Libri - Anime. Storia dell’animazione giapponese 1984-2007
L’animazione: questa sconosciuta. O, almeno, così verrebbe fatto di osservare, stante il desolante panorama dei lavori critici dedicati al settore nel Belpaese: a tutt’oggi, il loro stadio non è neppure del tutto affrancatosi dal “larvale”, mentre quelli contraddistinti da una certa serietà si contano, ahinoi, sulla punta delle dita. Una carenza di pubblicazioni invincibilmente legata alle gravi lacune distributive tutte nostrane, di cui questo particolare ambito pare aver risentito perfino in misura maggiore rispetto ad altri, pur gravemente colpiti. Da noi, difatti, i (rari) lavori animati approdati a costo di sforzi si direbbe immani, vanno a finire difilato negli scaffali destinati ai “prodotti per bambini”, con gran scorno dei cultori “in età”. Ma cosa afferreranno, i più piccoli, di opere della complessità filosofica di un Ghost in the Shell, come pure di serie connotate da una crescente, spiccata attenzione rinvenibile nell’introspezione psicologica dei personaggi e ormai definitivamente adulte, come un Neon Genesis Evangelion o un Paranoia Agent? La stessa poetica miyazakiana, lo sa bene chiunque intrattenga con essa rapporti di una certa familiarità, si da come “semplice” o “fanciullesca” unicamente ad una lettura agile e superficiale.
Se si eccettua il dorato mondo di Internet – in cui pure ha trovato spazio, fin qui, soprattutto l’esegesi di studiosi in erba, cui non fa certo tanto difetto la passione, quanto, probabilmente, un approccio eminentemente critico verso l’oggetto di studio – molto poco è stato scritto all’interno di pubblicazioni cartacee, per quanto attiene la saggistica. Il grosso del lavoro divulgativo l’hanno svolto, da prassi, le solite fanzine.
Più avveduto, rispetto all’atteggiamento dei recensori nostrani, è parso l’operato della categoria dei direttori di festival cinematografici, i quali hanno omaggiato, ospitandoli nei loro prestigiosi concorsi internazionali, film di autori come Hayao Miyazaki, Mamoru Oshii , Satoshi Kon ecc… disvelando l’epifania di un intero mondo agli occhi di certa critica parruccona. Per più di una generazione dei tanto vituperati neo-recensori del web venuti su a “pane e anime”, quegli stessi che oggi prendono la parola grazie alle “infinite possibilità della rete”, si tratta proprio dei nomi che hanno concorso a formare il substrato immaginifico su cui si sarebbe formato, in seguito, un vero e proprio immaginario-bagaglio cinefilo di tutto rispetto, grazie a serie come Conan, il ragazzo del futuro (1978, Miyazaki), Il Mistero della Pietra Azzurra (1989, generazione successiva, stesso impatto: l’affascinante opera in questione è evidentemente ispirata al Laputa di Miyazaki, di appena tre anni antecedente, e figlia di Hideaki Anno, futuro papà di Evangelion e del medesimo Studio Gainax, a sua volta sorta di nave ammiraglia della futura NAS), o Patlabor (1990, Mamoru). E che dire, poi, delle ancora antecedenti e ormai mitiche Heidi, Lupin III o Lamù, in cui gli stessi sensei Miyazaki e Oshii si facevano le ossa. Tale approccio rinnovato, diametralmente opposto a quello profondamente snobistico di marca precedente, ha fatto sì che trovasse spazio, all’interno del volumetto, un approfondimento critico degno di nota per serie di culto come le epiche e avventurose Hokuto no Ken e Saint Seiya (1986, più note da noi coi titoli tradotti in Ken il Guerriero e I Cavalieri dello Zodiaco).
Il neo riconfermato Marco Müller ha già fatto moltissimo per quanto concerne quest’azione di svecchiamento nei confronti dell’approccio cavernicolo riservato dalla Penisola ai capolavori d’animazione e l’augurio è che, negli anni a venire, possa continuare a intercettare, per la sua Mostra del Cinema, tante altre perle dal pescoso Mar del Giappone (ma non solo).
