Libri - The dark screen

Nel mare magnum delle offerte editoriali in lingua italiana, The dark screen brilla di una luce fosca, ma persistente.
La si vede di lontano, tra i marosi dell’incultura dilagante, che si fa spazio tra le nebbie, indicando al navigante (si spera non imbarcato sul Demeter col suo triste capitano legato al timone da due giri di rosario) una traccia sicura, lontano dagli scogli del naufragio. Segna la rotta quando il cielo è senza stelle (quasi sempre negli horror films) con la pazienza metodica di un lungo, inesausto lavorio notturno fatto quando tutti gli altri dormono e sognano. Incubi probabilmente.
Perché The dark screen, che racconta il mito di Dracula su grande e piccolo schermo (così recita un sottotitolo che non rende poi giustizia alla ricchezza del risultato) ha qualcosa che manca, sin troppo spesso negli ultimi anni, ad analoghi lavori di critica mainstream: l’ambizione al grande affresco, l’anelito alla ricerca, la volontà utopica di porsi, nel corpo del dibattito culturale, come sintesi e punto d’arrivo di tutta una serie di studi che son venuti prima.
Nella pagine di Franco Pezzini e Angelica Tintori ci senti il lavoro certosino di chi spulcia infinite fonti, di chi si confronta con le pagine ingiallite delle riviste, di chi ha già letto il noto ed ora si rivolge anche a quei libri che gli devi soffiar via la polvere prima di aprirli, disturbando la vita di quegli insetti della carta che convivono con le parole stampate sulla pagina confondendosi spesso con esse.
Pur parlando di cinema (e di televisione) il libro dei due saggisti ha un fascino arcano, d’altri tempi. Ha il sapore della dissertazione che si prende i suoi tempi con il gusto dell’oratore che intrattiene i convenuti a suon di argomentazioni sobrie ed eleganti. Si porta appresso, senza troppe sovrastrutture critiche, il peso leggero di secoli di letteratura e di studi. È come un gentiluomo in abito da sera, con attorno ancora il ricordo del sigaro appena fumato, che ha, però, lo sguardo vispo di quegli anziani che non sono rimasti indietro coi tempi, che hanno saputo tener dietro alle innovazioni della tecnologia e del costume. Un po’ come quel Dracula di cui parlano, distinto signore, ma implacabile guerriero, che seduce con lo sguardo e le maniere al tempo stesso un po’ aristocratiche, un po’ zingaresche.
È monumentale il libro di Pezzini e Tintori. Non solo per il numero di pagine, ma soprattutto per la sua vorace esaustività (utopia impossibile visto che i film su Dracula sono virtualmente infiniti e ne escono ogni anno). Un’esaustività che si allarga indefinitamente nei cerchi concentrici che si allargano nell’acqua di quello stagno nel quale Bram Stoker gettò un sasso quando pubblicò il romanzo.
Gli autori seguono con invidiabile perizia ogni possibile divagazione di questo moto ondoso. Indagano le origini del romanzo, confrontandone le pagine con gli abbozzi e con quello strano UrDracula che è il Dracula’s guest, enigmatico racconto che conserva strani legami con il romanzo capolavoro con cui divide personaggi e destini. Segue poi le piste della dimensione spettacolare insita sin nelle pagine stokeriane ripercorrendo la genesi della prima riduzione teatrale uscita poco prima della pubblicazione stessa del volume.
Di qui segue poi gli strani percorsi del mito al cinema, tra le ombre dell’espressionismo e del capolavoro di Murnau (cui sono dedicate alcune delle pagine più convincenti dell’intero volume) e il successivo recupero hollywoodiano.
Nel fenomeno “Dracula al cinema” i saggisti scoprono le linee fondamentali di quattro periodi distinti: l’età delle origini, l’età di Lugosi, l’età di Lee e l’età gothica (entro cui si ascrive anche il gioiello vampiresco di Francis Ford Coppola). La divisione non segue solo l’iconografia imposta al personaggio dai suoi interpreti più famosi (Bela Lugosi e Chistopher Lee), ma si adegua soprattutto ad un’evoluzione dei costumi e del pubblico: un percorso che va dalle magioni verticali e gotiche dell’horror americano anni ’30 (figlio della Grande depressione che vedeva negli immigrati alla Dracula dei pericoli da evitare) alle solide costruzione della Hammer film, razionali come le messe in scena di Fisher.
Dei quattro periodi individuati, i primi tre sono affrontati con invidiabile perizia ed intelligenza, con un accorto uso delle fonti e con una ricchezza argomentativa che non viene mai meno. La quarta, quella cronologicamente a noi più vicina (ed ancora non esaurita e, quindi, non ancora fatta oggetto di sintesi credibili) è meno pregnante nel suo essere un affestallarsi inesauribile di date e dati.
Al di là dei momenti canonici (le analisi dei Dracula classici e figli diretti del romanzo), colpiscono in particolare le pagine dedicate alla Hammer e quelle non meno pregnanti sui vampiri di Jess Franco. Mentre più schematica e meno analitica è la parte dedicata al vampiro sul piccolo schermo.
Una lettura caldamente consigliata.
Per approfondire:
Intervista esclusiva di Close Up ad ANGELICA TINTORI
Autore: Franco Pezzini & Angelica Tintori
Titolo: The dark screen. Il mito di Dracula su grande e piccolo schermo
Editore: Gargoyle
Dati: 695 pp, copertina rigida, illustrazioni in bianco e nero
Anno: 2008
Prezzo: 19,00 €
webinfo: Sito Gargoyle
