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Libri - Carlo Verdone

Pubblicato il 8 aprile 2009 da Nicola Cordone


Libri - Carlo Verdone

Un bel giorno, senza dire niente a nessuno, me ne andai a Genova e mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana…”. Con queste parole, Manuel Fantoni trascina, nel suo mondo fiabesco e incantato, il mite e goffo Sergio Benvenuti, un anonimo rappresentante dei “Colossi della Musica”. Sergio non può neanche immaginare che si tratti di un bluff, di una burla, o, se vogliamo, del gioco di prestigio di un mago che si “annoia” e, per sopravvivere, “inventa, sogna, divaga”. Del resto, l’inganno, per riuscire, deve essere ordito alla perfezione: far credere agli altri di aver vissuto in cinque continenti, di aver conosciuto Raquel Welch e Faye Dunaway, è impresa tutt’altro che facile: è necessario un superattico luminoso, con le pareti costellate dalle foto dei grandi miti di Hollywood, la musica di Lucio Dalla, una donna bellissima e nuda… e poi… un po’ di cocaina, per tirarsi su. Così, il tenero venditore, quando apprende la verità, reagisce come un bambino a cui viene detto che Babbo Natale non esiste… crolla il velo mayano e si incupisce, dopo l’iniziale ottundimento. L’unico modo per recuperare l’emozione di una storia in cui si è fermamente creduto è riviverla: e allora Sergio diventa Manuel, e spetta a Nadia, una barbie carismatica e intraprendente, recitare il ruolo della vittima di quel sogno ad occhi aperti che fa evadere dalle piccole miserie quotidiane. Questo è Borotalco, il film che, meglio di molti altri, rivela uno dei princìpi-cardine della poetica di Carlo Verdone: la maschera serve ad occultare l‘immagine triste e sbiadita di sè stessi, e la performance colma le voragini della propria solitudine. Dal punto di vista professionale, la pellicola, che segue gli straordinari successi al botteghino di Un sacco bello e Bianco, rosso e Verdone, è la tappa più importante della carriera del regista romano: dal virtuosismo delle prime, esilaranti, macchiette, Verdone si compatta in un personaggio unico: quell’”homus verdonianus” che, da ora in poi, non abbandonerà più, nelle commedie che lui stesso ama definire “sofisticate”. La parte migliore della monografia castorino di Antonio D’Olivo è, senza alcun dubbio, l’intervista che precede l’analisi dei film: il regista-attore parla di sé, del suo cinema, dell’Italia di oggi, dei propri sogni nel cassetto…non esiste documento migliore, cui fare riferimento, per approfondire un discorso critico sull’autore capitolino. Dalle pagine emerge la figura di un artista esemplarmente cosciente degli strumenti, delle necessità e dei segreti del suo fare cinema; un uomo di successo, quasi ossessionato dal doversi rinnovare per continuare ad essere apprezzato dal grande pubblico, ma anche un personaggio che tende a rivendicare la propria originalità rispetto alla tradizione: “Allora, nell’ordine: io non sono una costola di Alberto Sordi e Verdone non ha nulla a che fare con Sordi”; nello stesso tempo, però, è ancora forte il rimpianto per certo cinema del passato, per quelle commedie corali, all’italiana, che tanto spazio concedevano ai caratteristi: personaggi, che Carlo Verdone riesumerà nei suoi primi film (come dimenticare il grande Mario Brega e la tenera matrona Elena Fabrizi, in arte “Sora Lella”?). Ma l’analisi del presente si tinge di colori cupi e di lucide riflessioni quando piomba, neanche più a tradimento, l’immancabile accostamento ad Alberto Sordi. Dice infatti: "Alberto Sordi è stato un grandissimo attore e ha avuto la fortuna di percorrere, di disegnare cinquant’anni importanti della vita del nostro Paese, dal dopoguerra alle Brigate Rosse e anche oltre. Noi a cosa abbiamo assistito? Soltanto alla perdita di punti di riferimento. Per noi – registi - raccontare storie è stato più difficile perché non abbiamo avuto il grande evento, il grande avvenimento storico, una grande narrativa a sostegno (…) Io ho raccontato delle piccole storie private sottolineando le nostre fragilità, le difficoltà di relazione, di linguaggio, la solitudine dei coatti…(…)".

E proprio ai “coatti”, ai bulli di periferia, raccontati con la perizia di un sociologo, sono riservate le considerazioni più amare: “Ivano”, “Armando Feroci” e ”Moreno Venchiarutti” non hanno più nulla da spartire con l’Enzo di Un sacco bello: tutta la loro istintiva vitalità e le invenzioni linguistiche, sono state mortificate dalle degenerazioni etiche e culturali della civiltà dei consumi: la fantasia è stata inaridita dalla noia, e l’ingenuità si è trasformata in cinismo. Le pagine dedicate ai singoli film si affidano, principalmente, alle intuizioni sociologiche dell’autore e descrivono nei dettagli, le trame e i contenuti delle opere. Carlo Verdone, grazie a questa monografia, entra a buon diritto e a pieno titolo, nel prestigioso elenco delle edizioni Il Castoro Cinema.


Autore: Antonio D’Olivo
Titolo: Carlo Verdone
Editore: Il Castoro
Collana: Cinema n°225
Dati: 144 pp, 111 fotogrammi b/n, formato 15x16,5 cm
Anno: 2008
Prezzo: 11,90 €
webinfo: Scheda libro sul sito Il Castoro


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