Libri - John Cassavetes

“Ha inventato l’idea stessa di cinema indipendente. La sua produzione, così coerente e refrattaria a ogni compromesso, ha rappresentato un’inesauribile fonte d’ispirazione per cineasti di tutto il mondo. Il suo stile asciutto, diretto e nervoso gli ha permesso di scavare meglio di chiunque altro tra le emozioni e i turbamenti dei suoi personaggi”.
Così recita l’abstract stampato sul retro del testo dedicato ad uno dei più grandi cineasti della storia del cinema mondiale: John Cassavetes.
E non fatichiamo a ritrovarci in una definizione che sintetizza al meglio il percorso di un uomo particolare, un artista straordinario che ha saputo creare un modo unico e inimitabile di fare cinema, qualcosa di assolutamente indefinibile al cui cospetto non si può che reagire con un religioso silenzio. Il cinema di Cassavetes è infatti l’espressione più intima del fare artistico, un insieme di scelte che possono piacere o non piacere, disturbare o catturare definitivamente lo spettatore senza mai lasciarlo però nell’indifferenza. Esso basa la sua essenza sulla poeticità e la concretezza dell’happening, concepito quale strumento catartico attraverso cui l’essere umano riemerge dall’offuscamento della mediocrità per rivendicare il proprio diritto alla vita. Inteso come un rito nel senso più ampio del termine esso viene costruito dal regista con una tale perfezione da non lasciar scampo alla visione dello spettatore; solitamente elemento attivo nel cinema cassavetesiano, tirato per la giacca, invischiato con la e nella messa in scena minimalista, eroso dalla rappresentazione di una farsa scenica calibrata, quasi sempre attenta a procedere sulla sottile linea che divide il realismo della quotidianità dalla teatralità dei gesti. Un dualismo, d’altronde, che da sempre affligge l’essere umano e che chiunque, nel bene o nel male, è costretto a dover gestire nel corso della propria vita. L’asfissia creata ad arte dall’architettura visiva del maestro newyorkese, dall’utilizzo di un sonoro sempre molto intelligente e da una ininterrotta occlusione dei soggetti (o dei caratteri, o delle maschere) indagati, risulta un elemento di magnifica estraneità dell’arte cassavetesiana. Una sensazione unica che non lascia scampo ad alcuno e che costringe soprattutto lo spettatore ad una apnea fruitiva unica, a tratti delirante, quasi sempre appassionante.
Tale esperienza potrebbe essere in un certo senso accostata al libro realizzato dall’autore Sergio Arecco per conto della casa editrice Il Castoro, in quanto nell’analisi della struttura del testo emerge una altrettanto visibile estraneità rispetto alla impostazione classica dei volumi monografici della storica collana. Una impaginazione diversa che sembra risentire dell’asfissia precedentemente descritta e porsi in scia della particolarità di un autore considerato da sempre estraneo alle logiche dello studio system e dello show business. Nel rispetto forse di questo ruolo da outsider, Arecco sembra voler tentare la strada del componimento “asfissiante”, che non lascia alcuna possibilità al lettore se non quella di rimanere immerso in un mondo tutto da scoprire. La diversità, rispetto a tutti gli altri libri della collana deriva infatti dalla eccessiva frammentazione testuale imposta dall’autore. Ogni parte, ogni elemento, ogni film soprattutto, viene maniacalmente frazionato in più parti, in modo da comporre un mosaico di segmenti, teso alla creazione di una sapiente alternanza tra racconto e analisi, tra cronaca dei fatti e intervento critico sull’oggetto. La sinossi solitamente restituita dai volumi del Castorino in maniera compatta in questa occasione, subisce una violazione dopo poche frasi dall’inizio del paragrafo, una deflagrazione indotta con l’unico obiettivo di far interagire l’essenza di ogni singola storia con l’evidenziazione della poetica che la sottintende.
