Il cinema di Armando Crispino alla Sala Trevi

Le stagioni del nostro cinema: le linee d’ombra di Armando Crispino
Sala Trevi 2-3 aprile 2009
Armando Crispino rappresenta un enigma tutto italiano. Cinema di genere? Cinema d’autore? Semplicemente indefinibile. Al di là di qualsiasi etichetta. Miseria delle miserie è stato quando sono stati rivalutati i cosiddetti b-movies, una volta bersagli preferiti dei cosiddetti vice nella stampa quotidiana o nel caso migliore sistematicamente ignorati dalle sedi accademiche, mentre del cinema di Armando Crispino non si è ricordato nessuno, salvo le consuete e lodevoli eccezioni che confermano una triste regola.
Cominciamo quindi a interrogarci su chi era Armando Crispino, facendoci aiutare non soltanto dalla riemersione di alcune sue pellicole ma anche dal bellissimo documentario del figlio Francesco. Linee d’ombra, come recita la voice over all’inizio del film, è quel limite superato il quale, a un certo punto della nostra vita, non si può più guardare soltanto davanti a sé, ma si è richiamati dall’impulso a voltarsi indietro per vedere anche ciò che è stato. La linea d’ombra è dunque quel limite sotto il quale possiamo ritrovare le nostre radici, quella memoria che si può riportare in superficie soltanto scavando nel terreno che la custodisce.
Dal figlio al padre: percorso a ritroso di un figlio che, attraverso il cinema, cerca un incontro con il padre (non è un caso che la regia del documentario è accreditata anche ad Armando, scomparso nel 2003). Dal padre al figlio: in questa indagine sulle tracce paterne vi appare un’analisi del cinema di genere degli anni Sessanta e Settanta, perfetta zona d’ombra, esplorata solo superficialmente e spesso lasciata nelle mani entusiaste ma spesso irragionevoli delle fa nzines.
In questo transfert cinefilo Francesco diventa il teorico, lo spettatore attento che scrive, il critico ideale che il padre (non solo quello biologico ma il Cinema in tutte le sue forme e declinazioni) avrebbe voluto leggere sulle pagine di qualche rivista. Due intellettuali a confronto. Nei primi anni del secondo dopoguerra Armando Crispino fu redattore della terza pagina dell’edizione torinese de «L’Unità» insieme a Raf Vallone. Successivamente, passando dalla critica al set e da Torino a Roma, diventò uno dei più ricercati aiuto registi in circolazione. Negli anni Cinquanta è infatti sul set con Comencini, Germi, Camerini, Provenzale e, soprattutto, con Antonio Pietrangeli, con cui inizia un vero e proprio sodalizio e per il quale diventa anche sceneggiatore. Crispino passa alla regia alla metà degli anni Sessanta e tra il 1966 e il 1976 realizza otto lungometraggi e un episodio (non accreditato) de L’amore difficile.
La crisi del cinema italiano che si sviluppa dalla metà degli anni Settanta gli impedisce di portare avanti altri progetti per lo schermo.
Come scrive giustamente Simone Ghelli, Armando Crispino «seppe coniugare la sua sensibilità di intellettuale alla necessità di doversi rivolgere a un pubblico più “popolare”. Come regista e sceneggiatore attraversò i generi più disparati – dai musicarelli al western, passando per la commedia e il giallo – con uno stile ben definibile, capace di maneggiare i materiali più eterogenei, da quelli culturalmente “alti” – come ad esempio in La badessa di Castro (1974) – a quelli più “bassi”, come poteva essere ad esempio considerato il nascente genere giallo in Italia (L’etrusco uccide ancora, 1972, e Macchie solari, 1974).
Nonostante ciò, o forse proprio per questo, Crispino è rimasto un autore relegato nell’ombra, anche in un’epoca in cui il mercato – e con esso la critica – ha deciso di sdoganare gran parte del cinema di genere degli anni Settanta e Ottanta». Ed ecco che un certo cinema artigianale mediato intellettualmente da un cineasta colto come Armando Crispino diventa l’occasione per il figlio Francesco e per noi spettatori di scoprire e conservare un immaginario cinematografico ma anche storico che sta sparendo velocemente nei sempre più omologanti pixel televisivi.
