Libri - Il suono nel cinema

“Ogni spettacolo di immagini animate nella storia dell’umanità si è svolto con un accompagnamento sonoro”.
È con queste parole che si apre il piccolo, ma pregnante saggio di Laurent Jullier Il suono nel cinema. Una frase da cui discende, necessaria ed obbligata, tutta una serie di conseguenze di non poco conto per chi si addentra nei meandri di uno studio tutto audiovisivo del “fenomeno cinema”.
Suono ed immagini non possono, infatti, fin dall’inizio, fare a meno l’uno dell’altra. Sin dagli esordi dello spettacolo cinematografico, sin dai tempi delle prime famigerate proiezioni dei fratelli Lumiere, l’esibizione delle immagini in movimento era accompagnata da musica.
Più avanti, nelle sale meglio attrezzate, alla musica di scena eseguita da piccole orchestre andava ad aggiungersi anche l’abile lavoro di addestrati rumoristi che imitavano il suono della pioggia (con un cilindro contenente piselli secchi) o della grandine (graniglia di piombo su una lastra di zinco) o ancora il trotto dei cavalli (con noci di cocco). Nei casi peggiori attori improvvisati si facevano carico di interpretare, per il pubblico degli analfabeti e dei bambini, le didascalie che troppo spesso riempivano il mondo della pellicola disturbando l’immedesimazione.
La leggenda vuole che la musica di scena per i film del muto fosse un’esigenza fisiologica. Essa copriva il rumore della macchina di proiezione per i più pragmatici e pratici, mentre, per i più poetici e sognatori, copriva l’angoscia del silenzio entro cui si muovevano le tracce fantasmatiche delle immagini in movimento, grigie come spettri.
Jullier fa piazza pulita di queste interpretazioni falsate nelle prime quindici righe del volume. Se il problema era il rumore del proiettore perché c’erano musiche anche negli spettacoli di ombre cinesi ideati alla corte degli imperatori del passato? E se il problema era quello dell’angoscia prodotta dalle immagini in movimento da dove viene fuori Bresson?
La realtà è che suono ed immagine sono destinate miticamente al matrimonio. Sono un binomio a suo modo inossidabile perché è l’intera nostra percezione del mondo ad essere, per sua propria natura, audiovisiva. Ma la coppia prodotta in queste nozze al di fuori del tempo e dello spazio è strana, apparentemente male assortita. Sicuramente squilibrata in quanto a rapporti di forza.
E questo perché l’Uomo è da sempre abituato a ragionare molto in termini di immagini e poco in termini di suoni. L’immagine è una realtà gestibile e razionalizzabile, governabile: Non mi piace ciò che vedo? Posso sempre chiudere gli occhi! Non lo stesso posso fare se non mi piace ciò che sento perché noi siamo immersi nel suono e le orecchie non hanno palpebre. Ai suoi livelli più profondi è una vibrazione che entra nelle nostre viscere, scuote le nostre pance. Avete mai provato a tapparvi le orecchie in una discoteca?
Del resto, nota il saggista, siamo molto più competenti sulle immagini che non suoi suoni. Non ci mettiamo nulla a distinguere tra due volti o tra due cani (a meno che non soffriamo di agnosia visiva, ma qui siamo dalle parti della rarità). Ben altro discorso distinguere tra due latrati!
Così anche al cinema a contare di più è sempre l’immagine. A nessuno verrebbe in mente di rigirare una scena perché a calpestare un’altra pozzanghera potrebbe venir fuori un suono più bello. Abbiamo sempre l’impressione che tutto ciò che concerne il suono possa essere risolto poi, in studio. In fondo ci siamo inventati un lavoro come quello del sound designer che avvera tutte le nostre fantasie più sfrenate.
Su queste premesse Jullier compone una storia del cinema sonoro per molti aspetti inedita e non solo perché ci aiuta a scoprire che il Napoleon di Gance oltre ad essere passato alla storia per essere stato il primo film multischermo della storia del cinema era primatista anche per aver sperimentato le possibilità del dolby sistem.
Dopo un primo capitolo storico ed “antropologico”, lo studioso entra di peso nella pragmatica del cinema ed affronta da par suo, il problema del fare suono nel cinema. Il mestiere.
Ma i capitoli più belli restano il terzo ed il quarto che si avventurano verso il senso dell’estetica e trasformano l’artigianato in arte.
La seconda parte del volume, infine, sposta l’attenzione sull’analisi di singole sequenze e gioca su qualche parca, veloce, ma affascinante intervista.
Un libro necessario per chiunque voglia saperne di più dell’audiovison.
Autore: Laurent Jullier
Titolo: Il suono nel cinema
Editore: Lindau
Collana: Strumenti - Cahiers du Cinema
Dati: Pag. 96; numero 83 ill. b/n
Prezzo: 12,80 euro
Anno: 2007
webinfo: Sito Lindau