Ciò che Arecco riesce a fare, dall’alto della sua esperienza e della sua incontrovertibile lungimiranza, è una architettura in cui la storia deve necessariamente andare a mischiarsi con l’analisi per dimostrarsi ad ogni livello l’elemento portante di un modo di fare cinema iperrealistico, proprio come reclama Cassavetes. Essa è un fattore non semplicemente relegato a mera informazione nel libro ma, al contrario, talmente fondamentale da essere frammentato esso stesso con l’unico scopo di cogliere la poliedricità, i particolarismi e le minuzie di un tocco unico come quello di Cassavetes. Un tocco così lontano da intellettualismi e stilemi frivoli e così vicino in realtà ai fatti, alle vite, alle storie semplici della gente comune (o quasi). Già da ciò ne deriva il giudizio positivo su un’opera intensa, suggestiva quanto l’oggetto indagato, meticolosa, puntuale in ogni parte. Scritta in una maniera che potremmo definire senza problemi esemplare, l’opera di Arecco è precisa nel ripercorrere le tappe principali di una carriera intensa, catalizzando l’attenzione sulla destrutturazione dell’intera opera cassavetesiana, svolta, come difficilmente si riesce a vedere in altri testi del genere, a stretto contatto di gomito con l’oggetto stesso, seguito in progressione ed in progressione scansionato con una intensità impressionante ed un utilizzo del linguaggio magnifico. Lo stile work in progress adoperato per l’occasione dall’illustre autore riesce nell’intento di portarci nel cosmo cassavetesiano, farci entrare dalla porta principale e presentarci gli esagerati personaggi di quel mondo, quel carnevale di tipi e caratteri splendidamente restituiti dall’anarchica macchina da presa.
Attimo dopo attimo, personaggio dopo personaggio vengono così passate in rassegna tutte le principali istantanee create dal suo cinema, gli splendidi frammenti di vita pura prodotti, le particolari e infinite sfaccettature dell’animo umano. Non sfugge niente allo sguardo dello studioso, il quale con profondo spirito partecipativo si immerge egli stesso nel contesto attraverso una verbosità mai banale e sempre sopraffina. Quasi quanto le infinite dissertazioni residenti nei film di Cassavetes. Come è ovvio, Arecco lascia molto spazio allo studio introspettivo dei personaggi, al rapporto dialettico tra loro, alla congiunzione di emozioni contrastanti e, infine, al rapporto dualistico tra essi e la macchina da presa. Tutto a discapito di una analisi formale il cui unico compito consiste nel registrare l’orgoglio di un cinema diretto che non apprezza interventi sulla propria struttura. D’altronde essa è secondaria in questo cinema emozionante, ciò che conta è cogliere l’essenza della vita e Arecco, ben consapevole di ciò, si pone proprio in direzione di una perlustrazione continuativa delle infinite scene cassavetesiane. Pronto a coglierne la vera essenza e a sottolineare, a beneficio del lettore, ogni più piccola smorfia del personaggio di turno.
Un lavoro meticoloso e dettagliato, sempre concentrato sulle pieghe dell’oggetto, mai distratto da eventuali compiacimenti o intellettualismi snobistici. Un libro che meriterebbe di essere letto più volte nel corso di una vita, non solo per amore di Cassavetes ma anche per la passione nei confronti dello studio analitico, della scrittura di settore in senso stretto. Qualcosa di unico probabilmente, di difficilmente eguagliabile, che siamo convinti appassionerà il lettore (specializzato e appassionato) come poche altre opere sanno fare. D’altronde quando la bellezza e l’estetica si uniscono alla narrativa cinematografica il risultato non può che essere entusiasmante.
Autore: Sergio Arecco
Titolo: John Cassavetes
Editore: Editrice Il Castoro
Collana: Il Castoro Cinema n°82
Dati: 152 pp, brossura, 155 fotogrammi b/n
Anno: ed. aggiornata 2009
Prezzo: 13,50 €
webinfo: Scheda libro sul sito Castoro Editore
