Libri - I film di Clint Eastwood

Dal cowboy solitario che (non) si vende ‘per un pugno di dollari’ al vecchio reduce di Gran Torino, passando per la tempra d’acciaio dell’ispettore Calla(g)han, Clint Eastwood ha attraversato oltre cinquant’anni di cinema americano (prima apparizione nel dimenticabilissimo horror La vendetta del mostro di Jack Arnold), con l’intelligenza inquieta e metamorfica di chi è non ha mai perso la capacità di rinnovarsi di continuo, percorrendo ogni volta una strada differente. Se negli anni dei western italici, Clint era già un cavaliere pallido dal volto enigmatico («Ha solo due espressioni, con il cappello e senza il cappello», recitava la celebre battuta di Sergio Leone), in una manciata di anni si è trasformato in uno degli indiscussi maestri del cinema contemporaneo, uno dei pochissimi che, seguendo la lezione dei cineasti della Hollywood classica, non racconta mai la stessa storia, incrociando piccole e grandi vicende sullo sfondo di quegli eterni interrogativi (sulla vita, sulla morte, sul posto dell’uomo nel mondo), che si rincorrono e si amplificano da una pellicola all’altra senza la consolazione di facili risposte. Particolarmente significativi per la carriera registica di Eastwood sono stati certamente gli ultimi vent’anni, il periodo che va pressappoco da Gli spietati (1992), forse l’ultimo grande western che il cinema americano possa annoverare, al recentissimo Hereafter (2010), dolente viaggio che sfiora i confini impalpabili fra vita e morte. Di qui la necessità per Alberto Castellano, critico cinematografico ed estimatore del cinema di Eastwood fin da tempi non sospetti, di rispolverare, fino a rinnovarlo completamente, un progetto che aveva preso forma nell’ormai lontano 1988, con un primo volumetto dedicato alla figura del poliedrico regista e attore americano. Frutto di un rigoroso e appassionato lavoro d’archivio, che ripercorre e rielabora oltre cinquant’anni di cinema, è “I film di Clint Eastwood”, edito da Gremese, corredato di un ricco repertorio iconografico e di un approfondito saggio introduttivo. Il 24 gennaio scorso, nella storica Sala Ricci del San Fedele a Milano (dove si tenne la prima proiezione cittadina de La dolce vita), Castellano ha presentato il suo libro - che per gli appassionati ben si integra con la monografia sul regista di San Francisco edita nel 2009 da Marsilio (QUI la recensione su Close Up) - accompagnato dal critico Gianni Canova e da Michele Kalamera, voce italiana di Eastwood da 35 anni (da Il texano dagli occhi di ghiaccio a Gran Torino, con qualche interruzione, ben 21 sono i Clint nostrani che si avvalgono delle sue corde vocali), che sottolinea quanto sia piacevole doppiare Eastwood "che parla lentamente, con un tono basso, interrompendosi spesso".
Scorrono le immagini di stranieri senza nome, pistoleri vendicativi e minacciose 44 magnum. E poi ancora l’indipendente John Wilson\John Huston (il semibiografico “Cacciatore bianco, cuore nero”) o il ranger dell’era kennedyana (“Un mondo perfetto”), madri (lo straziante e angoscioso “Challeging”) e padri disperati (“Mystic River”) o soldati giapponesi sulla soglia del disastro (“Lettere da Iwo Jima”), fino al lungo addio di “Gan Torino” e al sorriso di Mandela nell’epico “Invictus”. Il libro di Castellano - sottolinea Gianni Canova - ci restituisce l’immagine sfaccettata di un volto e di un corpo che hanno attraversato mezzo secolo di cinema. Troviamo un repertorio e una collezione di documenti e immagini che offrono la viva percezione di quanto Eastwood sia amato, odiato, consumato. Un gigante solitario, volutamente antieroe (nella misura in cui non è uno dei tanti looser costruiti dal cinema contemporaneo) e antidivo, incarna in sé il canone e l’anti - canone, in quanto avrebbe le caratteristiche attoriali e drammaturgiche per trasformarsi in un divo, ma ha scelto di ritagliarsi un ruolo differente, al contempo assorbendo e metabolizzando la lezione dei grandi maestri. Sono convinto che Eastwood sia l’ultimo rappresentante di un cinema classico che si esprime nella pulizia formale, nella pregnanza di immagini che non hanno bisogno di essere didascaliche per risultare espressive, ma rappresenti anche la sua negazione e dissoluzione in chiave postmoderna. Perfino nelle sue prime performance attoriali è presente questa sorta di doppio binario, per cui personaggi che paiono scolpiti nel marmo sono spesso ammantati di un’aura fantasmatica e umbratile, in un climax che tocca il suo vertice in Gran Torino, straordinaria elegia funebre. Se l’Eastwood attore, con Sergio Leone, ma anche con la mitologia poliziesca di Calla(g)han, è transitato nei territori dell’epica, l’Eastwood regista si è piuttosto addentrato in quelli del tragico e, trovatosi di fronte alle grandi domande sull’esistenza e la condizione umana, si è ritirato nel buio con silenziosa discrezione (si pensi solo al finale di Million dollar Baby ). Noi, che viviamo nella società del post-tragico, dell’eterna commedia (o forse della farsa), finiamo per innamorarci del cinema di Eastwood, che con coraggio e una vena sotterranea di anarchismo, non si tira indietro, racconta senza mezzi termini il tragico, che è la forma sulla quale il nostro mondo si è in origine costruito».
