wong, Marianna Palka, Alex Rich; produzione: Lionsgate Television; network: Netflix (U.S.A., 23 giugno 2017), Netflix (Italia, 23 giugno 2017); origine: U.S.A., 2017; durata: 30’ per episodio; episodio cult prima stagione: 1x10 – Money’s in the chase (1x10 - In bello é nella caccia)
