Libri - Il 18° vampiro

Se siete stanchi di Twilight e pensate che i vampiri vegetariani che sbriluccicano alla luce del giorno siano indigesti come i cavoli a merenda, allora Il 18° vampiro è il libro che fa per voi.
Vergnani è mortalmente stanco del vampiro un po’ dandy e un po’ filosofo alla Anne Rice che ha riempito gli schermi cinematografici negli ultimi anni. Ne ha le scatole piene del romanticismo a profusione covato nell’immagine del vampiro maledetto e adolescente che regala fiori alla sua bella e canta le di lei grazie alla luna nascente. Non sopporta più neanche il cipiglio un po’ imbronciato delle varie Buffy che ammazzano i vampiri mentre si incipriano il naso pensando che faranno tardi all’appuntamento col bel fusto incontrato il giorno prima (anche se, ammettiamolo ad onor del vero, qualcosa del serial Tv si è insinuato nelle pagine dell’autore modenese). Tutte queste chincaglierie possono, al più, piacere alle adolescenti in piena tempesta ormonale, ma non hanno niente a che vedere con l’archetipo del vampiro.
Perché, diciamocelo una volta per tutte, il mestiere del vampiro è sporco ed ha ben poco di romantico. Il vampiro succhia il sangue. Punto. E non possono esserci baci perugina in carotidi recise a botte di canini. Sarebbe come voler cercare il dolce in una sorsata di mare.
E se è sporco il mestiere del vampiro non meno sporco è quello dell’ammazzavampiri che se ne va in giro di giorno, munito di paletto, a far piazza pulita di cadaveri putrescenti che non ne vogliono sapere di starsene quieti nella bara, di notte. Un compito ingrato, faticoso, suditiccio e sudicio che solo i reietti della società possono portare avanti. Senza eroismo. Senza mezze misure. Come poco ci appare eroico (ma dovrebbe, a pensarci su un momento) il mestiere del netturbino che deve ogni giorno confrontarsi coi nostri rifiuti maleolenti.
Vergnani costruisce, per la sua fluviale narrazione, un universo del tutto privo di sbocchi metafisici. Sulla linea di un Carpenter zannuto e poco incline alla filosofia, nega al lettore, ed ai suoi personaggi, ogni straccio di spiegazione. Chi siano i vampiri e da dove vengano è curiosità oziosa che non ammette risposte consolatrici. Non interessa se il primo vampiro (dovunque si trovi) sia diventato tale per un amore negato come accadeva al Dracula di Coppola (ma non a quello di Stoker) o sia figlio della stirpe di Giuda (come suggerisce Lussier patronato da Craven). In effetti non è dato capire neanche se dietro alle razzie di questo piccolo esercito caninomunito ci sia un piano volto alla conquista del mondo dei vivi o solo i bisogni di una sordida sopravvivenza (o soprammorenza) di specie.
Nel mondo di Vergnani i fatti concreti sono due: i vampiri esistono e vanno eliminati. Le spiegazioni, pur se cercate con poca convinzione da questi improvvisati cacciatori di mostri, rallentano l’azione: un lusso che nessuno può permettersi.
Tolto il romanticismo non viene meno, però, l’erotismo. E anche se la maggior parte dei vampiri presentati da Vergnani son poco più che amorfi ammassi di carne putrescente incongruamente muniti di zanne, non mancano momenti di seduzione, fremiti di sesso che sorgono dal torbido a rendere più ambigui i miasmi della cancrena che appesta corpi e volti. Scelta adulta in un racconto che di adolescenti ne conta solo uno, Niccolò, disegnato con affetto in un voluto rifiuto delle mode del momento.
Vergnani cala il suo racconto in un mondo riconoscibile fortemente debitore a certo noir orrorifico letterario e cinematografico ad un tempo. Con una forte propensione al dialogo serrato, con un linguaggio da scaricatore di porto che discetta di Nietzsche e Sartre, l’autore, che non è, né vuole essere uno stilista alla Le Fanu, costruisce un ampio edificio narrativo che compie un passo indietro rispetto alle mode del momento e riannoda il mito del vampiro alle sue radici primo novecentesche. C’è più Murnau che Badham in questo autore che rimastica il genere con piglio lucidamente feroce in un romanzo che è forse un po’ troppo lungo e a cui nuoce, di conseguenza, la scelta di non appoggiarsi su di un antagonista forte e di spessore (Grimjank convince poco alla sua prima apparizione e manca di statura epica nel confronto finale quando si fa cantore di una logica del compromesso e di una convivenza senza pace tra vivi e morti). Purtuttavia non mancano momenti di consapevolezza anche politica (i vampiri si nascondono nelle stesse baraccopoli disperate popolate dagli extracomunitari, viene paventata la possibilità di unioni tra le specie, il personaggio di Vergy è stato in missione di pace (leggi guerra) e se ne porta dietro il ricordo indelebile altrettanto mostruoso delle razzie notturne dei vampiri).
E, soprattutto, ci sono almeno due capitoli davvero memorabili: quello agghiacciante della cisterna colma di vampiri e quello della fuga notturna dalla Rocca che, nel nulla di un paesaggio mangiato dal buio, sembra memore del miglior Fulci di L’aldilà.
Autore: Claudio Vergnani
Titolo: Il 18° vampiro
Editore: Gargoyle
Dati: 548 pp, copertina morbida.
Anno: 2009
Prezzo: 14,00 Euro
webinfo: Sito editore