Michele Kalamera racconta «nel 1976 ero già un doppiatore, mentre Eastwood stava organizzando provini in tutta Europa per cercare degli interpreti che potessero riprodurne i tempi e i toni. In Italia fino a quel momento, l’unico che sembrava aver capito cosa Eastwood stesse cercando era Enrico Maria Salerno, che l’aveva doppiato nei film di Leone. Io sono arrivato in quel momento, l’ho ascoltato per non renderlo diverso da com’era: il suo personaggio è quasi sempre stanco, parla lentamente, ma in fondo vuole vincere, forse un antieroe è questo. Ci siamo incontrati in occasione dell’uscita de I ponti di Madison County e mi ha confidato: “Parlo bene italiano…con la tua voce”».
Castellano riavvolge i percorsi di una carriera multiforme, con l’occhio attento della storico e lo sguardo ardente dell’appassionato: «Eastwood è dotato di una personalità sorprendente, lui stesso si definisce un ‘conservatore progressista’, nei primi film era ‘un palo di telegrafo’ e poi, di anno in anno si è evoluto, trasformandosi in un grande autore. Quando Sergio Leone lo scelse per il ruolo di Joe, grazie all’insistenza del suo aiutoregista Tonino Valerii, Eastwood sembrava davvero un cowboy. A Ciampino scese dall’aereo con ancora indosso il cappello e il poncho, ma il cineasta romano non si fece cogliere impreparato: “è un po’ pallido – commentò con incredibile preveggenza - ma con un Toscano in bocca può andare”. Ora, dopo tanti anni, non potrei immaginare un congedo più appropriato di Gran Torino: se l’Eastwood attore non potrà che mancarmi, sono quasi certo che non lo rivedremo sullo più schermo».
«Eastwood è stato spesso frainteso, – precisa Castellano – talvolta accusato persino di fascismo, e oggi sopravvivono ancora degli antichi equivoci. La sua recitazione ha mantenuto negli anni gli stessi caratteri, ma quella fissità dell’espressione si è evoluta, trasformandosi in una maschera tragica. Ci sono due grandi scuole di recitazione, quella dei Jack Nicholson e dei Robert De Niro, e quella di Eastwood o di Al Pacino, che recitano per sottrazione, per scavo, concedendosi meno ma risultando talvolta più efficaci. Nel mio scritto del 1988, un po’ provocatoriamente, paragonavo la recitazione di Eastwood a quella di Eduardo De Filippo, per le pause, i lunghi silenzi di cui entrambi erano capaci».
«Ogni volta Eastwood mette in scena una storia, scegliendo un copione scritto da altri. Ha girato Gran Torino in 17 giorni, spesso salvando il primo ciak, con la sicurezza e la lungimiranza di un vero maestro, e con i proventi ha in gran parte finanziato Invictus e Hereafter». Ora che tutti nel mondo lo vorrebbero per festival e retrospettive, Eastwood spesso pronunciauna frase che non sarebbe dispiaciuta all’ispettore Calla(g)han: «Ho 80 anni e cinque mogli, sono stanco e voglio riposarmi».
Per approfondire:
Leggi QUI la recensione di Close Up alla monografia CLINT EASTWOOD edita da Marsilio
Autore: Alberto Castellano
Titolo: I film di Clint Eastwood
Editore: Gremese Editore
Collana: Le Stelle Filanti
Dati: 224 pp, brossura con bandelle, oltre 200 fotografie b/n e col.
Anno: 2010
Prezzo: 30,00 €
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