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K-11

Pubblicato il 27 novembre 2012 da Cristina Canfora

VOTO:

K-11

Cosa aspettarsi dall’esordio dietro alla macchina da presa di Jules Stewart? La script supervisor ultra tatuata con oltre trent’anni di esperienza alle spalle si butta su un genere ostico. Un prison-movie non è certo terreno facile dove destreggiarsi tuttavia il risultato è piuttosto convincente, nonostante la miriade di argomenti delicati inseriti, sfiorati e mai approfonditi.

Raymond Saxx è un ricco produttore musicale che si risveglia, strafatto, in una prigione di custodia. La sua bellezza e l’evidente dipendenza dalla droga sono il lasciapassare verso il blocco K-11, il suo personale inferno popolato da transessuali e depravati tossicomani, dove regna incontrastata Mousey. Un pesce fuor d’acqua, per molti versi, che cerca di nuotare contro corrente. Per salvarsi la pelle e recuperare la libertà scende a patti con la potente ape regina in questo alveare di anime dannate.

La Stewart realizza un prodotto diverso rispetto ai classici film carcerari, ambientato in una reale prigione eretta negli anni ’50 nella contea di Los Angeles, K-11 è a detta dell’autrice stessa un’esplorazione del sistema di detenzione americano. Un film in cui si è divertita a dirigere attori particolari, per lo più uomini che interpretano parti femminili, e anche il figlio maggiore Cameron emozionato debuttante. A proposito della scelta del cast è stato amore a prima vista con Kate del Castillo (Mousey), ottima prima donna, tra le due è scattata una scintilla immediata. Il protagonista maschile Goran Visnjic, desideroso di scuotersi di dosso i ruoli televisivi, è a sua volta più che adatto per la parte di un europeo, eterosessuale, innocente immerso in un mondo a lui alieno.

Sebbene la pellicola scorra veloce, senza intoppi nella trama e riesca pure a regalare il caro hollywoodiano happy ending, alcuni concetti che sembrerebbero centrali vengono solo costeggiati. Prima su tutte la questione dei transgender, tema tanto attuale ma evitato come la peste. Se lo scopo era quello di rappresentare i transessuali come persone normali con sentimenti e ambizioni, è chiaramente fallito poiché risultano niente più che pittoresche caricature, vistose e sguaiate. Poi il microcosmo della droga con i suoi codici e le sue regole sbattute in faccia allo spettatore senza un "manuale d’uso". Infine la figura negativa del poliziotto corrotto, quasi un semplice cliché, slegato da una palese critica al sistema carcerario americano.

Tirando le somme si tratta di un buon film in superficie, la cui pecca è però proprio quella di non scavare a fondo, di non addentrarsi nel sottobosco del disagio umano, limitandosi a registrarlo come contraltare della disavventura di Raymond.


CAST & CREDITS

(id.); Regia: Jules Stewart; sceneggiatura: Jules Stewart, Jared Kurt; fotografia: Adam Silver; montaggio: Duwayne Dunham; interpreti: Goran Visnjic (Raymond Saxx Jr.), Kate del Castillo (Mousey), Portia Doubleday (Butterfly); produzione: Libertine Film; origine: Stati Uniti; durata: 88’.


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