Libri - Sergio Leone. L’America, la nostalgia e il mito

Sergio Leone. L’America, la nostalgia e il mito. Già dal sottotitolo di questo interessante lavoro scritto dal bravo saggista e critico Roberto Donati è possibile percepire la finalità di un’analisi particolareggiata, che vuole andare ad indagare l’universo dell’autore romano nelle sue componenti essenziali. Quelle che, a detta di tutti, hanno contraddistinto in modo evidente una maniera di fare cinema innovativa, unica e geniale. Ispirata dalla passione per un’arte divorata da un regista onnivoro e, allo stesso tempo, fonte d’ispirazione di un postmodernismo che continua ancora oggi a sfornare figli legittimi, meno legittimi, ricalcatori dell’ultima ora, adepti raffinati o mestieranti nostalgici. L’approccio di Donati allo studio di uno degli autori maggiormente riconosciuti dentro e fuori i confini del nostro paese, non è però propedeutico ad una perlustrazione a 360° perché prende avvio da una base di lavoro che esclude parte della filmografia leoniana (la "trilogia del dollaro") per concentrarsi prevalentemente sull’altra trilogia. Quella della maturità artistica. La cosiddetta “trilogia del tempo”, come è stata più volte definita da quella stessa critica che, dopo avere inizialmente snobbato il talento dell’autore trasteverino lo ha invece ripagato (e con gli interessi) nel tempo con la preziosa moneta del ricordo e delle parole (quelle dei saggi, degli studi, degli scritti a lui offerti). Il testo di Donati dimostra di sapersi muovere con buona disinvoltura tra la fitta giungla di riferimenti, lavori e relazioni dedicati all’autore in questi anni, ritagliandosi uno spazio di esclusività in un panorama letterario affollatissimo e per questo rischioso. La passione dell’autore, la sua predisposizione all’indagine meticolosa, nonché l’esclusività di certe fonti gli consentono di completare un testo particolarmente interessante, ricco per le sue innumerevoli informazioni ma anche profondo nella sua capacità di scoperchiare il mito di un autore complesso con la precisione dell’analisi testuale. Attraverso questo strumento Donati passa in rassegna i tre film della trilogia, C’era una volta il West, Giù la testa e C’era una volta in America, badando a tenere unite le tre sezioni a loro dedicate con il filo rosso della tradizione leoniana.
Il principale obiettivo (ed è qui che il suo lavoro si distanzia dai lavori sin qui dedicati all’autore romano) del testo di Donati risiede nella ricerca di rendere viva nella mente del lettore la componente nostalgica che invade e corrode da dentro tutti e tre i film, nonché sottolineare come il mito dell’arte cinematografica, con la forza unica emanata dal fotogramma, dal quadro, dal movimento, dalle carrellate, dal primo piano, dal dettaglio e dal fascio di luce che invade lo schermo, fosse sempre al centro del processo artistico di Leone (un regista non scrittore capace di pensare il film quasi esclusivamente per immagini), insieme, ovviamente, al ricordo sempre vivo in lui di Ford e del suo cinema, del western, del Sogno americano e della Frontiera. Di quella America cioè che egli ha contribuito a mettere a nudo più di tanto cinema americano, che ha spogliato davanti al mondo intero per mostrarne sia i difetti più evidenti sia l’imponenza di una struttura mastodontica. L’America che ha amato e quella che ha odiato, l’America nobile e democratica, quasi cavalleresca contro quella cialtrona, truffatrice e infingarda dei suoi personaggi più controversi.
In questa prima parte il testo di Donati appare particolarmente rigido e inquadrato, risponde ad una professionalità che non lascia spazio alle frivolezze ma che pretende egualmente di catturare il lettore tramite una scrittura articolata e mai superficiale, riferimenti meticolosi, collegamenti puntuali e tesi interessanti. Nella seconda parte invece, che segue la postfazione di Italo Moscati, Donati si libera della rigidità imposta dal dovere analitico per regalarci una serie di interviste, molto più agili nella forma e nella sostanza, realizzate ad esperti del cinema di Leone, a critici cinematografici e a vecchi collaboratori del Maestro romano. Conversazioni più che interviste, attraverso le quali emerge un ritratto articolato del Leone professionista, del Leone cinefilo e del Leone uomo che sorprenderà senza dubbio il lettore appassionato. La bellezza di questa sezione risiede proprio nello stile dei dialoghi e nell’impronta data alle varie conversazioni, sempre tese alla scoperta del lato nascosto, alla discussione, al ripensamento piuttosto che all’esaltazione gratuita. Le testimonianze degli sceneggiatori Sergio Donati, Luciano Vincenzoni, Franco Ferrini, degli assistenti alla regia Giancarlo Santi e Luca Morsella, del maestro Ennio Morricone, del mitico suonatore d’armonica Franco De Gemini e dell’altrettanto leggendario fischiatore Alessandro Alessandroni compongono un mosaico gustoso della figura leoniana prevalentemente incentrato sul ricordo e sulla nostalgia, quella per un cinema che non c’è più e che difficilmente tornerà; quella per un uomo forse eccessivamente brusco, intollerante, forse cattivo e meschino nei rapporti interpersonali ma comunque vero, gagliardo, tenace; ma soprattutto quella per un autore inarrivabile, molto più sofisticato di quanto non dimostrasse in realtà quella sua “panza” rassicurante e quel gergo triviale, popolaresco mai svenduto al potere del successo e dei soldi.
Quello stesso gergo, quella stessa prepotente efficacia dell’eloquio rivive oggi quasi per magia nelle interviste realizzate dall’autore con i collaboratori di Leone, tutti differenti tra loro, tutti molto diretti nel rapporto con l’intervistatore e tutti molto commoventi nel ricordo sincero, sentito, appassionante (anche se sempre chiaroscurale) regalato a quello che era e che sarà sempre il loro Maestro di cinema. Completano infine la ricca opera di Donati le interviste ai critici Luca Beatrice, Antonio Monda, Carlos Aguilar, le stupende testimonianze di Roberto Torelli (è forse la sezione più avvincente quella dedicata al ricordo del curatore della rassegna “C’era una volta il cinema di Sergio Leone”) e del biografo Christopher Frayling, nonché quella preziosa rilasciata da una “devota” Claudia Cardinale che anticipa le altrettanto meravigliose illustrazioni di Luca Zampetti, il cui tratto raffinato ripropone per l’occasione fotogrammi di cinema leoniano intensi e unici (le opere di Zampetti sono in mostra alla First Gallery di Via Margutta, 14 a Roma, fino al 20 febbraio 2010). Ennesime perle, quest’ultime, di un testo che, come ha avuto modo di sottolineare Lizzani nella prefazione che lo introduce, è un’occasione ghiotta per il cinefilo, ma anche per l’appassionato di cinema in generale, preziosa sia per quei colleghi che hanno vissuto la sua stagione, sia per quei giovani che oggi vogliano capirne e apprenderne il dettato. Quello, ovviamente, lasciato in eredità dal cinema mitico di Sergio Leone.
Per approfondire:
QUI la recensione del libro Lindau Sergio Leone - Quando il cinema era grande
QUI la recensione della monografia Sergio Leone, Castoro Cinema
QUI la recensione del Dizionario del western all’italiana, Oscar Mondadori
QUI la recensione del libro Così insegnai a Charles Bronson ad impugnare l’armonica, Beat Records
Autore: Roberto Donati
Titolo: Sergio Leone. L’America, la nostalgia e il mito
Editore: Edizioni Falsopiano
Collana: Cinema
Dati: 256 pp, illustrato
Prezzo: 15,00 €
Anno: 2009
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