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Ritratti- Robin Williams

Pubblicato il 14 agosto 2014 da Filippo Baracchi


Ritratti- Robin Williams

Robin Williams nasce a Chicago il 21 luglio del 1951, da famiglia benestante. Inizia la sua carriera alla fine degli Settanta, attraverso diverse apparizioni nelle serie televisive.
L’occasione per entrare nel cuore dei telespettatori avviene attraverso lo strano personaggio dell’extraterrestre Mork, figura che viene lanciata per la prima volta in una puntata della famosa serie Happy Days.
Nel 1980 debutta con un ruolo da protagonista nel film Popeye di Robert Altman, uno dei film meno compresi del regista, nel quale Robin Williams però comincia già a delineare la maschera caricaturale e cartoonesca, che lo avrebbe condotto al successo negli anni Novanta.
Nel 1989 ottiene il ruolo che lo fa entrare nel cuore del pubblico cinematografico degli anni Ottanta, grazie al film del regista austrialiano Peter Weir, L’attimo Fuggente.
Da non dimenticare le pellicole che precedono quell’interpretazione accanto a grandi di quegli anni: Come ti ammazzo un killer (1983) in coppia con Walter Matthau, Club Paradise (1986) affianco a Peter O’Toole, Good Morning Vietnam (1987) dirrompente commentatore radiofonico della guerra in Vietnam, Le avventure del Barone di Munchausen (1988) del visionario Terry Gilliam.
I film a cui prende parte sono la maggioranza film blockbuster, "da cassetta" si diceva qualche anno fa, ma che definiscono e delineano chiaramente un filone del cinema americano degli anni Ottanta-Novanta: divertimento per stupire e sorprendere il pubblico.

Ed infatti il piccolo grande capitano Robin Williams gioca con magia, trasformismo e improvvisazione, le sue doti maggiori, che gli permettono di lavorare in sinergia tra la propria faccia (ormai inconfondibile) e la maschera dei suoi personaggi.
Quasi una schizofrenia, che si traduce in una energia inesauribile (nella sua carriera si contano un settantina di film tra attore e doppiatore e una trentina di serie e programmi televisivi), che permette a Robin Williams di diventare icona per grandi e piccoli di quel cinema degli anni Novanta, capace di stupire, sognare e riconciliare (basti pensare ai numerosi film per famiglie da Hook-Capitano Uncino a Toys-Giocattoli, Mrs. Doubtfire, da Jumanji a Jack, da Flubber a L’uomo Bicentenario).
Questo anche grazie ad eroi semplici e umili (Risvegli, La leggenda del Re Pescatore, Jakob- Il bugiardo, Patch Adams), che attraverso insegnamenti dalle piccole cose, trasmettono il sapore agrodolce della vita e del "saper vivere".
Come il maestro di Will Hunting-Genio Ribelle (1997), ruolo che gli vale l’Oscar per il migliore attore non protagonista, nel quale insegna a Will a trovare la propria strada per seguire il proprio talento (quasi una riproposizione più misurata del personaggio di John Keating de L’attimo Fuggente).

Eppure dietro ogni sorriso, ogni eroe positivo, ogni divo e icona insuperabile, si nasconde un doppio, un dramma, una debolezza, una fragilità.
Negli ultimi anni, come in un viale del tramonto, in Robin Williams sembra aver preso piede la maschera negativa, in crisi e ossessiva dei suoi ultimi personaggi (Insomnia, One Hour Photo, Eliminate Smoochy, The Final Cut, Una voce nella notte e all’ultimo Boulevard), caratterizzati da un profondo lato oscuro, che li conduce all’autodistruzione e al loro lento disfacimento interno.
I problemi personali, che lo avevano assillato negli ultimi anni, l’hanno condotto al tragico epilogo, al quale molti divi e star, vittime e artefici di un sistema troppo grande per loro, sembrano essere comunque destinati per la loro più fuggevole umanità.

Con lui se ne va la faccia più sorridente e fotogenica nel panorama hollywoodiano degli ultimi anni.
Un sorriso così sarà difficile da dimenticare.


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