Ci siamo probabilmente dilungati eccessivamente su siffatte considerazioni, eppure, non senza una ragione: il presente saggio, scritto con competenza e un trasporto palpabile nei confronti della materia d’analisi, da parte di Andrea Fontana e Davide Tarò, tratta propriamente di tutto quanto abbiamo detto, andando a colmare un vuoto editoriale che perfino i profani cominciano ad avvertire come non più tollerabile. Il volume si impone, fin dalla prima scorsa, come strumento di consultazione non solo utile, ma addirittura imprescindibile per quanti desiderino addentrarsi in avanscoperta nel pianeta anime. Densissimo di informazioni, il lavoro si fa apprezzare una volta di più per chi, almeno un po’, di animazione ne mastica e potrà ripercorrere a ritroso il campo in esame dalla prospettiva privilegiata di quest’ultimo scorcio temporale, cogliendo col senno di poi alcuni snodi davvero cruciali per la fase evolutiva del genere (che, poi, “genere” non è, se ha ancora senso, oggi, parlare di comparti stagni nell’arte cinematografica). L’arco di tempo preso in esame, 1984-2007, si accoda alla teoria di quanti riconoscono la svolta epocale, ancorché silenziosa, della metà degli anni ’80: l’84 vede nascere il fenomeno dell’OAV, ed è pure l’anno di varo dello Studio Ghibli, con Nausicaa della Valle del Vento, primo capolavoro assoluto di Miyazaki (quanto deve Mononoke a Nausicaa!), dello splendido Lamù, Beautiful Dreamer di Mamoru Oshii, impostosi proprio in virtù del successo “a scoppio ritardato” tipico dell’OAV e assurto nel tempo a piccolo cult-movie. Poi, altra annata di vacche grasse, l’88 dell’imprescindibile Akira (Otomo), Il mio vicino Totoro (Miyazaki), Una Tomba per le Lucciole (Takahata). E ancora, il 1995 di Ghost in the Shell (ancora Oshii), Neon Genesis Evangelion (Hideaki Anno: e l’animazione seriale non sarà più la stessa!) e Slayers. Il 1998 (“il miglior anno della storia degli anime televisivi”) di Cowboy Bebop (Watanabe), Serial Experiment Lain, Le Situazioni di Lui e Lei (Hideaki Anno, ancora lui), Trigun e One Piece, ma anche dello splendido lungometraggio Jin Roh – Uomini e Lupi (Okiura). O ancora, il 2001 di Spirited Away (Miyazaki, storica doppietta Orso d’Oro e Oscar, in virtù della quale viene sdoganata, anche nella mente dei benpensanti, l’importanza e il valore di alcune punte di diamante-teste di ponte come quella dell’opera miyazakiana), Metropolis (a firma Rin Taro, da Tezuka), Cowboy Bebop – Knockin’ on Heaven’s Door (Watanabe), The Soultaker. Infine, il 2004 de Il Castello Errante di Howl (Miyazaki), Innocence (Oshii), Kyashan, la rinascita (live-action dalla mitica serie anni ’70), Paranoia Agent (Satoshi Kon), Steamboy (Otomo), Samurai Champloo (Watanabe) e X (Rin Taro). Annate memorabili che si alternano – anche seguendo le felici sortite dei maestri, ovvio – ad altre di assestamento/sperimentazioni non del tutto riuscite. Ma in pochi altri rami del cinema è riscontrabile il fermento di creatività e di idee qui presente: è questo che attrae i cultori da sempre.
I summenzionati avventori almeno in parte “navigati”, apprezzeranno lo sguardo rivolto al fenomeno dei sopraccitati OAV, ovvero quel particolare settore della produzione/distribuzione riservata unicamente all’home-video, il cui boom in Giappone incarnò un fenomeno a dir poco impressionante e che rappresenta, fra tutti, l’ambito meno passato al vaglio anche da quei rari studi di genere.
La guida è notevolmente impreziosita dalla prefazione di Enrico Azzano, la quale si incarica di fare un po’ il punto della situazione sullo stato dei lavori nel nostro Paese (come dicevamo in apertura, a dir poco imbarazzante) e da un contributo tecnico sulla cosiddetta “NAS” (“nuova animazione seriale”), figlia di serie ormai “adulte” a tutti gli effetti, autentici capolavori come Neon Genesis Evangelion, di cui si sviscerano i motivi di suggestione, formali e filosofici e le ragioni della sua infinita gemmazione successiva, da Cowboy Bebop e I Cieli di Escaflowne, da Lain e Paranoia Agent fino a Wolf’s Rain, affidato ad un saggio da applauso, per competenza tecnica e concisione, firmato da Stefano Gariglio.
Si lascia perdonare, pertanto, il disinvolto passare in rapidissima rassegna, col rischio “lista della spesa” dietro l’angolo, alcuni titoli. Tuttavia, oltre alla manifesta impossibilità di rendere conto in maniera esaustiva di tutto quel numero esorbitante di produzioni anime (film, serie e OAV) sfornate annualmente dal Giappone, bisogna ammettere che si imponeva come necessaria, frattanto, questa primitiva, pionieristica ricognizione sul campo, cui faranno certamente da corollario altri lavori successivi. Questi ultimi avranno tutto l’agio di potersi finalmente occupare dell’operazione di scannerizzare nei riguardi del singolo aspetto all’interno di quel macro pianeta che qualcuno, qui da noi, ha con formula scaltra ribattezzato “Planet Manga”.
Autori: Andrea Fontana, Davide Tarò
Titolo: Anime. Storia dell’animazione giapponese 1984-2007
Editore: Associazione Culturale Il Foglio
Collana: Collana Cinema
Dati: 230 pp, foto b/n
Prezzo: 15 Euro
Anno: 2007
webinfo: sito Il Foglio