I.D.
Probabilmente I.D. è, insieme al bellissimo Shell di Scott Graham, il film migliore che abbiamo visto all’ultimo festival di Torino. Fa piacere notare che ambedue i film siano opere prime e che, pur non essendo due capolavori, in quanto tali hanno saputo impressionare per maturità, originalità e conoscenza del mezzo cinema.
Kamal K.M. confeziona un’opera che ha tra i suoi maggiori pregi l’onestà e la chiara intenzione di essere un qualcosa di necessario e sentito, che sfrutta un banale pretesto narrativo (il malore improvviso di un imbianchino impegnato a ritinteggiare il salotto di una donna) per guidarci dentro l’India contemporanea e, per traslazione, dentro la società attuale. Alla base di questo piccolo film c’è la continua ricerca di se stessi e dello scopo della vita di ognuno di noi, fotografando volti rapidissimi e privi di identità reale che continuano ad agire per forza di inerzia, senza capire o dimenticando il motore principale di ogni nostra azione. Quello che ci fa esistere. Se Arthur Newman era un Fu Mattia Pascal rivisitato, I.D. è lo stesso romanzo ribaltato e posto spietatamente davanti ai nostri occhi: non vogliamo cancellare la nostra identità e costruircene un’altra ma trovarla e far sì che gli altri non la cancellino.
Il genio di Luigi Pirandello è stato uno dei fili rossi di questo bellissimo festival che denota, non solo quanto l’opera di questo autore sia tremendamente attuale e intramontabile, ma di come la crisi economica che lo scorso anno era salita alla ribalta (sempre qui al TFF) come perdita di valori a trecentossesanta gradi, quest’anno si sia trasformata in ricerca di significato e riscoperta di quegli stessi valori.
Il regista indiano è il primo a chiederselo e che attraverso il volto intenso della protagonista cerca di chiederlo a noi spettatori. Con una regia asciutta e figlia di una nuova interpretazione del neorealismo di casa nostra (il film a nostro avviso ha diverse affinità con Ladri di biciclette di Vittorio De Sica) noi veniamo guidati all’interno di una Bombay Dantesca che dopo poco perde di identità anc’essa e si trasforma in una qualsiasi città del mondo.
Un film importante che lascia piacevolmente scossi e a disagio. Da vedere.
(id.) Regia, sceneggiatura, fotografia e montaggio: Kamal K.M.; origine: India 2012; durata: 90’.