Roma 2016 - Goldstone

Nel deserto australiano, vasto e arido, prosperano alla luce del sole corruzione e disprezzo per la condizione umana: quella precaria di giovani donne asiatiche costrette a prostituirsi, affinché paghino i loro debiti, utilizzate come pedine di scambio in sporchi giochi e malaffare; allo stesso modo vengono dissacrate le tradizioni di una terra sacra per gli aborigeni, sporcate col sangue di chi chiama casa quella polverosa terra.
Tre anni dopo l’acclamato Mistery road, Ivan Sen dirige Goldstone, un sequel naturale, richiamando ai lavori forzati il cane selvaggio Jay Swan (Aaron Pedersen), detective dai modi poco ortodossi, incline all’abuso di alcool e in perenne contrasto con un animo turbolento e schivo: nella dispersiva cittadina mineraria di Goldstone, si perdono le tracce di una giovane donna asiatica e Jay viene inviato in missione per risolvere il mistero, un abominio sepolto sotto la polvere, dalle molte facce, sfuggente e imputridito dal lezzo di denaro sporco.
La complessità di Goldstone non traspare da un plot lineare e più volte proposto in pellicole di stampo analogo, bensì nella missione salvifica che Sen è intenzionato a portare a termine, già leggibile in Mistery road: sotto le vesti di un crime immerso nel minimalismo di una natura austera, si contorce un amore viscerale per la terra natia (l’Australia), a cui il regista quasi rimprovera la facilità di venire sottomessa dalle lunghe ombre della malavita, una corruzione dell’anima che oltraggia la mistica bellezza di una terra da sempre devota alle proprie origini ancestrali (non per nulla, la sequenza più introspettiva si identifica con la scoperta di raffigurazioni rupestri lungo le pareti rocciose in una insenatura fluviale, attraverso la quale Jay viene accompagnato dall’aborigeno Jimmy che gli mostra il motivo “per cui sei veramente qui”); a difesa della propria terra, in fin dei conti quanto più vicino a casa ci sia.
Un rapporto controverso quello con le proprie origini (il padre di Jay è originario proprio di Goldstone), un tentativo di chiudere i conti con un passato insondabile, accentuato dalla figura speculare del detective del luogo Josh (Alex Russell), colui che, al contrario di Jay, ha deciso di rimanere, anche se una minuscola parte di se lo rimprovera per ciò che non è, non avendo avuto la forza di poter diventare qualcun altro, magari lontano da casa.
Grazie a questo meccanismo narrativo, Sen si inerpica in una scalata verso la necessità di salvaguardare quanto di più caro gli resta (l’amore per la sua terra), senza timore di esprimersi in favore di una maggiore risolutezza individuale, spronando la coscienza dello spettatore a leggere tra le righe, alla scoperta di loro stessi, per trovare un posto adatto nel mondo: questo senso di precarietà umana si confronta con il vuoto annichilente del deserto australiano, affascinante e terrificante allo stesso tempo, un mondo-altro appartenente al passato, contaminato dal veleno della civilizzazione e dalle mani lerce dell’uomo bianco.
Ivan Sen (che si occupa anche del montaggio, della fotografia e del comparto sonoro) mette su pellicola le proprie paure, costruendo un thriller psicologico (di azione vera e propria ce n’è davvero poca, soprattutto nella sequenza di climax conclusiva), introspettivo e riflessivo. L’ambientazione desertica amplifica un senso pervasivo di impotenza che penetra a fondo nei protagonisti (e nello spettatore) come le zanne di un serpente nascosto tra gli steli rinsecchiti di un arbusto; i lunghi silenzi servono a isolare le personalità in gioco, lasciando che ognuno continui il proprio pellegrinaggio in solitudine, tra speranze e disillusione, alla deriva in un luogo alieno e profondamente eviscerato della propria essenza e sacralità.
Goldstone pesa sulla coscienza dello spettatore e in esso va ricercato quel senso di appartenenza e di affetti che, a volte viene confinato negli angoli più bui di sé. E’ un film schietto, che non perde tempo nel voler giudicare, ma preferisce mostrare come l’uomo, indipendentemente dalle proprie ambizioni e bisogni, per quanto lontano possa andare, trova sempre un modo per far ritorno verso casa. Lì, dove trova la pace e riposa la sua anima.
(Goldstone); Regia: Ivan Sen; sceneggiatura: Ivan Sen; fotografia: Ivan Sen; montaggio: Ivan Sen; musica: Ivan Sen; interpreti: Aaron Pedersen, Alex Russell, David Gulpilil, Jacki Weaver, David Wenham; produzione: David Jowsey, Greer Simpkin; origine: Australia, 2016; origine: 110’
