I collezionisti di destini

L’esordio Gargoyle nel poliziesco tout court avviene sotto la fulgida, ferrosa, massiccia insegna di Hollywood.
Su più fronti in verità: in primo luogo per l’ambientazione (la Los Angeles del mito vista attraverso lo sguardo della polizia degli Affari Interni), poi per il backgroud stesso dell’autore, lo stesso Stephen J. Cannell che, prima di approdare alla pagina scritta, aveva prodotto, più per la televisione che per il cinema, serie poliziesche come Il tenente Colombo, 21 Jump Street oppure A-team.
Hollywood respira, quindi, a pieni polmoni all’interno di questo romanzo adrenalinico, scattante, veloce e serrato come un action di buona annata, senza troppe esplosioni e con forte attenzione alla caratterizzazione dei personaggi.
Quella che viene eletta a protagonista della vicenda non è, però, tanto la Hollywood del cinema (anche se quest’ultima ha non poca parte nell’ordito della fitta trama gialla intessuta dall’autore), quanto, piuttosto, la Hollywood più strettamente quotidiana. Non quella dell’insegna che sovrasta i sogni di molti, insomma, ma quella della strada, affumicata di smog e inquinamento, che gli sta subito sotto. La città è, quindi, quella che si costruisce intorno agli eventi sportivi e intorno agli stadi, quella della piccola e grande malavita delle gang, quella dei ristoranti meno frequentati dalle star, quella, insomma, che si stringe nel malumore come fosse un cappotto caldo quando il traffico viene bloccato per permettere le riprese dell’ultimo Kolossal con un Arnold Schwartzenegger prima della svolta politica.
Questa Hollywood serve a Cannell, prematuramente scomparso dopo un’ardua battaglia contro il cancro, come sfondo giammai inerte alle vicende dei suoi personaggi esemplari: un poliziotto non corrotto, ma neanche santo, un quindicenne già avviato alla piccola delinquenza, una ex prostituta passata al servizio della CIA e una collezionista di distintivi, vale a dire una poliziotta degli Affari interni che svolge il ruolo di accusa nei processi ai poliziotti sospettati di illeciti durante e anche fuori del servizio.
È il lavoro di quest’ultima a prendersi l’onore del titolo originale del volume The Tin Collectors (I collezionisti di quella latta con cui son fatti i distintivi) che in italiano diventa, in maniera incongrua e poco comprensibile, I collezionisti di destini.
Cannell compone, dentro questa Hollywood quotidiana, ma non per questo realistica (siamo pur sempre dalle parti del poliziesco cinematografico in cui le atmosfere non devono esser altro se non, appunto, suggestioni) un fitto romanzo di rapide disillusioni.
Grattando sotto la superficie delle apparenze (uno strato ben spesso visto che siamo proprio nella capitale mondiale delle illusioni), la pagina del narratore scopre la presenza di un malessere dolente, persistente eppure, ad ogni passo, stanco anche di se stesso.
La fitta trama dei colpi di scena per cui niente deve mai essere come era sembrato a tutta prima (trama che è conditio sine qua non del poliziesco) si lacera di fronte alla consapevolezza del lavorio necessario per la costruzione stessa delle illusioni, così leggere e fugaci eppure costruite con tanto sangue e tanto sudore.
Nella città delle apparenze tutto scompare, tutto si ribalta in illusione, tutto va ricodificato ad ogni passo e si ha sempre l’impressione di non riuscire a trovare sotto il «come sembra» il «come effettivamente è».
Il gioco speculare delle illusioni hollywoodiane tocca in questo senso il suo vertice di maggiore autoconsapevolezza nel momento in cui il protagonista viene rapito dai cattivi di turno sotto lo sguardo delle macchine da presa, mentre si finge di girare un film. Il cinema colpevole di creare sogni ad uso commerciale, diventa qui anche cortina fumogena per nascondere una verità, metafora di un’illusione che si sovrappone ad un’altra illusione, mentre sotto le due superfici l’illegalità quasi trionfa sulla giustizia. Una scena, questa, che verrebbe bene, probabilmente, solo ad un De Palma.
A fronte di questa incertezza etica, l’unica risposta possibile sembra essere la fuga nel privato, il rinchiudersi nei limiti di quattro mura di casa sperando non arrivi mai la macchina cinema a bucherellarle di proiettili di mitra.
Esordio felice nel genere, I collezionisti di destini è, sino a questo punto, uno dei romanzi migliori del catalogo Gargoyle. Solidamente di genere, non un capolavoro tout court, ma una lettura che ti trascina avanti ad ogni pagina.
Autore: Stephen J. Cannell
Titolo: I collezionisti di destini
Titolo originale: The Tin Collectors
Traduzione: Benedetta Tavani
Collana: Extra
Editore: Gargoyle Books
Dati: 384 pp, brossura con alette
Anno: 2012
Prezzo: 15,90 €
Isbn: 978-88-89541-87-6
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