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Marvel’s Agent Carter (Stagione 2) - Teste di Serie

Pubblicato il 9 marzo 2016 da Stefano Colagiovanni
VOTO:


Marvel's Agent Carter (Stagione 2) - Teste di Serie

Daniel Sousa: "E’ un pessimo piano!"
Jarvis: "E’ un piano orribile!"
Peggy Carter: "E’ un ottimo piano!"
- Episodio 2x05, "The atomic job"

Quant’è dura essere l’agente Peggy Carter! Sulla fine degli anni Quaranta, in una società (quella americana) in pieno regime di sviluppo, dominata dall’arroganza del maschio alfa in abito elegante, viso completamente rasato, saccente e alla continua ricerca del successo a colpi di cinismo, non è affatto facile avere la pelle di un colore diverso, figuriamoci essere una donna. Per fortuna che l’agente Carter (Hayley Atwell) non è tipa da lasciarsi intimidire, conosce i punti deboli dei maschiacci che la infastidiscono e non bada a frivolezze di sorta, occupata com’è dal salvare il mondo da scienziati pazzi, organizzazioni terroristiche e megalomani esaltati dall’occulto. E pensare che soltanto i più affezionati fan di casa Marvel la conoscono: Peggy Carter è stata l’amata di Steve Rogers/Capitan America e, per chi faccia difficoltà a ricordarsi di lei, fa ancora in tempo a recuperare Capitan America – Il primo vendicatore.

Una figura ambiziosa, Peggy Carter, coraggiosa e, soprattutto, capace di cavarsi fuori da guai nelle situazioni più estreme, benchè non possegga alcun super-potere, ne patrimoni da capogiro: le sue “armi segrete” rispondono al nome di Howard Stark (Dominic Cooper), eccentrico scienziato miliardario e nonno di Tony Stark, Daniel Sousa (interpretato da un pregevole Enver Gjokaj), ufficiale della Strategic Scientific Reserve (SSR) e, last but not least, mister Edwin Jarvis (a cui presta volto, voce e carisma condito da gentilezza e pudore, il migliore interprete dello show, James D’Arcy), il maggiordomo di Stark (cui il Tony Stark dei giorni nostri omaggia, avendo chiamato, appunto, Jarvis, l’intelligenza artificiale da lui creata).

Lo show, scritto e ideato da Christopher Markus e Stephen McFeely, nacque inizialmente come semplice spin-off del primo lungometraggio su Capitan America, per poi assumere in fase di pre-produzione i connotati di una miniserie, fino a rivelarsi per quello che è e meritare uno spazio tutto suo, ovvero un prodotto di media-alta qualità, pur collocabile in un contesto familiare ai soli show d’intrattenimento; una parentesi raffinata da inserire durante la pausa di metà stagione dell’altro show Marvel di punta, Agents of S.H.I.E.L.D., che, con ogni probabilità, avrebbe attirato solo i più incalliti proseliti del sorridente Stan Lee. Invece, il caso (no, il caso centra poco) ha voluto non solo che Agent Carter producesse ascolti nettamente superiori del partner Agents of S.H.I.E.L.D., ma finisse col rivelarsi un prodotto nettamente più elegante, interessante, divertente e meno elaborato; l’ardore di Peggy Carter nel combattere avversari pericolosi perfino per un supereroe, mentre cerca di svincolarsi tra inetti maschilisti e lotte sociali, ingabbiata in un periodo storico in cui aleggiano gli spettri del nazismo e la Guerra Fredda sembra un parco giochi per spie, assassini e federali corrotti, permette agli sceneggiatori di disseminare indizi (pochi ma buoni) per ricollegare la storyline ai maggiori filoni marvelliani, senza mai esagerare con esperimenti futuristici, mostri geneticamente mutati e morti apparenti.

Basta cambiare ambientazione (in questa seconda stagione la Carter è costretta a salvare il mondo tra le spiagge e i set cinematografici di Los Angeles) per rinnovare con garbo e interesse una prima stagione di soli otto episodi; si tratta di uno show in costume, abile nel restare a galla aggrappandosi ai numerosi riferimenti storici che l’epoca post-depressione americana riesce a offire, ponendosi l’obiettivo di intrattenere lo spettatore con la giusta dose di ironia (spesso profusa dai personaggi più eccentrici), soffermandosi con coraggio sugli aspetti oscuri della società moderna, incapace di aprire gli occhi di fronte all’intraprendenza di un’agente in gonnella o alla sapienza di uno scienziato afroamericano. E se la prima stagione era servita per introdurre il protagonista e tutto il parco dei comprimari, in questa seconda si cerca di indagare più a fondo nell’intricato dedalo gerarchico governativo, preparando il terreno per una terza stagione che potrebbe proiettare lo show verso vette inimmaginabili in fase di creazione (in riferimento a quanto detto, si considerino gli ultimi, scioccanti secondi del finale di stagione, che sottintendono come Agent Carter non debba essere considerato un semplice sfizio per Marvel-maniaci). Quel che è certo è che la golden age della televisione avrebbe bisogno di qualche supereroe rattoppato in meno, per puntare di più sull’incantevole agente segreta Peggy Carter.


(Marvel’s Agent Carter); genere: spy-story, fantascienza, cine-comic; sceneggiatura: Christopher Markus, Stephen McFeely; stagioni: 2 (in corso); episodi seconda stagione: 10; interpreti: Hayley Atwell, James D’Arcy, Chad Michael Murray, Enver Gjokaj, Shea Whigham, Dominic Cooper, Wynn Everett, Reggie Austin, Kurtwood Smith, Lotte Verbeek; musica: Christopher Lennertz; produzione: ABC Studios, Marvel Television, F&B Fazekas & Butters; network: ABC (U.S.A., 19 gennaio-1 marzo 2016), Inedita (Italia); origine: U.S.A., 2016; durata: 60’ per episodio; episodio cult seconda stagione: 2x09 – A little song and dance


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