Libri - British Renaissance

Nella triade di Gioventù Amore e Rabbia (non del tutto pessimo titolo italiano andato a sostituire il ben più suggestivo The Loneliness of the Long Distance Runner di Tony Richardson) l’elemento che sembra animare maggiormente il cinema inglese è proprio l’ultimo.
La Gioventù, infatti, è roba più indicata per la musica: è un concentrato di movimenti e seduzione, una propensione al gioco e alla voglia di fare. Ha ben poco a che vedere con le balene d’agosto e le relazioni pericolose.
L’amore viene meglio ai francesi che ne sanno cogliere l’implicita fragilità con poche inquadrature felici nel loro bianco e nero mai esibito.
Ma la rabbia, quella vera, quella che fa tremare le vene nei polsi nello sdegno e nella voglia di cambiare le cose... beh! La rabbia è proprio appannaggio degli inglesi. Specialmente di quelli dell’inizio degli anni ’80 che si stavano vivendo sulle spalle l’orrore delle Falkland e che avevano appena eletto a primo ministro Margaret Tatcher: la lady di ferro con improbabili vestiti scuri giammai ingentiliti da cappellini in tinta.
È proprio il braccio di ferro tra intellettuali e governo a fare la vita e la ricchezza di un momento del cinema inglese che ancora si prolunga sino ai giorni nostri e affonda felice i propri rami in un oggi più stinto ed indefinito. Certo col tempo la rabbia si è un po’ placata e lo sberleffo amaro ha ceduto il posto alla commedia più garbata, ma anche i frutti più tardivi di quella che è stata battezzata, non senza qualche ironia, la British renaissance degli anni ’80, si riconosce il senso di chi ha dovuto lottare per cercare quel minimo di giustizia sociale che è alla base di ogni sana democrazia.
Così anche il Billy Elliot di Daldry mette a sfondo di una storia di riscatto individuale l’angoscia dei minatori che scendono in sciopero, allo stesso modo di come in Full monty si danza e ci si spoglia davanti all’incubo della disoccupazione.
Emanuela Martini, profonda conoscitrice dei film d’oltremanica e già autrice di una monumentale (ed assai bella) storia del cinema inglese, nel curare la passata retrospettiva torinese sulla British renaissance, ha dato anche alle stampe un catalogo che è qualcosa di più di un semplice catalogo.
Attraverso la calcolata successione di testimonianze e brevi riflessioni, la curatrice dello splendido volume edito dai tipi del Castoro, si presenta come un compendio assai riuscito di un intero periodo della storia del cinema e della cultura inglese. Il volume spazia in tutte le direzioni. Restituisce il clima politico dell’isola di Shakespeare (fondamentale per comprendere il senso dell’operato di tutto un novero di registi), ma si attarda anche a riflettere sul perchè di certi cambiamenti nella moda e nel gusto degli inglesi. Sfiora le evoluzioni del rock e della musica in generale e poi scopre le contraddizioni di una società che ancora non riesce a convivere coi migranti che ne affollano, sempre più numerosi, le metropoli.
Il volume è sfaccettato come un caleidoscopio, ma tradisce il disegno unitario di una riflessione che non vuol essere né per i soli addetti ai lavori, né solo per quel pubblico che ha assistito (fortunato) alla bellissima retrospettiva torinese. Al contrario il libro si propone come agevole testo di consultazione, ricco di spunti e leggibile anche per chi è digiuno, o quasi, di testi di saggistica mainstream. Ne viene fuori un volume abile nel ricostruire il senso del lavoro di una generazione di registi che non si è unita sotto la bandiera di un movimento unitario (come avvenne qualche decennio prima per il Free cinema con cui condivide qualche esponente), ma che si sono riconosciuti nell’identificazione di un comune nemico: la politica tatcheriana, appunto!
Il ricco apparato iconografico (consueto ormai nelle pubblicazioni de Il Castoro) lungi dall’appesantire la lettura, arricchisce il risultato finale aiutando il lettore a meglio respirare l’aria del tempo.
Per sé la curatrice si riserva solo lo spazio di un inserto assai godibile (Grazie Signora Tatcher) che apre la seconda parte del catalogo, quella più strettamente cinefila (laddove la prima risultava più centrata alla ricostruzione del clima culturale dell’epoca).
Il risultato è un volume, a nostro parere, assai diverso dal saggio omonimo curato da Giovanni Spagnoletti ed edito da Arakne. Un saggio decisamente più denso, ma anche più specialistico, un vero e proprio sunto dello stato degli studi su un fenomeno non ancora del tutto esaurito.
Insomma un volume per collezionisti e non solo.
Autore: Emanuela Martini (a cura di)
Titolo: British Renaissance
Editore: Edizioni Il Castoro
Collana: Torino Film Festival
Dati: 176 pp, ill. b/n
Anno: 2008
Prezzo: 20,00 euro
webinfo: Scheda libro
