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Libri - Varney il vampiro, L’inafferrabile

Pubblicato il 23 settembre 2010 da Alessandro Izzi


Libri - Varney il vampiro, L'inafferrabile

Il secondo volume delle avventure di Varney il Vampiro, quando lo si guarda in una logica prettamente strutturale, ha, paradossalmente la forma di una croce. O, se si preferisce, di più croci accostate tra loro a comporre, per il lettore, un simpatico camposanto vivificato dalla luce della luna.
La cosa, ovviamente, non è stata studiata, né voluta, ma è il frutto degli accidenti del caso che, quando ci mette lo zampino, sa giocare di ironia come un provetto spadaccino che affonda stoccate con la leggerezza di un balletto.
Del resto la vulgata stokeriana che vede il succhiasangue come acerrimo nemico del simbolo della fede cristiana era ancora di là a venire per cui il fatto che il libro sia così pieno di chiasmi suona ironico solo a noi che leggiamo ad un secolo di distanza. Ai tempi della scrittura, questa struttura era solo un artificio per tener desta l’attenzione del lettore seriale con qualche spregio per la credibilità dell’ordito romanzesco e con un pizzico di disprezzo per la credibilità psicologica dei personaggi messi in pagina.
Su questi elementi varrebbe la pena spendere qualche parola prima di lanciarci nella disamina di qualcuna delle croci più grosse o delle lapidi più istoriate che compongono il complesso intreccio di questo romanzo fiume. Il lettore, direbbero gli autori di Varney, ce ne sarà grato perché dentro una selva narrativa (così piace ad Eco chiamare la letteratura tutta) ci si perde se non si ha una bussola a portata di mano.
Intanto una parola sul punto di vista dei narratori messi in campo nel romanzo. Già nel primo volume era palese che la struttura polifonica era un agile strumento col quale si potevano orchestrare immediati colpi di scena. Nel susseguirsi dei vari capitoli non era, infatti, mai agevole capire fino in fondo con quale sguardo fosse osservata la vicenda narrata. Anche qui, nel socondo e più complesso volume, alle volte il narratore aderisce così appieno con uno dei suoi personaggi che non solo ne spia da vicino i gesti e le azioni, ma ne cattura anche i pensieri, le intime emozioni, le parole che gli parlano dritte nella testa e non trovano la strada dell’ugola. Altre volte preferisce uno sguardo più distante, più oggettivo da fustigatore di costumi che cerca la complicità di un lettore che, presuppone, la pensa esattamente come lui. Sicché il racconto passa di mano in mano, di sguardo in sguardo, di voce in voce fino al limite di permettersi di "barare" col suo stesso lettore.
Ne L’inafferrabile, tanto per esser chiari, ci capita per molti capitoli di essere tutt’uno con un personaggio per poi scoprire che, in effetti, era un altro sotto mentite spoglie. La scoperta giunge come un colpo di scena, ma si pone in palese contraddizione con tutte quelle pagine in cui di quel personaggio avevamo ascoltato i più intimi e riposti pensieri. Un colpo di scena possibile in un romanzo dove la descrizione sopperisce alla mancanza di visione, ma che diventa vieppiù incredibile quando si considera che Varney usciva non solo a puntate, ma anche illustrato.
Questo spregio della credibilità del punto di vista, necessario quando si deve prolungare il piacere di un’agnizione per pagine e pagine, non è errore d’autore, ma convenzione di genere e, senza questa precisazione divengono incomprensibili alcuni passaggi narrativi fondamentali. Resi ancor più complessi dall’abbondante ricorso, in questa parte delle avventure di Varney, dal ricorso massiccio a flash-back e rievocazioni di un passato preesistente (in particolare della figura che resta ancora la più sfuggente di tutte: quella di Marmaduke Bannerworth capostipite di tutti i mali della sua innocente famiglia).
Tanto per cominciare, in questa narrazione così affollata di binomi, quello, forse, più imponente è quello che unisce il mite Dottor Chillingworth al perfido vampiro. Ad incipit romanzo Varney ci si era presentato come il perfetto villain. Avido succhiasangue, si era intrufolato nella camera da letto della vergine di turno ed aveva attinto copiosamente dalla giugulare della malcapitata in cerca, lo scopriremo poi, di un tesoro di ingenti proporzioni. Già verso la fine del volume precedente, avevamo notato, come a questa prima presentazione shock del mostro era succeduta, una visione più normalizzata che ce lo rendeva se non buono, almeno più umano.
Viceversa Chillingworth ci si era presentato come il prototipo del buon dottore, senza i contorni già luciferini di un Van Helsing, un medico di campagna, a dirla tutta, coi suoi pazienti ed una vita men che modesta. Con l’avanzare della narrazione i due personaggi subiscono una vera e propria inversione della posizione attanziale. Si scopre così che in gioventù il simpatico chirurgo aveva intrallazzato coi misteri della vita e della morte fino a riportare alla vita un criminale fresco di impiccagione che altri non era che Varney che, da perfetto villain, si ritrova ad occupare la posizione della vittima degli esperimenti di uno che aveva letto da poco il romanzo della Shelley. Chi era carnefice si ritrova sofferente e chi era vittima diventa mostro: primo chiasmo.
Del resto il volume si era aperto con la liberazione di Charles Holland dalla sua prigionia, mentre uno dei suoi carcerieri finiva legato a quegli stessi ceppi: secondo chiasmo. Più avanti il vampiro che era penetrato una prima volta nella stanza della povera Flora in cerca di denaro, vi rientra una seconda volta in cerca di salvezza: terzo chiasmo.
E cos’è se non una croce quella che unisce il destino di una coppia finalmente felice (Charles-Flora) ad un’altra (James-Helen) con Varney nel mezzo a far da catalizzatore ad infinite tribolazioni?
Così, mentre tutti i personaggi cominciano a rivelare implicazioni inaspettate, l’unico a rimanere mostruoso dall’inizio alla fine senza variazioni di sorta è la folla popolare che, non conoscendo ragioni, annienta ogni cosa che spaventa la sua credulità. Anche se, questa volta, ben due resurrezioni ai raggi della luna (se non a croce, perlomeno a specchio e anche con gli specchi, si sa, i vampiri non hanno un buon rapporto) sembrano minare il razionalismo settecentesco che sembra voler fare di Varney un esperimento scientifico più che un vampiro.
Il gioco narrativo è mosso e complesso in un romanzo che fila come un treno facendo il suo dovere: divertire immensamente.


Autori: Thomas Preskett Prest, James Malcolm Rymer
Titolo: Varney il vampiro - L’inafferrabile
Editore: Gargoyle Books
Dati: 520 pp, copertina morbiba con alette
Anno: 2010
Prezzo: 16,00 €
webinfo: Scheda libro sul sito Gargoyle


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