La militanza delle immagini in movimento contro quelle “semoventi” televisive. Il ritrovarsi di un figlio sulle opere del padre. Cinefilia essenziale ed esistenziale. I film come la vita. E viceversa.
giovedì 2 aprile ore 17.00
Commandos (1968)
Regia: Armando Crispino; soggetto: Don Martin, Arthur Brauner, da una storia di Menhaem Golan; sceneggiatura: A. Crispino, Lucio Battistrada, Stefano Strucchi, Dario Argento; fotografia: Benito Frattari; musica: Mario Nascimbene; montaggio: Daniele Alabiso; interpreti: Lee Van Cleef, Jack Kelly, Giampiero Albertini, Marino Masè, Marilù Tolo, Gotz George; origine: Italia/Germania Occidentale; produzione: C.C.I. - Compagnia Cinematografica Internazionale, P.E.C., CCC Filmkunst; durata: 119’
«Alla vigilia dello sbarco americano in Africa nel 1942, un gruppo di soldati statunitensi di origine italiana si addestra, agli ordini del capitano Valli, per una difficile operazione: raggiungere un’oasi sulla fascia costiera della Libia e sostituirsi agli italiani che la presidiano, per mantenerne il possesso e, soprattutto, per salvaguardarne i pozzi, fino all’arrivo degli alleati. L’operazione riesce: gli americani prendono il posto dei loro nemici, uccidendone alcuni, facendone altri prigionieri, mentre gli stessi tedeschi, che vengono di quando in quando a rifornirsi d’acqua o a far visita ai loro amici italiani, non si accorgono di nulla. Un giorno, i prigionieri riescono a fuggire, ma incappano in un terreno minato e rimangono uccisi. Unico sopravvissuto, il tenente che li comandava, riesce ad avvertire i tedeschi. All’oasi scoppia un combattimento furioso, al termine del quale restano vivi solo due uomini» (www.cinematografo.it). Curiosa operazione cinefila di Armando Crispino che esplora un genere popolare (il bellico), innestando tematiche pacifiste figlie del ’68 e dintorni e contestualmente ereditando l’impegno civile dei Kubrick (Orizzonti di gloria) e dei Milestone (All’ovest niente di nuovo).
ore 19.10
Frankestein all’italiana (1975)
Regia: Armando Crispino; soggetto e sceneggiatura: Massimo Franciosa, Luisa Montagnana; fotografia: Giuseppe Aquari; musica: Stelvio Cipriani; montaggio: Angela Cipriani; interpreti: Aldo Maccione, Gianrico Tedeschi, Ninetto Davoli, Jenny Tamburi, Anna Mazzamauro, Lorenza Guerrieri; origine: Italia; produzione: R.P.A.; durata: 97’
«Costretto a ricostruire la sua “creatura” (che si è decomposta!) prendendo pezzi umani dal deposito di Igor, il dottor Frankestein è costretto ad assistere impotente alle sue imprese erotiche (gli ruba la fidanzata e violenta la sua assistente). Infine il folle accetta un trapianto di organi e si ritrova evirato. Stessa sorte tocca alla creatura. A godere della situazione sarà Igor, che avrà a disposizione le due donne... Rieditato nel 1976 col titolo Prendimi, straziami, che brucio di passion!» (Poppi/Pecorari). Ultimo film di Armando Crispino, Frankestein all’italiana è una curiosa parodia demenziale del genere horror che nasceva dal successo di Frankestein junior di Mel Brooks. Rivederlo oggi fa un certo effetto nostalgia ma si ride ancora e molto. Il cast è curiosissimo: Aldo Maccione nella parte della “creatura”, Gianrico Tedeschi in quella del dottor Frankestein e uno strepitoso Ninetto Davoli che impersona un indimenticabile Igor. E ancora: Anna Mazzamauro, Jenny Tamburi, Alvaro Vitali e il pasoliniano Aldo Valletti, ancora fresco da Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975). Frankestein all’italiana è l’unico film di Crispino a non essere nato da una sua sceneggiatura.
ore 21.10
Incontro moderato da Pierpaolo De Sanctis con Lucio Battistrada, Francesco Crispino, Ninetto Davoli, Steve Della Casa
a seguire
Linee d’ombra (2007)
Regia: Armando e Francesco Crispino; soggetto e sceneggiatura: F. Crispino; fotografia: Sergio Di Lino; montaggio: Salvatore Allocca; aiuto regia: Pierpaolo De Sanctis; operatore 2ª macchina: Lorenzo Leone; fonico in presa diretta: Francesco Del Grosso; origine: Italia; produzione: F. Crispino, Dipartimento Comunicazione e Spettacolo - Università di Roma Tre, Vega’s Project, con il contributo di CinemaAvvenire; durata: 75’
«Mio padre è morto nell’ottobre del 2003, quando stava per compiere 79 anni. Nessuno lo ha ricordato, il Cinema che tanto aveva amato sembrava averlo completamente dimenticato. I suoi film, la maggior parte dei quali sono oggi invisibili, sono andati completamente (o quasi) perduti. Per questo ho deciso di riscoprire e raccontare la sua storia. Che in fondo è anche quella di chi, attraverso il Cinema, riscopre il proprio Padre» (Francesco Crispino).
