Alfred Hitchcock, forse uno dei nomi (non solo cinematografici) più conosciuti al mondo. Persino il meno esperto della Settima Arte riuscirebbe ad affiancare a questo nome almeno uno dei film da lui diretti. Guardando indietro nella storia del cinema, davvero in pochi (se non addirittura nessuno) sembra essere riuscito solamente ad avvicinare il genio di colui che oggi, giustamente, viene considerato maestro. Tanto si è scritto su Hitch, ogni suo film è stato analizzato fotogramma per fotogramma, da Il giardino del piacere (1925) al suo ultimo Complotto di famiglia (1976), passando per le sue opere più celeberrime come La finestra sul cortile (1954), La donna che visse due volte (1958), Intrigo internazionale (1959), Psyco (1960), Gli uccelli (1963) e Marnie (1964).

Oggigiorno sarebbe davvero difficile scrivere un libro su Hitchcock senza incappare nel già detto, già sentito e già visto; il problema di un autore che si accinge a voler studiare l’opera del regista inglese è quella che, molto probabilmente, dato il grande successo ottenuto dall’autore e la conseguente passione (critica e da studioso) per le sue opere avuta da molti, tutto ciò che pensa è stato già pensato, studiato e registrato. Ed allora cosa fare se ciò che voglio scrivere è già stato detto da almeno una cinquantina di persone? Se il mio lavoro di critico cinematografico mi porta a studiare l’operato di un grande regista sul quale già tutto è stato scritto? La cosa da fare sarebbe eliminare (quasi) totalmente lo studio critico e concentrarsi sulla vita dell’autore al di fuori del set cinematografico, così da poter avviare uno studio secondario del suo lavoro cinematografico, ovvero giungere al lavoro sul set partendo dalla vita del regista inglese, dal suo rapporto con gli uomini, le donne, la sua infanzia, piccoli aneddoti che, pur se si pensa inutili, servono in realtà a vedere i suoi film con un occhio diverso, nuovo, carico di un’ulteriore conoscenza.

Con il suo Hitchcock. Il laboratorio dei brividi , Italo Moscati - già autore per la stessa casa editrice, la Ediesse, di volumi su Anna Magnani, Federico Fellini, ma anche Pasolini e Vittorio De Sica - sembra battere proprio questo tipo di strada: il libro sembra essere un vero e proprio romanzo, con la sola differenza che tutto ciò che si racconta al suo interno corrisponde a verità, e che tutto si riferisce alla vita di uno dei più grandi registi cinematografici mai esistiti. Il titolo non poteva essere più azzeccato, e quasi permette di immaginare l’artigiano a lavoro, impegnato a perfezionare la sua suspance, il suo thrilling, ed i vari MacGuffin che avrebbero portato l’opera ad essere un capolavoro.

Si parte quindi dalla sua difficile infanzia, passata in una famiglia di forte stampo cattolico; il suo arresto avvenuto in giovane età e che, molte volte, in maniera non diretta, ritornerà nei suoi film (l’uomo ingiustamente accusato di un crimine è spesso presente nelle opere di Hitchcock). Il rapporto con la madre, l’adolescenza trascorsa per lo più in solitudine, il difficilissimo e quasi imbarazzante rapporto con le donne (soprattutto le femmes fatales , bionde, algide e bellissime, dei suoi film); quindi la bruttezza e lo sconforto del rapporto con l’alcool, e soprattutto con il cibo (il suo peso è ciò che viene in mente pensando a lui – cosa con la quale spesso e volentieri giocava).
Il libro di Moscati intelligentemente racconta la vita e gli aneddoti di Hitchcock, comunque affiancando uno studio critico dei suoi lavori cinematografici. Arte e aneddotica racchiusi in un volume che è racconto e biografia allo stesso tempo, capace di (ri)leggere l’autore a 360 gradi.

Per approfondire:
Recensione di Close Up del libro ALFRED HITCHCOCK. NODO ALLA GOLA, Edizioni Lindau

Recensione di Close Up del libro ALFRED HITCHCOCK. LA FINESTRA SUL CORTILE, Edizioni Lindau

Recensione di Close Up del libro TUTTI I FILM DI ALFRED HITCHCOCK, Edizioni Lindau