Libri - Marlon Brando - Quando il desiderio si fa uomo
Interpretare una figura chiave della storia quasi mitologica del divismo cinematografico da un punto di vista psicanalitico, può procurare un piacere e un interesse inusuale verso personaggi che, calati giù dall’empireo dell’immaginario collettivo e spogliati dal culto epico e romantico dell’Ideale maschile o femminile, acquistano una dimensione intima, segreta, da teatro kammerspiel, con ambientazione nell’anticamera della psiche di un essere umano, del quale all’inizio del viaggio possiamo vedere solo la proiezione gigantesca e luccicante (magari in bianco e nero) e alla fine, una più proporzionata e autentica versione. Quest’ultima, pur non consentendoci di comprendere la persona nella sua complessità, ci da l’opportunità di andare oltre l’immagine mitica.
Marlon Brando riassume in sé, con cristallina precisione, il progetto che sta alla base di questo saggio di Eva Gerace: scaturito non da un’esigenza autobiografica e neanche da una lettura critica della carriera immensa di quello che è stato identificato come il più importante e influente esponente del metodo Actor’s Studio - vale a dire la leggendaria scuola fondata alla fine degli anni Quaranta a New York da Lee Strasberg e Elia Kazan e da cui è uscito il gotha del cinema e
del teatro americani per almeno quattro generazioni.
Ma non si parla tanto del processo che portò Brando a diventare un attore così grande e ammirato e non si sprecano parole sul suo approccio alla recitazione e ai memorabili personaggi cui ha dato vita
sul palcoscenico e sul grande schermo. Tutta la struttura del libro si articola intorno ad un movimento che Marlon\Bud - nella lettura
psicanalitica che ne fa la Gerace - comincia a compiere fin dall’infanzia e che ha come fine ultimo il raggiungimento dell’oggetto del
suo Desiderio, che prevede un doloroso processo di superamento del conflitto con la figura paterna e di consapevolezza dell’impossibilità
di possedere la figura materna. L’emblematicità del padre e della madre di Marlon, in questo senso (ci dice la Gerace), è indicativa della tensione
e dell’aspirazione che hanno portato Brando a diventare da ribelle disadattato, dislessico, insofferente all’autorità a Divo amato, riconosciuto, celebrato nelle ritualità della rappresentazione scenica dove le sue pulsioni distruttive hanno trovato una forma e un’espressione per rigenerarsi in una forza costruttiva che ne ha alimentato il mito e lo ha reso un modello.
E se l’omonimo genitore maschile era un ubriacone egoista, ipocrita e puttaniere, che non si conteneva nell’esprimere al figlio adolescente la sua disistima con frasi come Sei un buono a nulla! , la madre Dorothy, la cui equivalente dipendenza dall’alcool viene ricordata da Brando in una maniera meno rancorosa, ma più dolorosa e struggente, ha saputo riconoscergli quel talento e quella capacità che segnerà in positivo la sua vita. Questo ragazzo sa recitare, ella disse, dopo averlo visto a una recita natalizia alla scuola militare dov’era stato spedito per correggere il suo carattere indisciplinato.
La potenza delle frasi, delle parole, dell’utilizzo della parola come strumento-portatore della conoscenza, del sapere e, di conseguenza, dell’emancipazione da uno stato regressivo di negazione a uno stato di accettazione, di desiderio di andare e di prendere il proprio avvenire è un altro tratto fondamentale ricostruito nella formazione di Marlon, come nell’incontro con la poesia di Shakespeare, che colma o spinge ad un bisogno di compimento quelle deficienze fonetiche date dalla dislessia e da una disimpiego del dialogo nella giovinezza solitaria. Nei suoi andirivieni temporali all’interno degli stati psicologici ed emotivi di Brando, l’autrice non perde mai le linee guida della sua inchiesta dell’anima e della mente, e se immaginassimo una sorta di costruzione piramidale realizzata dai concetti-simbolo di tutta una vita, alzando gli occhi verso la cima della piramide troveremmo una parola a capeggiare a cararatteri cubitali: DESIDERIO.
Per la Gerace tutta l’esistenza di Brando è stata attraversata dalla volontà di introiettare in sé la pulsione al desiderio, di trasformarsi da soggetto che vuole essere compiuto, amato, e integrato nell’Altro, a soggetto che desidera, che ha superato, freudianamente
parlando, la castrazione, l’idea di mancanza e di indeterminatezza, di limitatezza contro l’Assoluto.
Probabilmente, e senza volerlo, la Gerace fa apparire Marlon
ai nostri occhi come un altro tipo di Paladino o di Eroe, che combatte in nome dell’emotività dilaniata di tanti uomini e tante donne per vincere sul campo di battaglia dei fantasmi del proprio passato, della propria psicologia, del contesto sociale e culturale in cui siamo generati e spesso siamo indifesi, vulnerabili, spezzati.
Perchè in fondo, Marlon ha sempre dato l’idea di averla in qualche modo vinta, quella battaglia, e ogni sua apparizione cinematografica non era altro che la manifestazione fantastica e sognante, sovrapposta e sovraimmaginata del suo Io inquieto, che si incarnava nel DESIDERIO stesso (da cui il titolo del saggio Quando l’uomo si fa desiderio), alternando le cicatrici alle medaglie, i momenti di trionfo alle sconfitte senza consolazione (il suicidio della figlia Cheyenne), sotto il segno dell’ambivalenza, se non dell’ambiguità, e sempre con un atteggiamento di intensa, totalizzante voracità verso la vita. Voracità e oralità sono altre parole fondanti nella personalità di Brando e la Gerace ne coglie il significato nel rapporto di Marlon con il cibo, utilizzato come puro mezzo di piacere e di godimento infantile e sintetizzato dall’immagine del Brando bambino davanti al frigorifero nella cucina della casa ‘svuotata’ dall’assenza della madre e riempita e invasa dalla torta di mele che la stessa madre aveva lasciato come surrogato della sua presenza.
E il cibo rimarrà il veicolo, più che il surrogato, per ricongiungersi alla madre: a quel lato puro, innocente, incontaminato, che lo portavano a commuoversi davanti all’immagine del bambino sioux in Balla coi lupi. Solo l’averci fatto catturare questo momento anomalo, dona una tenerezza e una magia unica a questo breve saggio, che si legge in una maniera disarticolata, credendo di aver capito tutto, ma alla fine rimettendo tutto in discussione, dicendo tanto e di più di una biografia tradizionale. Perchè Marlon non viene proiettato sopra una parete, ma si attacca, con le sue parole, al cuore e al pensiero.
Autore: Eva Gerace
Titolo: Marlon Brando - Quando il desiderio si fa uomo
Editore: Città del Sole
Collana: Arte e Psicanalisi
Dati: 71 pagine
Prezzo: 8 euro
Web info: Sito Città del Sole Edizioni