Venezia 72 - Island City - Venice days

Quando si pensa all’India si pensa comunemente a Bollywood.
Island City è invece un lungometraggio nato all’interno di un laboratorio di sceneggiature della NFDC (National Film Department Corporation) durante il festival di Venezia 2012. L’esperimento è interessante, perché di questo si parla: aprire i propri occhi all’universalità della narrazione, attraverso contesti geografici per ora chiusi o stereotipati.
Composto da tre storie, che dimostrano i difetti e gli errori di qualsiasi tavolo laboratoriale oggi (eccessiva frammenterietà e rigida accademìa nel raccontare un’idea originale e visivamente accattivante sulla carta), Island City scova negli scarti di cinema contemporaneo occidentale (viene in mente l’ultimo Michael Mann, passando per Billy Wilder e l’ironia di Lubitsch) per proporre tre racconti locali, futuristici e intrinsicamente postmoderni: la prima storia prende piede in un’azienda multinazionale di memoria fordista e racconta la vicenda del dipendente Suyashi Chaturvedi, miglior dipendente del mese. Alienato e apatico decide per il tragico epilogo. La seconda storia è ambientata in un contesto famigliare e racconta il dramma e la riflessione della famiglia di Anil nei confronti di un padre autoritario in punto di morte (rimandi al cinema di Deepha Mehta). La terza vicenda è una sintesi visiva delle prime due, la più fantascientifica dal momento che racconta il rapporto uomo-computer: è la storia dell’umile Aarti che riceve una lettera sconosciuta per la quale vive un cambiamento interiore.
Proprio sul cambiamento il regista Ruchika Oberoi ha voluto concentrare l’attenzione nella sua opera prima. Un cambiamento che dimostra essere nelle tre storie non solo esteriore ma anche interiore ai personaggi. A questo si aggiunge lo scontro inevitabile tra modernità e tradizione, che un paese come quello indiano sta subendo da diversi anni.
Un esperimento interessante che, al di là di qualche eccessiva leziosità visiva che fa perdere ritmo e intensità alla storia (specialmente nelle seconde due), ha il pregio di offrire un elogio alla narrazione in chiave postmoderna, digitale e infinitesimamente intima.
(Island City); regia: Ruchika Oberoi; sceneggiatura: Ruchika Oberoi; fotografia: Sylvester Fonseca; montaggio: Hemanti Sarkar; musica: Sagar Desai; interpreti: Vinay Pathak, Amruta Subhash, Tannishtha Chatterjee, Chandan Roy Sanyal; produzione: National Film Development Corporation; origine: India, 2015; durata: 110’