Interviste a Steve Della Casa, Diego Novelli, Carlo Lizzani, Ettore Scola, Lucio Battistrada, Luciano Lucignani, Gianni Morandi, Mimsy Farmer, Glauco Onorato, Dar io Argento, Daniele Costantini, Ninetto Davoli, Paolo Mereghetti, Marco Giusti, Luca Rea, Silvio Fraschetti, Barbara Bouchet, Erico Menczer, Daniele Alabiso, Fabio Segatori, Nicola Rumeliotis, Riz Ortolani.
Ingresso gratuito
venerdì 3 ore 17.00
Le piacevoli notti (1966)
Regia: Armando Crispino e Luciano Lucignani; soggetto: Sandro Continenza, Steno [Stefano Vanzina], L. Lucignani, A. Crispino; sceneggiatura: S. Continenza, Steno; fotografia: Leonida Borboni, Erico Menczer, Gabor Pogany; montaggio: Marcello Malvestito; interpreti: Ugo Tognazzi, Magda Konopka, Gina Lollobrigida, Adolfo Celi, Vittorio Gassman, Maria Grazia Bucella; origine: Italia; produzione: Fair Film; durata: 119’
«Ispirato all’omonima raccolta di 74 novelle pubblicate nel 1550 dal bergamasco Gian Francesco Straparola, Le piacevoli notti vanta un cast difficilmente amalgamabile in un film di genere: Ugo Tognazzi, Gina Lollobrigida e Vittorio Gassman sono le teste di serie dei tre episodi blandamente saldati tra loro. Li attorniano colleghi del calibro di Adolfo Celi, Gigi Proietti al suo esordio, Omero Antonutti e Glauco Onorato, oltre alle bellezze di Maria Grazia Buccella (doppiata da Franca Lumachi, la moglie del regista [Crispino]), Hélèn Chanel e Magda Konopka, e a caratteristi indimenticabili come Eros Pagni e Gigi Ballista. Se i primi due episodi non brillano tanto pe r qualità drammaturgiche, quanto per l’ottima e puntuale ricostruzione ambientale, dovuta alla mano di Pier Luigi Pizzi, la scrittura di Steno e Sandro Continenza si fa sentire soprattutto nel terzo episodio, quello con Gassman, concepito come un susseguirsi di colpi di scena originalissimi e tutto incentrato sul tema della beffa. Ma in generale, dall’inizio alla fine si respira un’aria di complicità e di unione che sembra ricordarci come tanto il lavoro di pre-produzione che quello di set siano stati concepiti più come una rimpatriata tra amici che si conoscono da sempre». (Pierpaolo De Sanctis)
ore 19.10
L’etrusco uccide ancora (1971)
Regia: Armando Crispino; soggetto e sceneggiatura: Lucio Battistrada, A. Crispino; fotografia: Erico Menczer; musica: Riz Ortolani; montaggio: Alberto Gallitti; interpreti: Alex Cord, Samantha Eggar, John Marley, Carlo De Mejo, Nadja Tiller, Enzo Cerusico; origine: Jugoslavia/Italia/Germania Occidentale; produzione: Inex Film, Mondial Te.Fi. - Televisione Film, CCC Filmkunst; durata: 107’
«A Spoleto, durante il Festival dei Due Mondi, una incomprensibile catena di delitti sconvolge la vita di molti dei partecipanti (fra cui la famiglia del direttore d’orchestra Samarakis). Contemporaneamente un archeologo scopre in una tomba a Tarquina un affresco che raffigura l’uccisione di una giovane coppia. E coppie sono anche le vittime del misterioso assassino» (Poppi/Pecorari). «L’etrusco uccide ancora nacque proprio come film di atmosfera arcana e magica suggestione. Se avessi potuto avrei spinto ancora di più il racconto verso tale direzione ma, purtroppo, non me l’hanno consentito. L’idea nacque durante un’occasionale visita a lla necropoli di Cerveteri e dalla suggestione che, appunto, provai in quella circostanza, tra quelle tombe, con “presenze” quasi palpabili che aleggiavano tutto intorno. [...] Il film ottenne, primo in Italia, una partecipazione finanziaria della distribuzione americana. Costò 400 milioni di lire e realizzò, solo in Italia, oltre un miliardo di incasso nelle sole prime visioni delle sedici città capozona. E a Roma il prezzo del biglietto era allora di mille lire contro le diecimila attuali...» (Armando Crispino).
