Heroes Reborn (Stagione 1) - Teste di Serie

I supereroi? Roba per bambini, roba da fumetti. Assolutamente no. L’evoluzione artistica e letteraria di un genere tanto comune oggigiorno, quanto inviso a tutti coloro che non provano attrazione nei confronti dell’universo geek, ha saputo regalare al mondo intero degli autentici capolavori su carta (basti pensare ai vari Watchmen, V per Vendetta o Miracleman di Alan Moore, o al Sandman di Neil Gaiman, solo per citarne alcuni), dalla Marvel, alla DC Comics, e alla Image, passando per numerose case secondarie indipendenti; allo stesso modo, dal 2000 a oggi i supereroi hanno finalmente trovato spazio perfino sul grande schermo, a cominciare dallo Spider-man di Sam Raimi, agli X-men di Bryan Singer, via via sempre più numerosi, sovraffollando all’inverosimile il panorama cinematografico, fino a trasformare l’essenza di un sotto-genere, da materiale di nicchia, a fenomeno mainstream. Ma non era ancora abbastanza.
Sull’onda di un successo planetario, il regista-produttore Tim Kring decise che era giunta l’ora che i suoi supereroi fossero affidati nelle mani del network NBC, approdando, di fatto, su piccolo schermo: la serie prese il nome di Heroes, un titolo schietto, snello e convincente. Heroes doveva trattare la storia di un gruppo di supereroi ma, prima ancora, di un manipolo di personaggi destinati (costretti) a divenire supereroi. Facile capire, con tali presupposti, come Heroes sia diventata nel giro di pochissimo tempo un discusso fenomeno cult, in bilico tra fanatismo incondizionato e nette stroncature da parte della critica: davvero egregia la prima stagione (“Salva la cheerleader, salva il mondo” diventò un vero e proprio motto), contraddistinte da più bassi che alti le successive, finendo col chiudersi in maniera forzosa con una quarta stagione che assunse presto le sembianze di una beffa, più che di un degno e accurato finale. Ciò che parve evidente fin dai primi scricchiolii legati a una struttura narrativa e scenica spesso approssimativa, furono le vistose lacune di Tim Kring in merito alla produzione e all’incapacità di infondere il dovuto spessore a tutta una serie di situazioni a dir poco paradossali e confusionarie.
A distanza di cinque anni, ecco giungere la notizia che avrebbe stravolto i fan inferociti per la cancellazione dello show, ancora in procinto di ottenere vendetta e coloro che, delusi da aspettative troppo alte per le capacità di gestione di Kring, avevano visto appassire un prodotto dall’enorme potenziale, ma lasciato deperire, come si fa con una pianta fiorita lasciata per troppo tempo senz’acqua e senza luce solare. Lecito chiedersi: cosa combinerà stavolta Tim Kring? Rivedremo di nuovo i vecchi personaggi della serie? Vale la pena provare, giusto per non pentirsi di non aver voluto sfruttare una seconda possibilità. Siamo a Odessa. La popolazione mondiale ha finalmente appreso la realtà dei fatti: gli EVO (umani evoluti, quelli con i poteri) sono tra noi. Sono buoni o cattivi? E quale destino aspetta gli umani non evoluti? In una miasma generale indifferenza, sospetto e discriminazione, il redivivo Noah Bennet (Jack Coleman) conosce il turbolento Quentin Frady (Henry Zebrowski), a cui la perfida compagnia Renautas ha rapito la sorella Phoebe (Aislinn Paul) per sfruttarne i poteri per i suoi loschi piani; a capo della Renautas c’è Erica Kravid (Rya Kihlstedt),intenzionata a rapire quanti più EVO possibili per atturare il suo piano di salvare la razza umana (quella non evoluta) dall’imminente tempesta solare che distruggerà la Terra, creando un mondo perfetto in un futuro lontano, senza EVO. A Noah il compito di proteggere i suoi nipoti, Tommy e Malina (Robbie A. Kay e Danika Yarosh), fratelli prescelti per salvare il mondo dalle grinfie di Erica Kravid.
