Libri - Ebraismo e Cinema

Ebraismo e cinema, secondo dei tre volumi previsti dai tipi del Centro Ambrosiano sul rapporto difficile e controverso tra cinema e religioni, ha (e spiace dirlo) meno meriti e più difetti del suo diretto predecessore.
Cinema e Buddismo, infatti, vantava se non altro un primato a suo modo invidiabile: era la prima pubblicazione di un certo spessore sull’argomento, apriva le danze di una bibliografia inesistente, fotografava, insomma, lo stato iniziale di studi ancora tutti da compiersi. Nella sua brevità esemplare (il testo, senza apparati, sfiorava appena le centoventi pagine), il primo volume di questa piccola collana di Immagini e Religioni si muoveva nella sfera invidiabile del “mai detto”. Ogni pagina, ogni parola si addentrava in territori sin lì inesplorati e ci poneva di fronte ad una realtà di cui sapevamo (e sappiamo ancora) poco o nulla. E nel farlo si sostanziava di contributi che suonavano tutti originali ed intriganti. Cinema e Buddismo era di fatto una lettura in crescendo, un volumetto agile ed interessante che si avvantaggiava delle firme di persone che hanno fatto del dialogo interreligioso il loro motivo di vita. Era bello sentire tradizioni così diverse e lontane (come cattolicesimo e buddismo) incontrarsi e parlare così affabilmente e anche se, come rimarcavamo, il terreno di confronto non era del tutto neutrale (Centro Ambrosiano non nasconde la sua matrice assolutamente cattolica), nondimeno il risultato era armonico e rispettoso delle altrui diversità.
Con Ebraismo e Cinema le cose sono però molto diverse. Il saggio non va, infatti, a riempire un vero e proprio vuoto bibliografico, ma si inserisce all’interno di una tradizione di studi estremamente variegata e composita.
Di testi sulle origini ebraiche dell’industria hollywoodiana ce ne sono tanti e alcuni di questi sono anche estremamente intriganti ed originali. Monografie sui singoli autori di origine più o meno ebraica si moltiplicano sugli scaffali delle librerie con cadenza quasi annuale (basti pensare al solo Woody Allen). E c’è, infine, il complesso fenomeno del cinema della Shoah che oltre a produrre un certo numero di pellicole ogni anno (e il 2009 brilla per l’uscita di tante e controverse opere a partire da The reader sino ad arrivare a Defiance e Il bambino col pigiama a righe) stimola riflessioni critiche più o meno pertinenti. Insomma: se Cinema e Buddismo era una prima voce che affrontava un vero e proprio Vuoto, Ebraismo e Cinema (ed è quantomeno curiosa questa inversione dei termini sul titolo di copertina) è, invece, un testo che si pone al centro di un dibattito ampio. Un dibattito, oltretutto, che era già stato abilmente ricomposto, in lingua italiana, dal mirabile volume di Guido Fink Non solo Woody Allen da cui i compilatori del presente attingono non poco.
In questa prospettiva si vorrebbe che un libro che arriva ultimo all’interno di un dibattito in fase già avanzata fosse, se non altro, innovativo o, quanto meno, originale nell’approccio alla materia. Ebraismo e Cinema si perde, invece, già nel tentativo di delimitare l’orizzonte di indagine. Incapace ad affrontare il complesso universo culturale del cinema israeliano (frettolosamente liquidato in poche battute che non tengono conto della vera e propria rinascita che l’industria, che ha prodotto recentemente Valzer con Bashir, sta di fatto vivendo) e lontano dalla realtà del cinema yiddish, il volume centra la sua attenzione su una trasvolata dei generi cinematografici del cinema americano riletti in chiave biblica o, più generalmente culturale (il western come aggiornamento dell’epica dell’Esodo, il carcerario come sublimazione dell’orrore dell’olocausto ecc.).
Lo scoglio contro cui urta il volume, di fatto, è proprio l’impossibilità di un’esaustiva definizione culturale/religiosa dell’ebreo. Difficoltà in parte legata al desiderio di assimilazione che ogni ebreo prova nei confronti delle culture ospitanti, in parte contraddetta dall’orgoglio sionista e dall’urgenza di far valere le proprie radici che è conseguenza diretta proprio di quell’Olocausto che ha visto nello juden la vittima designata.
Al di là della mancanza di originalità delle argomentazioni, il libro colpisce per l’approssimazione del suo stesso impianto. Una frettolosità di pensiero che vanifica spesso le pur lodevoli intenzioni dei compilatori.
Ecco allora che le presunte origini ebraiche di Charlie Chaplin siano dapprima negate da Mino Chamla nel suo interessante saggio Cinema e narratività ebraica (il più interessante insieme a L’umorismo ebraico di Cinzia Motta), poi date per scontate da Giulio Martini e, infine, messe in discussione dall’appena citata Motta. Un minimo di discussione sulle fonti, a questo punto, sarebbe stato opportuno.
Ma al di là di queste considerazioni la frettolosità si evince più che altro dallo strabordante numero di refusi ed imprecisioni che impoveriscono, ahinoi!, l’intero volume. Così ecco che si cita come campione di ebraicità un film come Mery per sempre di Bob Reiner (pag 194) salvo poi realizzare che Mery per sempre è un film di Marco Risi del tutto estraneo al discorso e che il regista è Rob e non certo Bob. Resta, quindi, il dubbio se si stia parlando di Misery non deve morire o di Stand by me: non poco.
E di esempi del genere se ne potrebbero fare tanti nel corso di una lettura che perde d’impatto man mano che le imprecisioni si accavallano sino ad andare a corrodere la credibilità degli stessi apparati critici (si cita un chimerico episodio peplum di L’ultima follia di Mel Brooks, ma il segmento narrativo in questione fa parte di La pazza storia del mondo; in filmografia si cita tra i film di Spielberg un fantomatico "Intelligenza" del 2001 che indoviniamo essere A. I.).
In conclusione quello che abbiamo di fronte è un libro le cui intenzioni sopravanzano un po’ troppo l’effettiva qualità del risultato, ma che ha dalla sua un paio di interventi di sicuro interesse nel loro essere una sintesi accurata dello stato degli studi.
Autori: Roberto Busti, Mino Chamla, Paolo Colombo, Giulio Martini, Cinzia Motta e Piero Stefani
Titolo: Ebraismo e Cinema
Editore: Centro Ambrosiano
Collana: Immagini e Religioni
Dati: 303 pp; copertina morbida; tascabile
Anno: 2008
Prezzo: 18,00 €
webinfo: Sito dell’editore