ore 21.00
Macchie solari (1975)
Regia: Armando Crispino; soggetto e sceneggiatura: Lucio Manlio Battistrada, A. Crispino; fotografia: Carlo Carlini; musica: Ennio Morricone; montaggio: Daniele Alabiso; interpreti: Mimsy Farmer, Barry Primus, Ray Lovelock, Massimo Serato, Carlo Cataneo, Gaby Wagner; origine: Italia; produzione: Clodio Cinematografica; durata: 104’
«Una serie di omicidi sconvolge la vita di una giovane ricercatrice: muoiono in circostanze misteriose la donna che avrebbe dovuto sposare suo padre, il vedovo Gianni Sanna; poi quest’ultimo, precipitando da una finestra. Quando anche la ragazza sta per essere vittima dell’omicida (e con lei il suo uomo), finalmente il folle è smascherato» (Poppi/Pecorari).
«Lo girai interamente a Roma nell’agosto del 1974. Una Roma vuota, come rarefatta, oppressa dal caldo e totalmente diversa dalla città caotica che siamo abituati a vedere. Una città che sembrava avvolta, pur nella sua incomparabile bellezza, da un velo di morte. Anche questo film nacque, perciò, da una suggestione ambientale, da un’imperscrutabile sensazione di angoscia che ti afferra allorché vieni a trovarti di fronte a cose, situazioni o atmosfere al di fuori, o al di là, dei normali ritmi che cadenzano la nostra vita. Ti senti improvvisamente spiazzato e preso dall’incantesimo dell’ignoto che, di per sé, genera paura [...]. [L’idea dell’influenza negativa delle “macchie solari n.d.r.] nacque da un articolo di cronaca – che scoprii insieme allo sceneggiatore Lucio Battistrada – in cui si parlava di una recrudescenza di suicidi apparentemente immotivati che si succedevano durante il periodo estivo. Questa tendenza dipendeva in realtà da uno strano fenomeno solare che determinava reazioni parossistiche negli individui psicolabili. Incuriositi, ci informammo attraverso la stampa e decidemmo di scrivere una storia “thriller” imperniata sulla figura di una giovane infermiera che presta servizio in un obitorio proprio partendo da questo fatto. [...] Ricordo che, contemporaneamen te alla lavorazione del film, fu commesso un omicidio “reale” su una spiaggia e alcuni giornalisti mi additarono come una sorta di anticipatore dell’ondata di follia collettiva che ne seguì. Confesso di aver provato un certo compiacimento “d’autore” per questo, anche se non è certo un gran bel merito! [...] Sostanzialmente vi era una perdita di linearità mentale dovuta proprio allo stravolgimento climatico in concomitanza con la solitudine che accompagna determinati soggetti nel corso dell’estate. [...] Ricordo in particolare il Museo di Criminologia, che inventai io pezzo per pezzo all’interno dell’Archivio di Stato. Ad esempio, la mostra di fotografia la amalgamai di persona sviluppando e ingrandendo le immagini più efferate raccolte in un testo di criminologia. Furono tutte ambientazioni di grande effetto emotivo» (Armando Crispino).
Giampiero Francesca

NELLA STESSA RUBRICA
-
ARRIVA IL "NUOVO" CLOSE-UP!
-
Cinecittà si Mostra compie 10 anni!
-
TEATRO - Roma Fringe 2021: il 26 aprile il Teatro torna a Teatro. I tre spettacoli finalisti in scena al Teatro Vascello a partire dalle 18.00
-
Raiplay, 22 aprile - 51° Earth Day, Giornata Mondiale della Terra delle Nazioni Unite
-
FUMETTI - Da Star Comics, ’Le Sette Meraviglie: il Faro di Alessandria’
TUTTI GLI ARTICOLI
