Libri - Il montaggio nella storia del cinema

Il cinema dei Lumière era un cinema di vedute in pianosequenza.
Ampi paesaggi con, in primo piano, strade affollate di carrozze, cancellate di fabbriche da cui escono, contenti, lavoratori pronti a sorridere ad uso della macchina da presa e giardinieri che combattono con pompe d’acqua dispettose e sempre sul punto di annaffiarli: la poetica dei Lumière si esprime tutta nello spazio franco dell’inquadratura unica che esaurisce in sé ogni possibilità di racconto. Ogni film è un microcosmo isolato, chiuso, impermeabile ad ogni altra sollecitazione: trenta secondi di vita ridotti a fantasmi in bianco e nero che hanno la stessa evanescenza del fumo dei sigari fumati dai giocatori di carte intorno ad un tavolo.
Ma ogni film non può esaurire uno spettacolo. Mezzo minuto di lavandaie che fanno il bucato non sono abbastanza per giustificare il prezzo del biglietto, né la fatica del montaggio di uno schermo cinematografico in un capannone da circo. Ecco allora che l’esercente cinematografico che prepara la sua serata, mette mano al portafogli e di pellicole (anzi: di vedute) ne compra una quindicina e le mette in bella successione.
Le prime volte la successione sarà stata dettata dall’ordine di arrivo delle pizze o dal capriccio del caso. Poi, in un secondo momento, cominciarono a prevalere motivazioni di carattere spettacolare. L’esercente non deve averci messo molto a rendersi conto che, a finire il ciclo di vedute con un’ampia scena d’insieme, il pubblico se ne usciva dalla sala più soddisfatto ed appagato che non se messo di fronte ad un bambino che mangia la pappa. Sapere bene come iniziare e come finire un ciclo divenne così un patrimonio comune a tutte le sale. Più scaltri furono, invece, quelli che seppero capire che la varietà è un’arte di difficili dosaggi e che più è vario lo spettacolo e più diventa popolare. La vera arte divenne così l’abilità di alternare la veduta in campo lungo con quella a figure intere. Non importava che non ci fosse continuità d’azione tra un film e l’altro, quel che contava era che ci fosse un calibrato succedersi di piani.
Il montaggio cinematografico è già tutto qui: in questo esercente avventuroso che non aveva paura di rischiare mischiando le carte. Un lavoratore del cinema, armato di colla e forbici che esercitava già un mestiere prima ancora che quel mestiere diventasse un lavoro che richiedeva un professionista per cui scrivere una busta paga.
E per lungo tempo l’esercente ebbe parola finale anche su quei film che il montaggio se lo facevano da soli, dietro gli ordini di un regista intransigente e volitivo. Ecco perché in The great train robbery la scena del bandito che spara verso il pubblico può stare da qualsiasi parte: perché essa era affidata ad un esercente che, conoscendo il proprio pubblico, sapeva dove piazzarla per ottenere il miglior effetto. Ed ecco perché di film come Metropolis o Nosferatu esistono così tante varianti.
Federico Vitella parte da qui per raccontare la storia del montaggio cinematografico. Ma ancor più parte dalla considerazione che sono pochi i testi che affrontano il tema del montaggio non solo nella sua accezione pratica (quella del lavoro concreto che più che un saggio vorrebbe un manuale), ma anche in quella retorica (del montaggio come grammatica che più che un saggio vorrebbe un breviario) ed in quella concettuale (del montaggio come estetica che più che un saggio vorrebbe un trattato). Vitella non si tira indietro di fronte alla difficoltà e porta avanti questo triplice approccio in un libro di invidiabile chiarezza espositiva che, senza mai perdere di vista questa realtà una e trina del montaggio, riesce ad isolare nel corpus della storia del Cinema cinque momenti fondamentali: il montaggio primitivo (fino a Griffith), il montaggio delle avanguardie diviso tra la vocazione al ritmo musicale dei francesi e la vocazione all’affresco filosofico e concettuale dei sovietici, il montaggio narrativo del cinema classico americano, il montaggio metariflessivo delle Nouvelle vagues e la rivoluzione del montaggio digitale.
Il testo, di agevolissima consultazione, è ricco di fonti e denso di analisi attente a sequenze particolarmente esemplificative delle realtà che di volta in volta si fanno oggetto di studio. La prosa fluida e mai troppo specialistica rende la lettura agevole anche per il profano, ma non si tira indietro dinnanzi alle esigenze del piccolo trattato di estetica.
Una lettura piacevole, insomma, che riorganizza discorsi a volte anche troppo noti sotto la lente originale di un punto di vista inusuale ed intrigante che ben si presta a divenire utile strumento nella mano degli studiosi.
Autore: Federico Vitella
Titolo: Il montaggio nella storia del cinema. Tecniche, forme, funzioni
Editore: Marsilio
Collana: Elementi
Dati: 200 pp
Anno: 2009
Prezzo: 12,50 €
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