Libri - John Ford. Un pensiero per immagini

La Settima Arte non sarebbe stata la stessa senza John Ford, emblema del cinema americano classico, prolifico cantore di epopee western sulla soglia fra storia e mito, e malinconico osservatore di mondi al tramonto (dall’Irlanda schietta e tradizionalista delle origini all’aurora dei pionieri). Eppure, al di là della rappresentazione spesso monocroma circolante nell’immaginario collettivo, vi è un autore dalla poetica complessa e sfuggente, tragica e grandiosa, un creatore di immagini che si muovono sull’onda di una sintesi perfetta di forma e contenuto, rivelatrici, al pari di quanto accade nel cinema di Griffith e di Ejzenstejn, di un’indissolubile fusione di etica ed estetica. Il saggio di Toni D’Angela si propone di indagare il cinema fordiano nelle sue pieghe, decostruendone meticolosamente temi e luoghi per aprirlo ad un dialogo fecondo con i filosofi e i pensatori che hanno costruito i tasselli del nostro contemporaneo, consapevole ed inconsapevole, abitare il mondo (da Adorno a Deleuze, da Benjamin a Baudrillard). Un viaggio affascinante e inedito che non sceglie un percorso cronologico o semplicemente tematico, ma rintraccia l’evolversi e l’attorcigliarsi del pensiero di Ford, senza mai perdere di vista il necessario riferimento alle immagini, alle icone, agli eroi e agli uomini che popolano il suo cinema.
Subito incontriamo Ombre rosse, forse ancora oggi il più celebre western di Ford, leggendario viaggio in diligenza nello scenario infuocato della Monument Valley, film che, fin dal suo primo apparire, ‘fa epoca’ assurgendo ad un ruolo paradigmatico, tanto che uno dei maggiori ammiratori di Ford, Orson Welles, raccontò di averlo visto una serie innumerevole di volte: «Volevo imparare a girare un film,e quello è così classicamente perfetto». ‘Ombre rosse’ è letto e rivisitato in controluce, e trova il suo ideale controcanto in un western non riconciliato qual è ‘Sentieri selvaggi’, destrutturato percorso a ritroso che si colloca ormai oltre i confini del classico, e getta le basi fondative del western moderno (i cui discepoli ribelli saranno Mann; Peckinpah, Boetticher). Nell’apparente naturalezza dei raccordi, nell’uso sapiente dello spazio-tempo, Ford plasma la forma, costruendo il punto di vista e mettendo in scena lo scontro fra natura e storia, fra civilizzazione (selvaggia) e valori primordiali, collocando sulla scena personaggi che racchiudono in sé l’etica dell’intera comunità (il Tom Joad di ‘Furore’, in viaggio verso la fertile California, dopo che la speculazione affaristica ha ridotto alla fame la sua famiglia) o ne sono inesorabilmente (auto)esclusi, come appunto accade al rude Ethan Edwards di ‘Sentieri Selvaggi’.
Che si tratti dei farmers espropriati, della regina di Scozia spodestata (la luminosa Mary di Katherine Hepburn) o dell’irlandese braccato (il Gypo Nolan dell’espressionista ‘Il traditore’), Ford mette in scena la difficoltà di costruire la propria identità, schiacciati dal peso incombente della storia e della contingenza, tra il desiderio di gloria (la commedia ‘Bill sei grande’) o l’indesiderabile uscita da un alienante anonimato (l’insolito personaggio di Edward G. Robinson in ‘Tutta la città ne parla’, impiegato modello che scopre di avere, suo malgrado, lo stesso volto di un famigerato gangster). Il mito della Frontiera si stempera negli ultimi film in cui i cavalieri solitari devono cedere il passo alla politica degli uomini d’ordine che vestono all’europea, mentre piano piano il deserto si trasforma in un giardino, come accade ne ‘L’uomo che uccise Liberty Valance’, dove il successo del senatore Stoddard (James Stewart) si fonda su una menzogna travestita da leggenda e il rude Tom Doniphon (John Wayne) preferisce allontanarsi e perdersi, rinunciando alla civiltà e all’amore di Hallie. Eppure l’aria che si respira nei film di Ford non è mai ingenuamente nostalgica, ma rivela un desiderio potente, e spesso frustrato, di incontro con l’altro e di riconciliazione con un mondo perduto, di ritorno a una tradizione modellata sempre di nuovo, come in ‘Un uomo tranquillo’, dove il protagonista cerca di sfuggire a se stesso, abbandonando l’America e la carriera di pugile per ritrovare l’Irlanda dei racconti della madre.
Affidandosi più agli strumenti della filosofia e della semiotica che a quelli della critica specialistica (ma non mancano le rigorose analisi testuali), il saggio di D’Angela è quindi un’affascinante rivisitazione del cinema di Ford, indagato nelle sue necessarie relazioni con il contesto culturale, politico e storico, rispetto a cui l’opera dell’autore funge da laboratorio dinamico e infinitamente variegato.
Per approfondire:
La recensione di Close Up del libro IL WESTERN: IL VERO VOLTO DEL CINEMA AMERICANO
La recensione di Close Up del libro IL WESTERN DI ANTHONY MANN
Autore: Toni D’Angela
Titolo: John Ford. Un pensiero per immagini
Editore: Unicopli
Collana: Contaminazioni
Dati: 250 pp
Anno: 2010
Prezzo: 15,00 €
webinfo: Scheda libro su sito Unicopli