Anticipato da una mini-serie web, Dark matters, composta da sei brevi parti, in cui venivano introdotti i personaggi di Quentin e Phoebe, il nuovo regime del terrore imposto dalla Renautas e la minaccia imminente di un cataclisma sconosciuto, Heroes Reborn si rivela presto un prodotto furbo, creato ad hoc per appagare esclusivamente le logiche del mercato televisivo: Kring ripesca una manciata di personaggi storici appartenenti alla serie originale (oltre al già citato Noah Bennet, anche Mohinder Suresh, Hiro Nakamura, Angela Petrelli, Renè l’Haitiano, Matt Parkman, Micah Sanders e Molly Walker, seppure tutti loro compaiano sporadicamente o per un breve lasso di tempo) per permettere ai vecchi fan di potersi riallacciare con la nuova storyline, così come per invogliare quelli nuovi a (ri)scoprire i fatti passati e poter sviluppare una narrazione più coerente con quanto accaduto alla “nascita” degli eori. O, per lo meno, questo è ciò che Kring vorrebbe ottenere. Invece, il risultato, nonchè il primo grande difetto dello show, coincide con la snaturazione di un prodotto concepito per un pubblico maturo, ora trasformato e reso fruibile per un target addirittura pre-adolescenziale e da ciò conseguono una trama raffazzonata, eccessivamente confusionaria, illogica a volte, addirittura in grado di sminuire all’inverosimile l’essenza dei viaggi temporali che il caro Hiro Nakamura (Masi Oka) ci aveva fatto amare nel corso della serie originale, infondendo in essi quell’aura di misticismo televisivo, totalmente assente, anzi ridicolizzato, in questo revival, posti alla stregua di banali saltelli da un ambiente all’altro, quali semplici ornamenti narrativi. Ed è proprio nell’assenza di "romance" che Heroes Roborn si palesa come prodotto vuoto, asettico e isterico.
Il secondo difetto della creatura 2.0 di Kring coincide con l’impoverimento di un parco personaggi dignitoso, in parallelo con l’assenza di uno o più villian che reggesse con le proprie forze l’impianto narrativo sviluppato: gli unici barlumi di luce si affievoliscono dopo che i vecchi personaggi lasciano spazio a quelli nuovi e non basterebbero tutte le Erica Kravid di questo (e di quell’altro) mondo per eguagliare l’impatto scenico e il carisma del Sylar interpretato da Zachary Quinto; perchè, si sa, una delle regole non scritte fondamentale affinchè un eroe o un gruppo di eroi sopravviva abbastanza a lungo per essere ricordato, trova ragion d’essere nella grandezza degli antagonisti. E si potrebbe soprassedere sui pessimi effetti digitali che violentano l’occhio dello spettatore, tanto inverosimili, quanto divertenti nella loro scialba semplcità; si potrebbe sorvolare sulla scelta di aver stiracchiato la trama fino allo sfinimento, per uno show che avrebbe tratto giovamento se solo fosse stato concentrato in meno di dieci episodi, anzichè tredici; ma per quanto si provi a osservare e giudicare Heroes Reborn da angolazioni diverse, nulla di tutto ciò può essere trattato con indifferenza.
Concepito e poi pubblicizzato come un reboot, poi come revival, solo per rendersi conto di avere tra le mani un vero e proprio sequel, Heroes Reborn rappresenta il fallimento, incondizionato e ingiustificabile di Tim Kring e della concretizzazione delle sue idee. Perfino il finale lascia aperta la possibilità per una seconda stagione, nonostante la NBC sembri aver deciso di cancellare nuovamente lo show, mentre Kring ha affermato che “qualcosa si farà”. Il genere umano, stavolta, spera proprio di no. Questi “eroi” non servono proprio a niente.
(Heroes Reborn); genere: comic-movie; sceneggiatura: Tim Kring; stagioni: 1 (in forse); episodi prima stagione: 13; interpreti: Jack Coleman, Zachary Levi, Robbie A. Kay, Kiki Sukezane, Ryan Guzman, Rya Kihlstedt, Gatlin Green, Henry Zebrowski, Judith Shekoni, Danika Yarosh; musica: Lisa Coleman, Wendy Melvoin; produzione: Imperative Entertainment, Tailwind Productions, Universal Television; network: NBC (U.S.A., 24 settembre 2015-21 gennaio 2016), Inedita (Italia); origine: U.S.A., 2015; durata: 60’ per episodio; episodio cult prima stagione: 1x07-08 – June 13th
