Festival del Film di Roma 2014 - I milionari
Piva è uno dei pochi autori che si possano dire tali nel panorama italiano, e questo è evidente anche ne I Milionari. Il primo elemento in gioco in questo film è proprio la personalità espressiva dell’autore, un tocco presente che si avverte per tutto il corso del film.
Dalla costruzione delle inquadrature ai movimenti di macchina, ai rimandi e alle citazioni, si avverte sempre la presenza, ma sarebbe più corretto definirlo sconfinamento, del narrante sul narrato. E questo avviene in una maniera tale che solo personaggi dal forte spessore personale erano stati capaci di attuare nel cinema italiano contemporaneo. Non c’è una nota di merito assoluta in questo, ma un desiderio d’attribuzione che relega questo film ad un atto che è intimo, un punto di vista personalissimo dell’autore che ratifica la sua istanza morale sulla materia racconto.
Ed è per questo che il film deve essere decontestualizzato, perché se è vera una sovrapposizione automatica che lo spettatore, legittimamente, con Gomorra la serie, in ragione del racconto della medesime storia e dei medesimi fatti, è altrettanto vero che il respiro diverso, l’aderenza dei fatti a quegli elementi storici ’nazionali’ e una regia singolare determinano uno scarto decisivo tra le due opere. Identificando nel film un mandato esplicito in cui si evince la volontà di realizzare una storia totale, di raccontare una storia nella Storia di questo paese e della città di Napoli, che diventa cronaca appunto nazionale, ma allo stesso tempo intima dei protagonisti.
La sfida è dunque tratta raccontare animi umani, moltitudini sfaccettate dell’esistenza, figure dicotomiche come padri, madri, mogli e bambini rappresentanti di un’identità medio borghese che sono allo stesso tempo criminali, o conniventi con tali. La collisione di due dimensioni distanti è in fondo l’elemento centrale e ricorrente del film, ottimamente messo in scena proprio nella scena del terremoto, in cui i protagonisti trovano un momento di felicità e gioia, frivola e veniale, nel panico generale, in quella che è una delle pagine più tragiche nella storia di questo paese. Metafora severa e decisa di un atteggiamento nazionale: quello di guardare distrattamente altrove e nel disinteresse ai drammi sociali.
Certo questo non sarà il nuovo nel cinema, anzi in buona sostanza è stato già raccontato in altri modi e forse meglio, ma è da concedere al film una determinante forza di fondo, e una capacità espressiva dell’opera che sono, in tal senso materiale nuovo e valido. Approcciando ad un genere (ritornare a parlare di film di genere è già di per se una novità in fondo) con rigore e autorevolezza, e non è poco.
(Id.); Regia: Alessandro Piva; sceneggiatura: Giuseppe Gagliardi, Giacomo Gensini, Stefano Sardo ; fotografia: Renaud Personnaz; montaggio: Alessandro Piva; musica: Andrea Farri; interpreti: Francesco Scianna Francesco Scianna (Alendelòn), Valentina Lodovini (Rosaria), Gianfranco Gallo (Don Carmine), Francesco Di Leva (Babbà); produzione: CRC - Compagnia Realizzazioni Cinetelevisive in collaborazione con Rai Cinema; distribuzione: Teodora film; origine: Italia, 2014; durata: 104’