Libri - Il doppio sogno di Stanley Kubrick

I film di Stanley Kubrick hanno sempre suscitato lunghi dibattiti e fiumi di polemiche in seguito alla loro uscita nelle sale. Anche Eyes Wide Shut, l’ultimo capolavoro del regista newyorkese, ha subito la medesima sorte ed è stato considerato immediatamente, e non a torto, il film più tormentato e controverso che abbia mai realizzato. E’ quindi encomiabile l’idea di raccogliere alcuni interessanti contributi autoriali sulla complessità dell’opera postuma, a partire dal confronto con la fonte letteraria di provenienza: la Traumnovelle di Arthur Schnitzler pubblicata in Europa nel 1926; il testo di Cimmino, Dottorini e Pangaro, esula dai noiosi cavilli accademici sia nelle argomentazioni che nella forma, rendendo accessibile a tutti la lettura di pagine appassionate, a tratti illuminanti e spesso coinvolgenti. La costruzione per sezioni palesa l’intento di suggerire nuove analisi e intuizioni senza cadere nelle pedanti trappole insite nell’euristica e negli approcci scientifici, anche se si rivela inevitabilmente artificiosa; l’appendice sulla musica è preceduta da due ampie sezioni intitolate S/K e K/S: la prima contenente riflessioni che partono dal testo letterario, la seconda, compiendo il percorso inverso, getta luce sull’interpretazione kubrickiana della novella ambientata nella Vienna del XIX secolo.
A distanza di otto anni dall’uscita del film, la critica ha iniziato a valutare con maggior lucidità e cognizione di causa il valore artistico e la ricchezza semantica di Eyes Wide Shut ed alcuni hanno eletto il film a summa poetica dell’autore: troppo facile ridurre l’opera ad un semplice adattamento cinematografico, come se Kubrick avesse voluto congedarsi dalla settima arte con la semplice soddisfazione di un capriccio derivante da un’ossessione durata quasi trent’anni. Vero è che la struttura narrativa ricalca fedelmente le pagine della Traumnovelle, ma concordiamo con Luigi Cimmino quando afferma che: “(…) proprio in ciò che supera, oltrepassa, trascende le banali somiglianze, alberga il suo significato più profondo e recondito” e, aggiungiamo noi, il fascino più puro. La relazione tra letteratura e film, infatti, va analizzata come dialogo tra due sistemi di segni; ogni testo derivato da un altro si conquista con i propri mezzi e per necessità interna una sua naturale autonomia e ciò vale ancor di più per i film di Kubrick e, in particolare, per Eyes Wide Shut. La scelta di non lavorare mai su soggetti originali rivela la precisa volontà di considerare la fonte letteraria di partenza come oggetto da approfondire, studiare, vivisezionare, per essere poi trasformata in immagine e diventare cinema. Questo atteggiamento positivista, per natura antiromantico, fa parte di un modo di essere e di concepire l’arte assolutamente individuale, che ha da sempre contraddistinto la metodologia di lavoro kubrickiana e il suo approccio alla narrazione. Al di là delle analogie e delle differenze più macroscopiche – Kubrick ambienta la vicenda nella New York contemporanea, mentre il racconto della novella si dipana nella Vienna del XIX secolo - ciò che colpisce e caratterizza i due testi presi in esame è l’ambiguità di fondo che rende incerti i confini tra sogno e realtà , verità e apparenza, lealtà e menzogna, simbolismo e autenticità; il tessuto narrato- visivo è attraversato, nelle sue pieghe, da oscuri, malsani e inesplosi turbamenti sessuali destinati a rimanere nel film, come nelle pagine dello scrittore austriaco, frustrati e frustranti desideri. La grande maggioranza dei critici concorda nell’affermare che Doppio Sogno sia solo il punto di partenza, uno tra gli elementi, lo strumento ideale per proseguire l’inesausta ricerca sulle possibilità del cinema e sui limiti della visione; per Kubrick il testo è da sempre funzionale all’immagine e non viceversa: è solo in quanto cinema in potenza che la scrittura può diventare poi film. Più di Schnitzler, Kubrick fa letteralmente saltare i limiti tra oggettività e soggettività e non solo crea uno scenario a più livelli in cui sogno e realtà si intersecano, ma riflette e commenta il film come medium, le sue potenzialità e i suoi fondamenti narrativi: è cinema dell’autoriflessione, metalinguistico nel senso più sottile e recondito del termine.
L’appendice del libro è dedicata alla musica, l’unica dimensione estetica non totalmente supervisionata a causa della prematura scomparsa del regista: il missaggio sonoro è stato, infatti, oggetto di ingerenze operative esterne e di interventi postumi. Tuttavia, l’ intero apparato acustico può definirsi, come gli altri campi semantici del film, intimamente “kubrickiano”. Il discorso musicale su Eyes Wide Shut è molto approfondito e ricco di interessanti spunti bibliografici ed è completato dalla presenza di schemi formali che possono risvegliare la curiosità degli “addetti ai lavori”; queste tabelle costituiscono l’apporto grafico-illustrativo più soddisfacente del testo, che però difetta in qualità e quantità di fotografie: l’unica nota di demerito in un’operazione complessivamente riuscita e, per qualcuno, senza dubbio necessaria.
Autori: Luigi Cimmino, Daniele Dottorini, Giorgio Pangaro
Titolo: Il doppio sogno di Stanley Kubrick
Editore: Il Castoro
Dati: pp. 280; 17 illustrazioni b/n; 5 prospetti su titoli e schemi formali della musica
Prezzo: 18 euro
Anno: 2007
Web info: Sito Il Castoro
