OH! SWEET NUTHIN’ - Il tredicesimo apostolo
Gabriel Antinori (Claudio Gioè) è un giovane prete e professore universitario di teologia. Amato dai suoi studenti per la sua intelligenza anticonformista, Gabriel si occupa di esplorare i confini fra scienza e fede studiando il mondo dei fenomeni definiti paranormali. Mosso dal desiderio di esplorare i misteri della vita, Gabriel collabora con la Congregazione della Verità, un’istituzione ecclesiastica che verifica eventi razionalmente inspiegabili, e con l’affascinante psicologa Claudia Munari (Claudia Pandolfi).
Claudia ha un atteggiamento più scettico di Gabriel, crede nella potenzialità della mente umana più che nel divino. Fra di loro scatta un’intesa spiazzante, un’attrazione irresistibile, spontanea e appassionata ma irrealizzabile.
Nel 2003 Heath Ledger era un giovane prete investigatore alle prese con le minacce esoteriche e le potenti forze oscure de La setta dei dannati di Brian Helgeland, che certo non era il suo film migliore però funzionava come black magic tour nella sulfurea Roma sotterranea di catacombe e macerie della Storia. Claudio Gioè, il padre Gabriel di questa serie Taodue, riporta un po’ alla mente il sacerdote biondo Ledger alla ricerca del mangiapeccati, anche se Alexis Sweet preferisce aggirare i demoniaci segreti delle stanze color porpora della Capitale, versione Guida di Roma secondo Dan Brown, come lascerebbero intendere i titoli di testa, per allontanarsi verso più innocue gite fuori porta inseguendo l’altra italica tradizione di isolati casolari bui dove rivivono scampoli di ancestrale paganesimo campestre per i tg di prima serata e approfondimento alle undici.
Così facendo, Il tredicesimo apostolo rimane lontano dalla più riuscita sortita infernale della nostra tv, ovvero le leggendarie sei puntate di Voci notturne di Pupi Avati (tra l’Eco del Pendolo e una puntata di AleX, la serie mystery di Alfredo Castelli - Italia 1, 1997), però ci porta almeno una buona notizia: Alexis Sweet ha imparato come avvitare il cavalletto della sua telecamera.
Forse perché raggelato dalle tremebonde visioni incontrate di volta in volta negli episodi di questo prodotto seriale che, a onor del vero, sembra avere capito meglio di tante altre fiction “in chiaro” come incastrare i sub plot al running plot (e che nessuno osi parlar male di Pietro Valsecchi), il dolce regista Sweet mostra qui per la prima volta letteralmente la mano ferma, abbandonando il rollio traballante che ce l’aveva fatto odiare in RIS e Intelligence. Quando va di fretta, è perché ha bisogno di distrarre l’attenzione dello spettatore da quell’inserto in After Effects non venuto poi così bene, o per dare ritmo ai dialoghi di Claudia Pandolfi che ha scambiato l’aplomb incredulo e razionalista del suo modello à la Dana Scully per un’effettiva, un po’ troppo ottusa, fissità.
Minacciato da prelati cattivi e cospiratori che però fanno meno paura di Michele Placido che fa Padre Pio, quella sì una storia horror di visitazioni e visioni (il consiglio è di guardasi quanto meno le inquietantissime toghe sataniche dei film di Varo Venturi), Claudio Gioè continua a non trovare sul nostro piccolo schermo un ruolo che davvero possa farci dimenticare il suo Totò Riina: anche questo supereroe col colletto non vede l’ora di liberarsi da questa situazione di costrizione, come il suo sbirro doppiogiochista in Squadra antimafia.
E poi, esiste un solo tredicesimo apostolo, ed è Chris Rock in Dogma di Kevin Smith...