Il segreto è la longevità e... saper dire di no - Incontro con Tom Hanks
Il primo attesissimo ospite dell’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma è Tom Hanks, uno tra i migliori attori al mondo, protagonista del nuovo film di Ron Howard, Inferno, ispirato ancora a un romanzo di Dan Brown, in cui veste i panni del professore Robert Langdon e dell’ultima fatica firmata da Clint Eastwood, Sully, nella quale il trasformista Hanks impersona Chelsey Sullenberg, pilota-eore che salvò tutti i passeggeri del volo US Airways 1549, ammarato con una provvidenziale manovra d’emergenza sul fiume Hudson, lo scorso 15 gennaio 2009.
In perfetta forma fisica, Hanks si presenta alla stampa pronta ad accoglierlo a suon di applausi in una Sala Petrassi gremita e irradiata dalle luci sbiadite dei riflettori.
L’attore feticcio di Spielberg sorride e ostenta un buon umore invidiabile, a perfetto agio e sempre loquace nel ribattere ai quesiti che gli vengono proposti.
Hanks si concede con facilità verso chi lo interroga sui segreti di una vita professionale così longeva e brillante: “Il segreto è proprio la longevità professionale...solo in questo modo si riesce a lavorare su un numero elevato di film. Le mie sono decisioni professionali prese d’istinto, perchè i film che scelgo, quelli in cui desidero recitare, li scelgo basandomi sull’istinto. Eppure vi posso assicurare che è molto più difficile dir di no a chi propone una sceneggiatura, anzichè accettare...ed è vero che vieni pagato profumatamente e ci sono molti aspetti positivi nella fama che questo lavoro comporta, ma alla lunga, se il proprio interesse si esaurisce presto, risulta difficilissimo perfino alzarsi dal letto per raggiungere il set.”
Da Apollo 13 a Cast away, da Era mio padre a The Terminal e ancora Saving Mr. Banks, Il ponte delle spie, e Salvate il soldato Ryan, Tom Hanks ha ricoperto una miriade di ruoli differenti e, spesso, difficili da elevare a punti di riferimento in una carriera costellata da molti alti e pochissimi bassi. Ma esiste davvero per Tom Hanks il rischio di identificarsi in modo eccessivo con uno o più dei personaggi interpretati? “Certo, esiste il rischio di identificarsi o essere identificato con un certo personaggio e proprio per questo motivo tendo spesso a rinunciare a molte proposte: altrimenti sarebbe surreale venire qui a Roma per presentare l’ottavo capitolo di Cast away...sarebbe tremendo! A prescindere dalla propria identità, bisogna sempre provare a ripartire da zero, ogniqualvolta si inzia con un nuovo progetto. Per fare un esempio molto vicino agli italiani, si pensi a Sofia Loren...lei è stata un’attrice straordinaria, in grado di interpretare svariati personaggi cercando sempre di rinnovarsi, senza mai perdere di vista la propria individualità.”
Ma dietro quella facciata di persona perbene, attore risoluto e spesso incarnazione di ideali nobili e spirito di rivalsa, araldo di un cinema dalla marcata impronta classica, scopriamo che Tom Hanks ostenta (almeno a parole) una lieve difficoltà nel rapportarsi con i personaggi cattivi: “Ho un modo particolare di pormi come personaggio cattivo. Non ho mai sentito il bisogno di interpretare il personaggio cattivo di turno in modo classico, come lo sono gli avversari di James Bond, per fare un esempio. Più che altro, mi interessano le sfumature tra i personaggi buoni e quelli cattivi, perchè spesso nei film gli antagonisti tendono a rappresentare degli archetipi, individui che svolgono solo il loro compito di antagonisti e a me non piacciono questi ruoli: diciamo che mi interessa scavare a fondo, analizzare gli aspetti più svariati della vita, le circostanze, e studiarli.”
Non potevano mancare le allusioni alla campagna elettorale americana e, più in generale, al momento storico che stiamo vivendo. Così Tom Hanks esterna di getto tutta la sua antipatia verso Donald Trump e la frustrazione verso un modo di fare politica non rispettoso della conservazione dei principi democratici: “Ogni quattro anni in America arriva il circo. E’ chiaro che il mondo sta attraversando un momento difficile. Va detto che quando l’America ha affrontato questi periodi non ha mai ricercato dei candidati così autoreferenziali... Non dobbiamo pensare che questo tipo di politica sia la scelta giusta, perchè c’è molta ignoranza e l’ignoranza può essere venduta a piacimento, molto facilmente.”
Quasi al termine della conferenza, Hanks riserva una parentesi accorata e molto esilarante (con imitazione annessa) a Clint Eastwood, colui che lo ha diretto in Sully, sua ultima maschera: “Ammiro Clint perchè è una leggenda. Ha scritto e diretto film appartenenti a un’altra era cinematografica, molto stratificati (Hanks qui cita Invictus e Mystic River). Con Clint sul set si avverte una maggiore libertà, lui non è attaccato a tutti quei dogmi da regista, non urla, non è mai nervoso, ma dice solo quel che vuol vedere o che si faccia. Ho sempre pensato che quello dell’attore fosse un mestiere rigoroso, in cui l’unica cosa che contava fosse comportarsi bene, ma con Clint finisci col sentirti inevitabilmente a tuo agio. Sempre.”
E quando gli viene chiesto se c’è un artista italiano con il quale gli piacerebbe collaborare, la risposta ci riporta verso Firenze, nell’ultimo posto in cui Tom Hanks ha presenziato, prima dell’inizio della Festa del Cinema: “Certo che c’è... Roberto Benigni!”