Libri - La ragazza della porta accanto

Nell’ottobre del 1965 un ragazzino la cui voce non era ancora completamente diventata adulta, chiamò la polizia da un telefono pubblico di un quartiere povero di Indianapolis. Con poche parole strozzate dall’ansia e dalla paura, il piccolo dichiarò che al 3850 di East New York street una ragazza era morta. Lo scenario cui si trovarono di fronte i poliziotti accorsi a seguito della chiamata anonima, però, era ben più terrorizzante di quanto le parole del bambino potessero lasciar supporre. Perché nessuno si aspettava di trovare il cadavere di una sedicenne reso scheletrico da lunghe privazioni e letteralmente disseminato da tutta una serie di piccoli tagli e bruciature inferte con sigarette. Sul ventre della piccola erano, poi, state incise a sangue delle parole: “Puttana e fiera di esserlo”. La ragazza doveva essere stata segregata nella stanza in cui fu trovata per diversi mesi, nell’indifferenza di un mondo che non si accorse o finse di non notare la sua assenza. Il mostro dietro a questo delitto aveva un nome ed un cognome, Gertrude Baniszewski, una trentasettenne cui era stata affidata la custodia della ragazza e della di lei sorella affetta da polio e, quindi, impossibilitata a muoversi e a fuggire. Ma la donna non aveva agito da sola. Ad aiutarla nelle torture, ad infliggere quei piccoli tagli, a recare violenza ed umiliazione, c’erano stati quasi tutti i bambini del quartiere che avevano scambiato la tortura per una forma più elaborata di gioco. Del resto ogni loro azione era pur sempre leggittimata dalla supervisione costante di una donna adulta.
Questi i fatti. Realmente accaduti. Tragici. Ed enigmatici. Perché al primo moto di sdegno che ci prende quando ne leggiamo, poi subentra la riflessione, il pensiero, la caccia ai responsabili veri di un delitto tanto atroce. E, soprattutto, la ricerca delle vittime. Perché risulta chiaro che tutti quelli che presero parte al massacro e alle torture sono a loro modo anche vittime dell’orrore. Non occorre essere buddhisti per pensare che chi compie il male, se lo cuce poi addosso per sempre e che le parole incise su quel ventre restano incise anche nella mente di chi le ha scritte. Quel branco di bambini carnefici è, al tempo stesso, un branco di vittime lasciate a confrontarsi con quanto hanno fatto o non fatto. Guardare negli occhi il dolore non lascia mai vergini ed innocenti.
Jack Kethcum diciotto anni fa lo sapeva e, nel dare alle stampe un capolavoro come La ragazza della porta accanto, se ne faceva carico come uno che sente di doversi prendere sulle spalle il peso degli orrori del mondo. I fatti realmente accaduti sono, però, una mera fonte di riferimento (dire ispirazione è ricorrere ad un termine abusato e troppo gentile se rapportato alla storia narrata). La fantasia dello scrittore, mossa in primo luogo dallo sdegno e dalla rabbia (i due punti cardinali che guidano ogni virgola di questo breve, asciuttissimo romanzo) va oltre i meri dati di fatto. E non solo perché la vicenda viene retrodatata agli anni ’50 del maccartismo e della paura comunista (due elementi che rendono più digeribile l’indifferenza del mondo adulto al dramma che si consumava in uno scantinato), ma anche perché vengono innestati nella triste vicenda motivi autobiografici che ingentiliscono alcune pagine d’una strana patina di nostalgia e di dolcezza.
La vicenda di un gruppo di bambini che perdono l’innocenza e si scoprono novelli guardiani da campo di concentramento si allarga e si ribalta sul contesto di un’America che si avvia a mandare le sue truppe in Vietnam e comincia a caricare le armi con le quali verranno ammazzati Martin Luther King e Kennedy.
È l’anima nera del sogno americano quella che interessa a Ketchum. Un mondo dove i bambini si divertono a torturare gli insetti del giardino (con un piacere assai simile a quello che proveranno nell’infliggere tagli ad un’adolescente legata ed imbavagliata) e dove i giochi si portano addosso un che di malevolo ed indefinibile.
Un mondo a dirla tutta già malato in cui i valori non vengono più trasmessi dalla famiglia (quella del piccolo David è di fatto allo sfascio viste le continue avventure erotiche del padre), ma restano appesi nelle abitudini.
Un colpo di genio davvero notevole del romanzo sta tutto nel fatto che la lezione sulla connivenza e sulla corresponsabilità ad un crimine non venga da un poliziotto o una maestra di scuola elementare, ma proprio dal mostro sanguinario che già preparava lo scantinato ad accogliere l’orrore. Una lezione dura per bambini che, pur non commettendo in prima persona certe atrocità non hanno, comunque, fatto nulla per impedirle.
Così La ragazza della porta accanto, sempre molto attento nel rendere la statura da eroina tragica alla piccola costretta al supplizio per amore della sorellina, diventa in corso d’opera un piccolo pamphlet su quanto sia facile diventare conniventi con il male quando questo si fa stranamente vicino e quotidiano.
Ketchum è un maestro nel descrivere l’ambiguità dei piccoli mostri che popolano le sue pagine. Mette insieme i primi turbamenti sessuali dei ragazzi al senso di potenza che deriva dall’avere alla propria mercé un corpo caldo e così facilmente corruttibile. In ogni pagina c’è l’orrore e la fascinazione per l’orrore. L’autore guarda i suoi piccoli ragazzi e si tiene lontano dalla tentazione di farne semplici mostri per letteratura di genere. Di ognuno coglie sguardi e timori, ansie e paure, eccitazione e desiderio. E per ognuno compone un piccolo Requiem sulla loro irreversibile perdita di ogni forma di empatia e compassione. Su tutti svetta David, l’io narrante che rievoca a distanza di tempo e di spazio (è il vicino di casa) le tristi vicende di una ragazza che compì il solo peccato di rimanere se stessa. È lui il campione di un’ambiguità ancor più grande dal momento che il personaggio perde la sua empatia con la povera torturata solo in pochi momenti, ma per il resto si dibatte in un’irrisolutezza che potrà solo trasformarsi, col tempo, in un senso di colpa inestinguibile come sete nel deserto.
La ragazza della porta accanto è, quindi, un romanzo d’orrore e di dolcezza. Uno sguardo acuto su Happy days che non erano così felici, né così colorati. Ma soprattutto è un ritratto, a sangue, del dolore. Un dipinto fatto col pennello intinto nei colori acidi della rabbia e lasciato ad asciugare nel vento di un’inesausta, imprevista, incomprensibile malinconia.
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Autore: Jack Ketchum
Titolo: La ragazza della porta accanto
Editore: Gargoyle books
Dati: 296 pp
Anno: 2009
Prezzo: 17,00 euro
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