Libri - Diario dall’Apocalisse

“Sembra che ci siano sempre più parallelismi tra il carattere di Kurtz e quello di Francis” (Eleanor Coppola, da una pagina del Diario)
Quando, nel 1979, la Palma d’Oro consacrò Apocalypse Now, con un contestabile ex-aequo, come miglior film a Cannes, pochi conoscevano allora le vicissitudini attraverso cui passò la lavorazione nelle Filippine di uno dei più potenti documenti di finzione sulla guerra in Vietnam e non solo, firmato da Francis Ford Coppola. Traversie, sfortune, calamità, l’attacco di cuore del protagonista Martin Sheen, sono il fulcro del racconto in forma di diario, scritto allora dalla moglie dello stesso regista italo-americano, Eleanor, che snocciola, con la leggerezza di una profana, la lavorazione di uno dei capolavori della cinematografia di tutti i tempi. Un documento fresco e agile pubblicato all’indomani dell’uscita mondiale nei cinema e ora rieditato in Italia in un formato tascabile dalla minimum fax. Il gustoso prologo registra in brevi pillole tutte le telefonate intercorse tra regista, produttori e attori, in un turbinio di trattative economiche, assensi e dinieghi, gioie e frustrazioni. Il cinema e il successo di un film passano per i volti degli attori e diventa quasi un gioco immaginare il colonnello Kurtz con i tratti degli attori protagonisti-mancati che portano i nomi di Steve McQueen, esoso nelle richieste economiche, di Jack Nicholson, di Harvey Keitel, di Robert Redford, che rifiutò per stare vicino ai figli, dell’amico Al Pacino. La parte di Willard inizialmente offerta al luciferino James Caan, il finale dell’estenuante casting snocciolato in quattro mesi, con Brando che si rivelerà un abilissimo interprete, apportando un notevole sviluppo al personaggio e alla tecnica attoriale, da allora mai più la stessa.
Una sottile, sadica gioia si insinua sotto pelle nel leggere gli aneddoti che accompagnano la scena iniziale del film: sul set Eleanor, con la qualifica di regista del making of, descrive con la meticolosità della cronista d’esperienza, un piccolo miracolo, mediato dall’alcool: “Ieri Francis ha girato la scena nella stanza d’albergo. Ha lasciato che Marty si ubriacasse un po’, perché doveva essere sbronzo anche il personaggio”. Due macchine da presa accese e un improvviso pugno allo specchio, il sangue che scorre, la fusione finale con il personaggio-Willard da parte di Martin Sheen, che si rivelerà essere un attore poco propenso ai vezzi tipici della star. Come Fellini descriverà otto anni dopo Cinecittà in Intervista, in Diario dall’Apocalisse si dipanano episodi e aneddoti, con la leggerezza dell’occhio stupito di fronte alla magia del cinema nel suo farsi: anche il set di Apocalypse Now è un mondo etereo, iperbolico e folle, nella descrizione dell’esplosione finale al napalm o nella costruzione del tempio-eremo del Kurtz filosofo nichilista, con i veri cadaveri usati per le scene, il vero nulla intorno, la vera disperazione di una natura mai conciliante con il regista nato a Detroit e da oltre dieci anni inattivo al cinema.
Scene di ordinaria vita familiare costellate dai problemi di tutti i giorni: dall’asilo locale frequentato da una già brillante Sofia non ancora in odore di regia, alla mancanza di acqua nella lussuosa villa di Manila, da un matrimonio in continuo bilico alle pantagrueliche cene in compagnia della troupe italiana al seguito del cinematografo (non chiamatelo direttore della fotografia!) Vittorio Storaro. Il maestro della scrittura con la luce, che girava nelle trincee di fango sfoggiando sempre impeccabili mises, viene descritto con l’affetto di un amico lontano, una silhouette affascinante e poetica, che si ritirava dopo le riprese nel calore di una grande famiglia allargata ai suoi collaboratori.
Un libro che registra dal dietro le quinte della famiglia, con il dovuto pathos, le fasi alterne di una angosciante lavorazione squassata in diciassette mesi da ogni sorta di funesta calamità: le tempeste e le alluvioni che distruggono il set, i problemi tecnici dell’ultimo momento, nella giungla filippina antitesi alla patinata ricostruzione di studio. Un valore aggiunto, la scenografia naturale (ben amalgamata ai capolavori dell’architetto Dean Tavoularis), per contestualizzare la rilettura di quel Cuore di tenebra conradiano che poneva al centro del suo racconto il fiume come metafora della discesa dell’uomo agli inferi. Una discesa che parte dalle tre settimane inizialmente calcolate per girare le parti di Kurtz e che si tramuteranno in lunghi mesi costellati dalla presenza del demone della depressione in Francis Ford Coppola, consapevole del gigantesco buco finanziario che accompagnava le riprese. A far da contorno, le continue riscritture notturne di una sceneggiatura evolutasi in fieri, come se il film stesso costituisse un diario della lavorazione, un diario di vita dell’artista, la personale discesa agli inferi di un regista che ha dimostrato quanto, un tempo, anche i film erano frutto di miracoli.
[Carlo Dutto]
Autore: Eleanor Coppola
Titolo: Diario dall’Apocalisse. Dietro le quinte del capolavoro di Francis Ford Coppola
Editore: minimum fax
Collana: Cinema
Dati: 252 pp, copertina morbida, tascabile
Prezzo: 13,50 €
Anno: 2006
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